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Durante i primi anni ’70, il MiG -25 sovietico attraversava gli incubi delle comunità militari e di intelligence americane e degli alleati NATO e asiatici. La Guerra Fredda sembrava oramai diventata rovente: tutti temevano, questo caccia apparentemente inarrestabile, nome in codice Foxbat; sembrava pronto a spazzare ed a sorvolare impunemente i cieli occidentali.
I primi indizi dell’esistenza di questo superaereo sovietico avevano iniziato a materializzarsi quasi un decennio prima, quando un prototipo del jet russo, designato Ye-155, stabilì un record mondiale con un’impressionante velocità di 2.319 chilometri all’ora (1.441 mph): erano i primi mesi del1965.
Negli anni che seguirono, l’Occidente osservava nervosamente le versioni aggiornate del velivolo ultraveloce da alta quota progettato dal “Mikoyan – Gurevich Design Bureau”; il velivolo, intanto, continuava ad infrangere record su record. Gli osservatori sapevano che lo Ye-155 sarebbe presto diventato molto di più di un banco prova sperimentale.
Alla fine, nell’estate del 1967, la C.I.A. ottenne immagini chiare del misterioso aereo. Durante un’esibizione di volo vicino a Mosca, una delegazione americana aveva scattato numerose foto con le proprie macchine fotografiche mentre tre Ye-155 sfrecciavano oltre la folla in visibilio. I rullini girati dalla delegazione quel giorno furono immediatamente spediti attraverso l’Atlantico; poche ore dopo, erano nelle mani in attesa dei funzionari della Divisione di tecnologia straniera presso la base aeronautica di Wright-Patterson in Ohio. Toccava a James W. Doyle, un analista delle prestazioni aeronautiche dell’USAF, assegnare un nuovo nome in codice NATO. “Foxbat fu utilizzato per l’aereo che ho percepito come dotato delle capacità più mistiche”, osservò.
IL BATTESIMO DELL’ARIA
Il MiG-25 Foxbat ebbe il suo battesimo del fuoco non nella sua patria sovietica, ma in Egitto. Tra il marzo del 1971 e il luglio del 1972 quattro MiG-25 da ricognizione volarono sull’area del Sinai, del canale di Suez e sul Mediterraneo, violando in venti occasioni lo spazio aereo israeliano. Per la prima volta il nuovo aereo veniva visto all’opera.
In un primo impiego operativo dell’aeroplano da mach3, quattro Mig 25 Foxbat da ricognizione vennero mandati in Egitto con il Distaccamento Aereo Indipendente nr. 63.
Era l’epoca in cui il presidente dell’Egitto, Anwar al-Sadat, organizzava quella che nei suoi piani sarebbe stata la grande riscossa araba contro Israele, rappresaglia per la batosta subita nel ’67.
ANTEFATTI: la Guerra d’Attrito e il MiG-25 in difficoltà
Nel 1971, il grande conflitto che non concretizzerà le attese di Sadat è ancora di là da venire. L’ostilità aperta fra Israele e l’Egitto era appena terminata: era stata una guerra a bassa intensità fatta di provocazioni, incursioni di commando, bombardamenti aerei. La si è chiamata Guerra d’attrito. E questo è il contesto locale.
Il MiG-25, fu presentato alla parata aerea di Domodedovo del ’67, quando ancora era solo un prototipo. Il Foxbat, un progetto avveniristico per gli anni ‘60, aereo dalle prestazioni eccezionali che tanto spaventava la NATO, era in forse. Correva il rischio di non arrivare alla catena di montaggio. All’epoca erano passati numerosi anni di sviluppo, voli di prova, modifiche. Quattro anni di difficoltà, perché l’aereo non sembrava mai pronto. In più il MiG-25 aveva compiuto un delitto eccellente il 26 di aprile del ’69, schiantandosi con a bordo un generale della difesa aerea, Anatolij Kadomcev.
La situazione non era buona per l’ufficio tecnico Mikojan-Gurevič. L’aviazione e la difesa aerea erano sempre meno convinte della validità del progetto. L’ufficio Mikoyan-Gurevič però poteva contare su un solido alleato: il vice ministro della produzione aeronautica, Minaev, era stato uno dei progettisti del MiG-25. Fu Minaev ad avere l’idea di sfruttare la rovente situazione mediorientale per dimostrare le qualità del “suo” MiG.
L’unità che avrebbe provato sul campo i MiG-25, denominata 63° Distaccamento Aereo Indipendente, sarebbe partita per l’Egitto il prima possibile. Per questioni di politica internazionale, e a causa delle caratteristiche operative del settore, si optò per un reparto costituito da ricognitori, quattro per l’esattezza. Due erano MiG-25R, ricognitori puri. Gli altri due erano MiG-25RB, ricognitori con in aggiunta gli agganci per le bombe in caduta libera e i sistemi di collimazione.
Vennero scelti i piloti più esperti nel pilotaggio del Foxbat. Il comando di questo gruppo di piloti d’eccezione venne affidato a un ufficiale noto per la sua risolutezza; Beževets era anche lui pilota collaudatore: aveva pilotato il primo prototipo del MiG-25, lo E-155.
In Egitto era già presente un ampio corpo di spedizione sovietico: consulenti civili e militari impegnati nell’addestramento e nel riarmo delle forze armate egiziane. Quale migliore occasione per mostrare le capacità del MiG-25?
Il nuovo aereo sarebbe stato un sofisticato rinforzo per la missione sovietica, avrebbe mostrato le sue qualità ai generali dubbiosi, compiaciuto Sadat e i politici del Cremlino, e infine convinto i funzionari dell’opportunità di mettere in servizio il modello. Insomma, tutti contenti, e più di tutti l’ufficio di progettazione Mikojan-Gurevič.
Trasportare i piloti e i tecnici e sistemarli nella vasta area aeroportuale di Cairo-West non era di certo un problema. Tutto si svolse senza intoppi. Qualche problema invece rischiò di causarlo il Foxbat.
Una volta smontati le ali e gli impennaggi di coda, il Foxbat faceva fatica a entrare nell’aereo da trasporto Antonov 22. La carreggiata del carrello era troppo ampia. Momentaneamente vennero montati sui MiG-25 i carrelli dei più piccoli MiG-21. Così entrarono nel cargo di misura.
Come sempre per l’URSS tutto si svolse nella massima segretezza
Fino al giorno della partenza i componenti del Distaccamento non seppero quale fosse la loro destinazione. Ma si erano fatti un’idea. Venivano selezionati in base alla loro adattabilità a climi caldi e secchi e pilotavano un aereo nuovo di zecca: di sicuro andavano in Egitto.
Il Distaccamento venne stanziato a Cairo-West, gli aerei messi al sicuro in grandi hangar corazzati e rimontati. Un presidio di soldati sovietici prese posizione attorno all’aeroporto, difeso da un vasto assortimento di armi antiaeree.
I Foxbat furono dipinti con insegne egiziane. I piloti e il resto del personale militare ricevettero divise egiziane, ma private dei gradi.
L’intera mole di lavoro necessaria allo svolgimento delle missioni dei Foxbat ricadde sul personale sovietico. Gli Egiziani vennero estromessi dal proprio aeroporto.
I Sovietici non avevano tutti i torti a fidarsi poco dei loro alleati africani: le capacità del Mossad erano ben note; altrettanto nota era l’imperizia degli Egiziani in tutto ciò che riguardava la sicurezza delle informazioni. Tanto per fare un esempio: il giorno successivo all’arrivo del Distaccamento un giornale egiziano pubblicò una foto del MiG – chiamandolo X-500 – e scrivendo che era basato a Cairo-West. Mancavano solo le foto segnaletiche dei piloti a uso e consumo dello spionaggio israeliano!
Alla fine di aprile gli aerei e il personale erano pronti per fare il volo di prova nel teatro d’operazioni mediorientale. I voli di questo primo periodo si svolsero rimanendo ben all’interno dello spazio aereo egiziano e avevano come obiettivo principale quello di testare le attrezzature da ricognizione e la strumentazione per la navigazione.
I sensori dell’aereo rilevarono già durante quel primo volo che il MiG stava ricevendo molte attenzioni: dai radar israeliani installati nel Sinai, da un cacciatorpediniere della US Navy e dal grande radar di scoperta britannico ubicato sull’isola di Cipro.
Quanto alla strumentazione per la navigazione, il problema principale era trovare dei punti di riferimento per il pilota automatico: il deserto è notoriamente avaro di punti di riferimento. Ma gli uomini, tempo addietro, posero brillante rimedio al problema quando pensarono di seppellire grandiosamente i loro re: si scoprì che le piramidi di Giza e la strumentazione per la navigazione automatica andavano perfettamente d’accordo.
A maggio iniziarono i voli di ricognizione veri e propri, con due missioni mensili. Le missioni venivano usualmente svolte da una coppia di Foxbat in volo ad alta velocità e ad alta quota. Durante il volo i piloti dovevano rispettare un rigoroso silenzio radio. Erano autorizzati a comunicare in chiaro fra loro e con il controllo di terra solo in caso di grave emergenza. Presa confidenza con il mezzo e l’ambiente, il Distaccamento si impegnava in missioni più ambiziose e rischiose.
ISRAELIANI INFURIATI
Il 10 di ottobre due MiG-25 arrivarono al confine israelo-libanese dopo essere passati sopra il Mediterraneo. Da quel momento in poi i piloti sovietici presero a violare sistematicamente lo spazio aereo israeliano, scattando fotografie e individuando le attrezzature della difesa aerea.
La contraerea israeliana era impotente contro il nuovo caccia sovietico. Il missile terra-aria Raytheon Hawk, arrivava al massimo a 12.000 metri. I MiG volavano 10.000 metri più in alto. Anche la caccia, nonostante i suoi sforzi, era incapace di agganciare i ricognitori sovietici. I tentativi di intercettare gli intrusi si risolvevano in un nulla di fatto. Il Foxbat volava troppo veloce e troppo in alto per i Phantom dell’aviazione di Tel Aviv. Quando questi riuscivano a portarsi in una buona posizione e a lanciare il missile, il missile inevitabilmente esplodeva quando il MiG era già lontano, perché la spoletta di prossimità dei missili Sparrow era troppo lenta nel far detonare la carica.
I piloti del Distaccamento ignoravano sistematicamente i limiti di velocità indicati dai costruttori: si superava frequentemente Mach 2,8. Persino il comandate, il colonnello Bežvets, superò il limite per tenere a distanza la caccia israeliana. Un altro pilota avrebbe addirittura raggiunto i 3.400 chilometri orari, mandando su tutte le furie il personale tecnico. Potrebbe essere un record per il Foxbat.
Ma la caccia israeliana è nota per le sue capacità, oltre che per essere poco incline a gettare la spugna. Sapendo che i fastidiosi sovietici partivano da Cairo-West, una sezione di Phantom cominciò a fare stalking nell’area dell’aeroporto, nella speranza di cogliere i Foxbat nei momenti in cui erano lenti e vulnerabili: le manovre di atterraggio e di decollo. Solo in quei momenti gli Israeliani potevano mettere a segno i loro missili: appena il MiG aveva modo di accelerare, ecco che diventava irraggiungibile, appena atterrato, eccolo sparire in un ricovero corazzato.
Per controbattere alla minaccia venne chiamata l’aviazione egiziana. Una sezione di caccia MiG-21 Fishbed arrivava nell’area prima di un decollo o di un atterraggio dei Foxbat, e un’altra subito dopo, così da tenere alla larga gli eventuali importuni. E se i Phantom si avvicinavano troppo a Cairo-West, finivano sotto il tiro della contraerea. Si sa che almeno un aereo venne abbattuto, scatenando la rappresaglia degli Israeliani: armati di missili anti-radar altri velivoli tornarono sul luogo del delitto e colpirono due postazioni di missili terra-aria.
La distruzione delle postazioni – che fece morti e feriti fra il personale sovietico – spinse il comando del Distaccamento a prendere ulteriori precauzioni. Temendo un’incursione sull’aeroporto, vennero costruiti dei ricoveri sotterranei corazzati nei quali fare la manutenzione agli aerei.
LA FINE DELLA VACANZA EGIZIANA
Sadat fu molto impressionato dal MiG-25 e dai risultati della ricognizione. L’aereo operava in totale impunità. Le foto ottenute erano spettacolari: da 20.000 metri si vedevano edifici, mezzi e pure gruppi di persone. La strumentazione dei MiG aveva rivelato la posizione di tutti i radar. Sadat, inutile dirlo, voleva il MiG-25 per la sua aviazione.
Ma da quell’orecchio i Sovietici sapevano simulare un improvviso attacco di sordità. L’aereo aveva dimostrato doti eccezionali, il viceministro Minaev ci aveva visto giusto quando aveva avanzato l’idea di provarlo sul campo. Ma fornire un aereo così prezioso a un alleato con manie bellicose non era nelle corde del Cremlino, che anzi in quel periodo aveva dichiarato congiuntamente alla Casa Bianca la propria intenzione di mantenere lo status quo in Medioriente.
Gli Egiziani apparivano sempre meno amichevoli, tanto che si cominciò a pensare di ritirare il Distaccamento in URSS. E così si fece, ma sotto ben altra pressione.
Ormai convinto che l’URSS non lo avrebbe aiutato nella sua impresa di riconquistare il Sinai, Sadat decretò l’espulsione dell’intero corpo di spedizione sovietico dall’Egitto.
Era il luglio del ’72 e mancava ancora più di anno alla guerra contro Israele.
IL “FOXBAT”
Il caccia Foxbat, da punto di vista aerodinamico, aveva prese d’aria di grandi dimensioni che alimentavano un paio di enormi turboreattori dotati di post-combustore. I doppi scarichi del Foxbat avevano un diametro di quasi 60 pollici. Sopra di loro c’erano una coppia di code verticali angolari.
Al di là dei sostanziali motori, le ali erano anche un punto di interesse tra i valutatori dell’US Air Force. Erano grandi: 661 piedi quadrati, come si è scoperto. Più area alare aiuta un aereo a distribuire il peso, in genere rendendolo più agile nei cieli. Da quell’osservazione, la speculazione crebbe rapidamente sul fatto che il Foxbat fosse più che veloce; era anche notevolmente manovrabile.
Il fatto che il Foxbat avesse una strana somiglianza con le proposte di aerei da combattimento statunitensi alimentò il disagio. Uno dei requisiti principali del nuovo caccia soprannominato F-15 era l’eccezionale manovrabilità per dominare un duello aereo. Poiché il layout del Foxbat sembrava così simile agli aspiranti F-15 all’avanguardia, molti designer e valutatori presumevano che il nuovo MiG dei sovietici fosse costruito per funzionare in modo simile.
Lo spettro del Foxbat costrinse l’Air Force a rendere l’F-15 più veloce e più manovrabile. Anche il governo degli Stati Uniti era spaventato dalla minaccia dei sovietici che schieravano un caccia a reazione senza pari. Quando la McDonnell Douglas vinse la competizione da cui nacque l’F-15 nel 1969, il Congresso, per rimanere competitivo, non ebbe altra scelta che sborsare 1,1 miliardi di $ per lo sviluppo dei velivoli, inclusi i primi 20 caccia F-15. Il fatto che nessun F-15 abbia mai perso un rottame aria-aria a causa di un aereo nemico è in parte dovuto al panico americano per il Foxbat.
Mentre l’aviazione americana stava selezionando l’F-15 nel 1969, il MiG-25 Foxbat entrò in piena produzione e iniziò a volare nelle forze aeree sovietiche. Quasi due anni dopo, i sovietici schierarono quattro aerei da ricognizione MiG-25 in Egitto, dove condussero raid ad alta velocità sul territorio israeliano. I McDonnell Douglas F-4 Phantom II dell’aeronautica israeliana si arrampicarono per intercettarli numerose volte, ma i Foxbats volavano ad altitudini così sorprendenti ed a velocità impossibili da superare facilmente da parte dei difensori israeliani. In un’occasione, il radar israeliano tracciò un MiG-25 sulla penisola del Sinai a 80.000 piedi che volava ad una incredibile velocità di Mach 3.2+ (2.436 mph).
Per anni, il MiG-25 Foxbat è rimasto il caccia più temuto dell’arsenale sovietico. Poi un pilota russo ne rubò uno…
IL TENENTE VIKTOR BELENKO
Il 6 settembre 1976, un MiG-25 delle forze aeree sovietiche decollò dalla base aerea di Chuguyevka nel sud-est della Russia, a circa 300 miglia ad ovest del Giappone, per una missione di addestramento. Gli aerei erano disarmati, ognuno con un carico pieno di carburante e niente di più.
Tra i piloti che volarono quel giorno c’era il tenente di volo di 29 anni Viktor Ivanovich Belenko.
Deluso dal modello comunista e dalla società sovietica, in contrasto con i suoi superiori e di fronte al divorzio, Belenko aveva deciso di disertare con il suo intercettore MiG-25P nuovo di “pacca” e fresco di sette mesi.
All’inizio dell’esercitazione di addestramento, Belenko si era tuffato violentemente con il suo Foxbat verso il suolo, livellandosi a soli 100 piedi. Durante la picchiata, trasmise un segnale di emergenza per convincere coloro che lo circondavano che era in guai seri. Poi spense la radio per dare l’impressione di aver impattato il suolo. Volando al di sotto del fascio radar, Belenko spinse in avanti le manette del velivolo e corse verso est attraverso il Mar del Giappone.
All’inizio di quel giorno, aveva memorizzato una rotta approssimativa verso una grande base aerea militare a Hokkaido, la più settentrionale delle isole principali del Giappone. Quando l’aereo da guerra di Belenko si avvicinò, salì a 20.000 piedi e accese i radar di allarme locali. Un paio di F-4EJ della Forza di Autodifesa giapponese si erano lanciati per intercettare l’intruso, ma erano troppo in ritardo per fornire una scorta. Con i suoi livelli di carburante estremamente bassi, Belenko aveva individuato un aeroporto civile vicino alla città di Hakodate e si era messo in fila per l’atterraggio, mancando per un pelo un aereo passeggeri Boeing 727 che stava decollando.
Il MiG stava andando troppo veloce per la breve pista di Hakodate. Anche con il suo paracadute drogue dispiegato, Belenko aveva consumato l’intera distanza di oltre 6.500 piedi proseguendo per altri 800 piedi sull’erba, distruggendo uno dei pneumatici del MiG e quasi arando un sistema di atterraggio strumentale dell’aeroporto.
Nelle ore frenetiche successive all’atterraggio, le organizzazioni di intelligence occidentali rimasero sbalordite dalla loro fortuna. Un esemplare incontaminato dell’aereo più temuto dei sovietici era caduto nelle loro mani. L’asilo avrebbe protetto Belenko, ma il Foxbat era ancora di proprietà dell’URSS; gli specialisti giapponesi e statunitensi dovettero lavorare alacremente per imparare tutto ciò che potevano sull’aereo prima che la pressione politica costringesse il Giappone a restituire il MiG. Il caccia fu rapidamente smontato, i suoi vari sistemi posizionati su banchi di lavoro per esami, test e fotografie.
Belenko fu interrogato e l’aereo esaminato da vicino per settimane. A poco a poco la vera storia del Foxbat cominciò ad emergere: come si è scoperto, il MiG-25 non era il caccia abile e versatile che aveva afflitto la NATO per più di un decennio. Il Foxbat era un intercettore in tutto e per tutto, ma era stato costruito per un solo lavoro: arrampicarsi, catturare e abbattere un bombardiere americano che non si è mai materializzato. A metà degli anni ’50, i funzionari dell’USAF spinsero per un aereo a penetrazione profonda che potesse trasportare bombe nucleari a una velocità e un’altezza che le avrebbero rese virtualmente intoccabili da qualsiasi caccia contemporaneo delle forze aeree sovietiche. L’XB-70 Valkyrie della North American Aviation, una macchina ad alta velocità a sei motori, sembrava destinata alla produzione su vasta scala quando Mikoyan e il Gurevich Design Bureau iniziarono a lavorare sulla loro risposta alla nuova minaccia degli americani.
Il Congresso eliminò i finanziamenti per l’XB-70 all’inizio degli anni ’60 e furono costruiti solo due banchi-prova sperimentali. Tuttavia, proseguirono i lavori sull’aereo che sarebbe diventato il Foxbat per il timore che gli Stati Uniti potessero cambiare idea o sviluppare progetti simili.
Le forze aeree sovietiche avevano bisogno di un aereo sofisticato per contrastare il loro nemico high-tech, ma non avevano il lusso delle risorse e dei finanziamenti avanzati degli Stati Uniti d’America. Così i sovietici a corto di finanziamenti decisero di riutilizzare enormi motori progettati per un progetto di missili da crociera ad alta quota abbandonato. E sebbene i piani per i turboreattori Tumansky R-15 richiedessero principalmente la costruzione in titanio, i sovietici incontrarono problemi tecnici nella lavorazione e nella modellatura del metallo estremamente duro. Si stabilirono su componenti in acciaio, con acciaio argentato nelle zone ad alta temperatura. Quando Belenko venne interrogato sul Foxbat che era stato cronometrato a Mach 3,2+ sull’Egitto, confermò ai funzionari della CIA che i motori del MiG-25 sono erano riscaldati fino al punto di distruzione quasi completa durante la corsa. Gli equipaggi di terra in seguito rimossero i motori R-15 distrutti dall’aereo e li avevano sostituiti.
I motori Tumansky divoravano carburante, in particolare a bassa quota. Alla domanda sul raggio di combattimento del suo aereo, Belenko scioccò gli uomini dell’intelligence dicendo: “Nel migliore dei casi, 300 chilometri (186 miglia)”. Quando gli americani non gli credettero completamente, offrì il suo volo di fuga come un tipico esempio. Aveva volato per meno di 500 miglia in Giappone, per lo più a bassa quota, e il MiG aveva solo 52,5 galloni rimasti nei suoi serbatoi, circa 30 secondi di tempo di volo.
Problemi di metallurgia simili affliggevano Mikoyan e Gurevich per la costruzione della cellula. L’elevata velocità del Foxbat, che genera temperature di attrito dell’aria fino a 900°, aveva garantito la costruzione principalmente in titanio leggero e resistente al calore. Ma i sovietici furono costretti a realizzare la maggior parte del Foxbat con acciaio inossidabile più pesante. Riservavano il costoso e fastidioso titanio solo alle zone esposte al calore più estremo: cioè a circa il 9% della cellula.
Una volta che gli ingegneri statunitensi ebbero un MiG-25 da esaminare attentamente e un pilota sovietico da interrogare, divenne subito evidente che le ali considerevoli dell’aereo non erano affatto progettate per una estrema manovrabilità. Invece, gli impennaggi del Foxbat avevano lo scopo di aiutare a trasportare i motori sovradimensionati dell’aereo, più di 15 tonnellate di carburante e la sua pesante struttura in acciaio nei cieli per una rapida salita e un attacco fugacemente breve.
Il MiG-25 potrebbe raggiungere il suo compito iniziale di abbattere i veloci bombardieri ad alta quota, ma a malapena. Il prototipo XB-70 Valkyrie poteva raggiungere Mach 3.1+. Con i suoi motori in rosso, un MiG-25 avrebbe potuto raggiungere Mach 3,2+. Il Valkyrie aveva una tangenza operativa di 77.350 piedi. Il MiG-25 poteva salire a 78.740 piedi con due pesanti missili aria-aria a lungo raggio R-40 per abbattere l’intruso in rapido movimento. I margini per un attacco di successo erano sottilissimi.
La verità sul Foxbat era che per raggiungere grande velocità e altitudine, Mikoyan e Gurevich avevano sacrificato quasi tutto il resto, compreso il raggio d’azione e la manovrabilità. Il MiG-25 non fu mai un dogfighter.
Il Foxbat era sorprendentemente primitivo rispetto agli aerei da guerra occidentali dell’epoca. Era stato costruito senza il beneficio di grandi quantità di materiali avanzati e tecnologie sofisticate. Ma anche con limitazioni; i sovietici erano progettisti intelligenti; la costruzione del MiG è stata piena di sorprese. I valutatori della Divisione Tecnologia Straniera dell’Aeronautica militare originariamente derisero le teste dei rivetti esposte che punteggiavano la pelle del MiG, giudicando i metodi di produzione sovietici irrimediabilmente grezzi. Ma anni dopo si resero conto che i rivetti sporgevano solo in aree in cui non avrebbero causato resistenza parassitaria. I progettisti del MiG hanno quindi aggiunto forza alla cellula senza penalizzare le prestazioni in termini di velocità. I valutatori si erano anche meravigliati di come la struttura in acciaio inossidabile del MiG fosse stata saldata a mano, eliminando la necessità di macchine costose e complesse.
Forse la scoperta più sorprendente fu il fatto che la maggior parte dell’avionica analogica del MiG-25 era basata su tubi a vuoto, non sull’elettronica allo stato solido. Questo era considerato tristemente obsoleto per un jet militare di fascia alta negli anni ’70, ma il sistema vintage aveva i suoi vantaggi. I tubi a vuoto erano più tolleranti alla temperatura rispetto all’avionica moderna, il che aveva permesso al MiG di volare senza pesanti controlli ambientali nella baia dell’avionica. Inoltre, i tubi consentivano una manutenzione rapida e semplice nei primitivi aeroporti russi e il sistema antiquato avrebbe potuto resistere meglio alla potenza di un impulso elettromagnetico creato da un’esplosione nucleare.
E grazie a quei tubi a vuoto vintage, il sistema radar del MiG era in grado di generare un impulso immensamente potente. Belenko l’aveva definita a prova di inceppamento. In sostanza, il radar straordinariamente potente aveva la capacità di “bruciare” qualsiasi segnale di disturbo emesso dalla sua preda.
Dopo più di due mesi di dissezione mentre i sovietici erano furibondi, l’analisi giunse al termine. Imbottite in 30 casse, le parti raccolte di quello che un tempo era stato il nemico aereo più temuto dell’Occidente, furono caricate su di un mercantile russo nella città portuale giapponese di Hitachi per il viaggio di ritorno a casa.
I giapponesi in seguito inviarono all’Unione Sovietica una fattura di $ 40.000 per danni al loro aeroporto e le spese di spedizione per la restituzione dell’aereo. La Russia rispose con una fattura di 10 milioni di $ per il “trattamento ostile”. Entrambi i debiti rimangono sono rimasti insoluti.
Il 6 settembre del 1976 Viktor Belenko, di origine ucraina, aveva appena 29 anni e tutta una carriera davanti: pilota militare dell’aeronautica sovietica, aveva raggiunto il grado tenente e assaporava già la promozione a capitano. Eppure non era felice. Si era appena separato dalla moglie e al travaglio sentimentale si aggiungeva quello professionale, poiché lo avevano sbattuto nella più estrema delle periferie dell’impero russo, la base di Vladivostok ai confini tra Cina e Corea. Ad ogni modo, il 6 settembre Belenko volava in formazione sul suo monumentale Mig 25, gigantesco intercettore ed orgoglio dell’aviazione comunista. La squadriglia ronzava nelle acque territoriali russe del Mar del Giappone, per una ordinaria ricognizione, quando il Mig pilotato dal nostro Belenko scese in picchiata fino a sfiorare il pelo dell’acqua. Gli altri piloti pensarono ad un’avaria e lo lasciarono al suo destino, ma il Mig di Belenko non aveva accusato alcun guasto. Semplicemente, il tenente volava verso un’altra vita. Sfrecciando a soli cinquanta metri di quota, l’apparecchio russo sfuggì ai radar nipponici e poté raggiungere il Paese del Sol Levante senza essere intercettato. A quel punto Belenko non poteva andare tanto per il sottile e posò il suo aereo sullo scalo più vicino, quello di Hakodate, nell’isola di Hokkaido. L’atterraggio fu brusco e il Mig proseguì la sua corsa oltre la pista, abbattendo le recinzioni. Venne circondato dalla sicurezza dell’aeroporto, cui l’esagitato ufficiale si presentò rimanendo in piedi sulla cabina di pilotaggio e sparando qualche colpo di pistola in aria. Consegnò poi un biglietto in inglese agli agenti giapponesi, che capirono subito dove Belenko volesse andare a parare: fuggiva dal suo paese e voleva l’asilo politico. L’aereo e il prezioso manuale di pilotaggio finirono nelle mani degli americani. Questi lo smontarono pezzo per pezzo, tutti eccitati all’idea di carpire i segreti di quella che la pomposa propaganda sovietica spacciava come un’invincibile arma dei cieli. Il Mig di Belenko aveva solo sei mesi di vita, ma deluse assai i tecnici che lo vivi-sezionarono: una discreta macchina da guerra, nulla più. L’aviazione russa fu tuttavia costretta a modificare radicalmente l’aereo, i cui segreti erano ormai stati violati dal nemico appostato oltre la cortina di ferro. E Belenko? Trovò ovviamente rifugio negli Stati Uniti, visto che l’Urss lo aveva condannato a morte in contumacia per alto tradimento. Oggi ha più di 70 anni, collabora con l’aviazione statunitense e pare abbia una vita serena.
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(Fonti delle notizie: Web, Google, Popularmechanics, Wikipedia, You Tube)