23 settembre 1943: Salvo D’Acquisto, l’eroe che ci chiede se siamo pronti a fare il nostro dovere
Nella storia d’Italia esistono figure che, pur appartenendo a un passato relativamente vicino, restano scolpite nella memoria collettiva per il valore morale delle loro azioni. Tra queste vi è il vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri Reali Salvo Rosario Antonio D’Acquisto, protagonista di un gesto che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento etico e militare.
Nato a Napoli il 15 ottobre 1920, primo di cinque figli, crebbe in una famiglia profondamente cristiana. Studiò presso istituti salesiani e frequentò l’Azione Cattolica. Non completò gli studi superiori, ma coltivava una forte sensibilità culturale: per un periodo seguì anche corsi di canto lirico come baritono al Conservatorio di San Pietro a Majella.
Si arruolò volontario nell’Arma dei Carabinieri Reali il 15 agosto 1939, all’età di diciotto anni, entrando nella Scuola Allievi Carabinieri di Roma. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale partecipò alla campagna del Nord Africa con la 608ª sezione carabinieri, dove fu ferito a una gamba nel 1941 in Libia. Nel 1942 venne ammesso alla Scuola Centrale Carabinieri Reali di Firenze, frequentando un corso accelerato per vicebrigadieri. Il grado gli fu conferito il 15 dicembre 1942 e pochi giorni dopo fu destinato alla stazione di Torre in Pietra, vicino Roma.
Dopo la resa incondizionata dell’8 settembre 1943, reparti tedeschi della 2ª divisione paracadutisti si accamparono nella zona di Palidoro. La sera del 22 settembre, alcuni soldati tedeschi, rovistando tra casse di munizioni abbandonate all’interno della Torre di Palidoro – già sede della Guardia di Finanza – provocarono un’esplosione accidentale che causò la morte di alcuni di loro. I comandi germanici, convinti che si trattasse di un attentato, decisero di fucilare per rappresaglia ventidue civili rastrellati sul posto.
D’Acquisto, temporaneamente comandante della stazione in assenza del maresciallo titolare, fu costretto ad assistere alla preparazione della fucilazione. Cercò invano di spiegare che si era trattato di un incidente, ma di fronte alla determinazione dei tedeschi prese una decisione estrema. Dichiarò di essere l’autore dell’attentato che in realtà non era mai avvenuto. Così facendo ottenne la liberazione degli ostaggi e venne fucilato al loro posto.
Prima di cadere gridò: «Viva l’Italia!». Aveva appena ventidue anni.
Il comportamento di Salvo D’Acquisto colpì persino i suoi carnefici: “Il vostro brigadiere è morto da eroe, impassibile anche di fronte alla morte”.
Il sacrificio di Salvo D’Acquisto non fu soltanto un atto di eroismo individuale, ma l’incarnazione dello spirito di servizio e della fedeltà al giuramento prestato. La Repubblica Italiana gli ha conferito la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Le sue spoglie, inizialmente inumate a Palidoro, furono traslate prima a Napoli e poi, nel 1986, nella Basilica di Santa Chiara.
Nel 2025 papa Francesco lo ha dichiarato “Venerabile” nell’ambito della causa di beatificazione. Oggi scuole, vie, piazze e caserme portano il suo nome, testimonianza viva di un esempio che continua a parlare alle nuove generazioni.
In quel contesto, fu soltanto un carabiniere a trovare il coraggio di fare ciò che probabilmente nessuno pensò nemmeno di tentare. Tuttavia, presto, gesti come il suo potrebbero dover tornare ad essere la normalità. Sarà semplice in un tempo di valori “di plastica”, in cui prevalgono solo interessi e vanità individuali?
Siamo pronti, dopo decenni di encomi, talvolta concessi per rinfreschi o servizi banali, a fare più del nostro dovere? Ovvero l’ordinario per dei veri rappresentanti – in positivo – del genere umano, come Salvo D’Acquisto…
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