Droni e prossima guerra: la lezione dei Marines e la sfida per Italia ed Europa
A Camp Pendleton, in California, i Marines hanno appena testato una nuova generazione di droni tattici nell’ambito del Project GI1 promosso dalla Defense Innovation Unit. Non si tratta di un programma futuribile, ma di un processo rapido che prende soluzioni già presenti sul mercato civile e le mette direttamente nelle mani dei reparti operativi, chiedendo ai soldati stessi di valutarne l’efficacia. In poche settimane si ottiene ciò che i cicli di procurement tradizionali richiedono anni per produrre.
Questo approccio non è solo un esercizio di efficienza amministrativa, ma un chiaro segnale: le forze armate americane stanno preparando lo scontro del futuro, un conflitto ad alta intensità contro un avversario alla pari. In quella guerra, il numero e la resilienza dei sistemi senza pilota saranno determinanti. Non basteranno flotte di carri o batterie di missili; serviranno sciami di droni capaci di saturare, disturbare, colpire e soprattutto adattarsi in tempo reale a scenari fluidi e imprevedibili.
È evidente che un potenziale avversario come la Cina, con la sua enorme capacità industriale, sarà in grado di mettere in campo milioni di sistemi unmanned. La quantità farà la differenza almeno quanto la qualità. Ignorare questo dato di realtà significherebbe condannarsi all’irrilevanza sul campo di battaglia.
Per l’Italia e per l’Europa la domanda è inevitabile: come si risponde a una simile sfida?
L’opzione di partire da piattaforme commerciali, finanziando direttamente o indirettamente lo sviluppo di tecnologie duali, potrebbe essere la via più rapida e pragmatica. Non si tratta di sostituire i grandi programmi, ma di affiancarli con una massa critica di sistemi “spendibili”, pronti a essere sacrificati e rimpiazzati senza compromettere le capacità complessive.
La lezione dei Marines è chiara. Innovare non significa attendere il progetto perfetto, ma avere il coraggio di rompere gli schemi, sperimentare, rischiare e soprattutto consegnare rapidamente nuove capacità ai reparti. Se la prossima guerra sarà decisa dalla velocità con cui riusciremo a saturare il cielo e il terreno con flotte di droni, l’Italia e i suoi alleati devono chiedersi oggi se vogliono arrivare preparati o limitarsi a subire la strategia altrui.
1 Project G.I. è un’iniziativa della Defense Innovation Unit (DIU) degli Stati Uniti con lo scopo di accelerare l’identificazione, la valutazione e l’impiego operativo di sistemi unmanned o autonomi pronti “right now” (cioè non solo prototipi da laboratorio)

Foto: USMC
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