13 Novembre 2015-2025: Dieci anni dalla notte che sconvolse Parigi
Oggi, 13 novembre 2025, l’Europa commemora il decimo anniversario degli attentati di Parigi che segnarono indelebilmente la memoria collettiva del continente. Dieci anni fa, in questa stessa data, un venerdì sera come tanti altri si trasformò nel più sanguinoso attacco terroristico mai avvenuto in Francia dalla Seconda Guerra Mondiale.
Era il 13 novembre 2015. La città delle luci brillava nella sua routine quotidiana: giovani al Bataclan per un concerto rock, famiglie allo Stade de France per l’amichevole Francia-Germania, parigini e turisti ai tavolini dei caffè nei vivaci quartieri del decimo e undicesimo arrondissement. In poche ore, quella serenità si trasformò in un incubo che avrebbe cambiato per sempre la percezione della sicurezza in Europa.
Alle ventuno e venti, tre kamikaze si fecero esplodere all’esterno dello Stade de France. Quasi contemporaneamente, commando armati aprirono il fuoco contro locali e ristoranti affollati: Le Carillon, Le Petit Cambodge, La Casa Nostra, La Belle Équipe. Luoghi di ritrovo, simboli della joie de vivre parigina, trasformati in scene di carneficina. Il culmine dell’orrore si raggiunse al Bataclan, dove tre terroristi irruppero sparando sulla folla inerme durante il concerto degli Eagles of Death Metal. Per ore, centinaia di persone rimasero in ostaggio mentre le forze speciali organizzavano l’assalto finale.
Quando le armi tacquero, il bilancio fu devastante: centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti, molti dei quali con lesioni permanenti. Novanta delle vittime caddero solo al Bataclan. Gli attentati, rivendicati dallo Stato Islamico, furono una risposta agli interventi militari francesi in Siria e Iraq. I terroristi erano un mix di cittadini francesi e belgi, alcuni reduci dalla Siria, che avevano pianificato meticolosamente l’attacco. La Francia proclamò lo stato di emergenza che sarebbe durato quasi due anni, mentre l’Europa intera si stringeva attorno a Parigi con il motto che divenne simbolo di solidarietà globale: “Je Suis Paris”.
A dieci anni di distanza, mentre Parigi rende omaggio alle vittime con cerimonie commemorative, la Relazione annuale 2025 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, presentata dall’intelligence italiana lo scorso marzo, conferma una realtà preoccupante: la minaccia terroristica non solo persiste, ma si è trasformata e in alcuni aspetti rafforzata.
I dati Europol parlano chiaro. Nel 2023 sono stati registrati centoventi attacchi terroristici nell’Unione Europea, più del doppio rispetto agli anni precedenti. Nel 2024 il numero è sceso a cinquantotto attacchi, ma quasi la metà è stata attribuita al terrorismo jihadista, segnando un preoccupante aumento percentuale. Gli arresti per reati legati al terrorismo sono stati quattrocentoventisei nel 2023, di cui trecentotrentaquattro connessi al terrorismo jihadista. La Francia, in particolare, ha sventato sei attentati nel corso del 2025, l’ultimo proprio nei giorni precedenti questo decennale, quando tre giovani donne sono state arrestate con l’accusa di aver progettato un nuovo attacco nella capitale.
L’ISKP: Il nuovo volto del terrore
Il terrorismo europeo di oggi presenta caratteristiche diverse rispetto a dieci anni fa. Se nel 2015 lo Stato Islamico controllava vasti territori tra Siria e Iraq e coordinava attacchi dall’esterno, oggi la minaccia si è decentralizzata e in parte spostata geograficamente. La Relazione italiana sottolinea che l’Islamic State Khorasan Province, il ramo afghano dell’ISIS, è emerso come la minaccia più preoccupante per l’Occidente.
L’intelligence ha continuato a monitorare l’utilizzo della rete da parte delle principali formazioni jihadiste, incluso lo strutturato apparato mediatico multilingue di ISKP, che si conferma come strumento fondamentale per reclutare e incitare al compimento di atti violenti anche in Europa. Ma i rischi non provengono solo dal web. La Relazione evidenzia la presenza o il transito di cittadini centroasiatici e nordcaucasici a vario titolo legati a ISKP, che in alcuni casi sono entrati in area Schengen dopo un passaggio attraverso la Turchia e i Balcani occidentali.
L’ISKP ha dimostrato la sua letalità con attacchi devastanti come quello alla Crocus City Hall di Mosca il ventidue marzo 2024, che ha causato centoquaranta morti. La struttura decentralizzata del gruppo rende difficilissimo individuare e neutralizzare le cellule, rappresentando una sfida diversa rispetto alla lotta contro il cosiddetto Califfato territoriale del 2015.
I nuovi terroristi: Adolescenti radicalizzati online
Uno degli aspetti più inquietanti emersi negli ultimi anni è la radicalizzazione di giovani e giovanissimi. Nel 2023 e 2024, quasi un terzo degli arrestati per terrorismo aveva tra i dodici e i venti anni. L’arrestato più giovane accusato di pianificare un attentato aveva appena dodici anni. Questo fenomeno rappresenta un cambiamento radicale rispetto al profilo degli attentatori del Bataclan, che erano adulti con esperienze nei campi di addestramento siriani.
La radicalizzazione avviene oggi prevalentemente online, attraverso social media, piattaforme di gaming, app di messaggistica criptata e il dark web. Molti agiscono da soli, senza collegamenti diretti con organizzazioni terroristiche strutturate, rendendo estremamente difficile la prevenzione. La Relazione italiana sottolinea che sono in aumento i casi di radicalizzazione di soggetti giovani, anche minorenni, e di piccoli gruppi che sono in costante contatto con utenti di altre nazionalità tramite piattaforme digitali di messaggistica istantanea.
I terroristi utilizzano tecnologie sempre più avanzate: intelligenza artificiale per creare deepfake e diffondere disinformazione, criptovalute per finanziare le loro attività, e ambienti virtuali per l’addestramento. Recenti operazioni di polizia hanno fatto emergere come la minaccia stia progressivamente transitando dalla dimensione online a quella offline.
Il conflitto tra Israele e Hamas, scoppiato il sette ottobre 2023, ha funzionato da catalizzatore per la propaganda jihadista globale. La Relazione 2025 dell’intelligence italiana afferma esplicitamente che il conflitto ha rivitalizzato la campagna mediatica sia di Daesh che di al Qaida contro l’Occidente. In tale contesto, anche l’Italia è indicata quale possibile obiettivo per la sua asserita posizione filo-israeliana.
Il nostro Paese, secondo la Relazione, continua a costituire oggetto di attenzione da parte della propaganda jihadista, in virtù della sua centralità nel mondo cristiano, l’impegno nella Coalizione Globale anti-Daesh e la presenza, sul territorio nazionale, di luoghi simbolo della cultura e della storia occidentale. Più della metà degli attacchi terroristici del 2023 hanno avuto un legame diretto con il conflitto mediorientale, con un marcato incremento degli attacchi contro obiettivi ebraici e israeliani in tutta Europa.
Contaminazioni pericolose
Un elemento particolarmente preoccupante evidenziato dalla Relazione italiana riguarda la contaminazione tra diverse matrici terroristiche. Anche in Italia, come in altri Paesi europei, sono stati rilevati punti di contatto tra la sfera della destra suprematista e accelerazionista e quella jihadista. La giovane età degli individui coinvolti, una marcata fascinazione per la violenza, scarsa o assente preparazione religiosa e la presenza, in diversi casi, di problemi relazionali e vulnerabilità psicologiche, delineano una fisionomia della minaccia in continua evoluzione.
Nel 2024 sono stati eseguiti, anche grazie al contributo informativo dell’intelligence, ottantadue rimpatri di soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale. L’Unione Europea ha risposto rafforzando significativamente le misure antiterrorismo: cooperazione intelligence rafforzata attraverso Europol, controlli alle frontiere con sistemi biometrici, il regolamento 2021 per la rimozione di contenuti terroristici online entro un’ora dalla segnalazione, nuove norme antiriciclaggio per bloccare i finanziamenti, e programmi di deradicalizzazione specifici per giovani a rischio.
La lezione dopo dieci anni
A dieci anni dagli attentati del tredici novembre 2015, mentre Parigi commemora le sue centotrenta vittime innocenti, l’Europa si trova di fronte a una realtà complessa e mutevole. La minaccia terroristica jihadista non è scomparsa, si è trasformata, adattandosi ai nuovi contesti geopolitici e tecnologici. I grandi attacchi coordinati come quello del Bataclan sono diventati più rari grazie al miglioramento della cooperazione intelligence, ma la minaccia dei lupi solitari radicalizzati online è forse ancora più insidiosa perché imprevedibile.
Il ricordo di quella notte di dieci anni fa non è solo un dovere morale verso chi non c’è più, ma un monito costante: la libertà e la democrazia devono essere protette ogni giorno, con vigilanza intelligente, cooperazione internazionale e, soprattutto, senza mai cedere alla paura o all’odio che i terroristi vogliono seminare. Come disse François Hollande la notte degli attentati: “La Francia è in guerra, ma non sarà una guerra di civiltà perché questi assassini non rappresentano alcuna civiltà”. Oggi, a dieci anni di distanza, quella consapevolezza rimane più attuale che mai.
In memoria delle 130 vittime del 13 novembre 2015 e di tutte le vittime del terrorismo in Europa
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