13 luglio 1814: nasce il corpo dei Carabinieri Reali
Il 13 luglio 1814 nasceva ufficialmente l’Arma dei carabinieri, con le Regie Patenti firmate da Vittorio Emanuele I di Savoia per costituire un corpo militare “per la buona condotta e la pubblica tranquillità”. Così, nel cuore del Regno di Sardegna, prendeva forma un’istituzione destinata a entrare a pieno titolo come simbolo nazionale.
Due secoli dopo, i carabinieri non sono solo un simbolo dell’ordine pubblico, ma rappresentano un presidio morale e democratico, un legame profondo con le istituzioni e una sentinella di valori che rischiano sempre più di scolorirsi nell’indifferenza del presente.
“Di saviezza distinta”: una selezione non solo militare
I primi carabinieri vennero scelti con cura, tra “uomini di provata condotta, discrezione e saviezza distinta”. Ancor oggi il metodo selettivo non è troppo diverso, e un ruolo importante lo giocano anche alcuni aspetti legati alla condotta morale degli antenati degli attuali aspiranti.
Non bastava saper maneggiare un’arma – la carabina, da cui il corpo prende il nome – ma occorreva incarnare un’etica morale che è diventata il caposaldo e la garanzia che i cittadini devono avere nei confronti dell’Arma dei carabinieri.
L’uso dell’aggettivo “reale” nella denominazione originaria del corpo sottolineava il legame diretto con la corona sabauda, in un tempo in cui la fedeltà era più che un dovere, un’ideologia.
Nel 1864 il senato del Regno definì ufficialmente l’Arma “benemerita”, riconoscendone il valore in tempo di pace come in guerra. Un riconoscimento – adottato nel linguaggio popolare – che racchiude l’anima civica dei carabinieri, che non sono solo soldati o agenti, ma garanti della legalità quotidiana.
Un’identità araldica e morale
Ogni dettaglio dell’uniforme racconta e ripercorre questa eredità. La granata infiammata a tredici punte – dorata, stilizzata, visibile sul berretto, sulla spalla e nello stemma – richiama il fuoco del coraggio, la disciplina militare e l’orgoglio di un’appartenenza.
Il rosso e il nero dell’uniforme, i fregi argentati, la bandoliera bianca e il cinturone con spallaccio parlano di un’eleganza severa e formale. Nel 1914 il capitano Cenisio Fusi propose il motto “Nei secoli fedele”, approvato e ufficializzato nel 1933. Quella frase, semplice ma solenne, divenne il riassunto di una fedeltà che non è solo obbedienza, ma coerenza alla missione di servire per vocazione e senza tornaconto, anche nelle situazioni più critiche.
I sondaggi dell’Eurispes hanno confermato l’Arma come l’istituzione più amata dagli italiani. Eppure oggi, in un Paese dove spesso si scambia il dissenso per insulto e la libertà per anarchia, il rispetto verso le divise – qualunque esse siano – non è più scontato. Anche il carabiniere, una volta osannato, rischia di essere percepito solo come una figura di contorno in un’Italia che fatica a ritrovare il senso del dovere.
E allora ricordare oggi, 13 luglio, la nascita di quell’istituzione non è solo una cerimonia, ma un dovere di memoria. È dire grazie a chi ha scelto di appartenere – con umiltà e orgoglio – a un corpo che non ha mai cambiato bandiera, tutelandoci ancor oggi con saviezza distinta.
Immagine: Ministero della Difesa
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