“Interdizione d’Area”: quel particolare impiego dei paracadutisti italiani
L’Interdizione d’Area è una particolare forma di lotta sviluppata e messa a punto durante la Guerra Fredda che doveva consentire di condurre variegate azioni di disturbo nelle retrovie delle Forze del Patto di Varsavia penetrate sul suolo nazionale.
Nello specifico, dottrinalmente, doveva essere condotta in zone amiche controllate dall’avversario per ostacolarne le attività di comando e controllo, informativa, di movimento, di fuoco e logistica.
Doveva contare su un appoggio concreto da parte della popolazione residente che poteva concorrere a sostenere le unità in qualunque delle attività contemplate come “risorse locali”.
Il contesto operativo
Nel periodo anteriore al 1989 si era formata una interpretazione della Dottrina del Patto di Varsavia che avrebbe condotto, nell’ambito delle attività offensive per la conquista dell’Europa occidentale, uno Sforzo Sussidiario dedicato alla penisola italiana. Tale Sforzo sarebbe stato condotto principalmente dalle divisioni ungheresi attraverso la neutrale Jugoslavia e travolgendo le unità italiane sulla “Soglia di Gorizia”, per puntare sulla direttrice Milano – Torino a ovest e Padova – Bologna a sud.
Per contrastare questo disegno di manovra le Forze italiane, inquadrate in un contesto Nato, per ritardare la progressione offensiva avversaria fino all’inserimento dei rinforzi statunitensi, erano articolate su tre corpi d’armata. Nel particolare, il 5° che avrebbe dovuto sostenere l’impatto iniziale schierato dal confine orientale (Soglia di Gorizia) lungo la pianura friulano-veneta, il 4° corpo d’armata alpino a presidio dell’intero arco alpino e il 3° corpo d’armata in riserva alle spalle del 5° dislocato fra Milano e Torino.
Il piano era di attendere il nemico in territorio nazionale conducendo una grande battaglia difensiva con lo scopo di logorare le Forze avversarie organizzando il terreno mediante un “Piano di Ritardo” che comprendeva, principalmente, lo schieramento di campi minati regolamentari, demolizioni di ponti sulle principali arterie di collegamento est-ovest e allagamenti artificiali di grandi zone dell’area della battaglia.

Il forte logoramento del 5° corpo sarebbe stato poi sostenuto dall’immissione, per scavalcamento (una forma di avvicendamento di unità in combattimento mediante la quale un’unità oltrepassa un’altra unità amica antistante e già a contatto con il nemico), dal 3° corpo che avrebbe dovuto contenere la spinta offensiva avversaria, idealmente fino al territorio lombardo occidentale, a preludio dell’arrivo delle Forze Nato destinate a questa area della battaglia. Il 4° corpo d’armata Alpino avrebbe dovuto invece proteggere il versante montuoso laterale da sorprese sul fianco sinistro dell’area della battaglia.
Battaglia che avrebbe poi dovuto risolversi con l’arresto della progressione offensiva avversaria a cura delle Forze Nato e la successiva controffensiva che avrebbe dovuto portare alla distruzione delle Forze nemiche all’interno dell’Area della battaglia compresa fra il confine nord orientale e la linea di irrigidimento (schieramento difensivo da mantenere a tempo indeterminato), realizzate ad est di Milano.
Il compito assegnato alla brigata paracadutisti Folgore
Per facilitare la riuscita della manovra difensiva di logoramento, come sopra descritta, considerando che i tempi di intervento delle Forze Nato e l’inizio della controffensiva non erano certi, venne messa a punto un’Azione concorrente da condursi nelle retrovie delle Forze avversarie.

Questa Azione aveva i seguenti principali scopi:
- seminare insicurezza e confusione nelle retrovie;
- colpire posti comando e centri di comunicazione;
- distruggere depositi carburanti e stoccaggi di munizioni;
- obbligare a dislocare Forze in riserva per cercare di contenere tali azioni ostili.
Per la conduzione di tali attività erano necessari due requisiti fondamentali, la sorpresa ed il supporto della popolazione locale residente.
Condotta delle attività di interdizione
Per eseguire al meglio il compito assegnato si era pianificato di eseguire una infiltrazione con aviolancio notturno di pattuglie da combattimento (basate organicamente sul plotone paracadutisti), espresse da compagnie subordinate ad un comando di gruppo tattico.
Nel particolare, tutto il dispositivo veniva aviolanciato su un predeterminato territorio, retrovia delle Forze avversarie, su molteplici zone lancio da parte di diversi vettori aerei in un unico arco di tempo. Il comando d’Area, i comandi di compagnia e le pattuglie si sarebbero riunite alla fine della sequenza di lancio ed avrebbero raggiunto i punti iniziali di dislocazione sul terreno.
L’infiltrazione poteva ovviamente avvenire con modalità differenti, ma dottrinalmente ci si affidava principalmente all’aviolancio.

Le singole pattuglie erano già in possesso degli ordini per attaccare il primo obiettivo assegnato. I successivi sarebbero stati comunicati dal comando compagnia successivamente in funzione di quanto deciso dal comando di gruppo tattico.
Essendo le pattuglie della tipologia organica di “combattimento”, ossia a composizione fissa, erano gli obiettivi ad essere calibrati sulla pattuglia e non vice versa. Il numero delle pattuglie era variabile e dottrinalmente era anche possibile raggruppare più pattuglie per battere un singolo obiettivo.
Al termine del ciclo operativo sarebbero state poi date indicazioni per l’esfiltrazione; anche se la durata dell’attività poteva essere variabile. Il sostegno logistico sarebbe avvenuto con aviorifornimenti notturni (viveri, munizioni, esplosivi) e con ricorso alle risorse locali.
Tale tipo di attività richiedeva una spinta autonomia decisionale a livello di pattuglia che rappresentava uno degli aspetti caratteristici dell’Interdizione d’Area condotta da truppe paracadutiste.
Conclusioni
L’Interdizione d’Area, così come concepita inzialmente, nella versione messa a punto per il Teatro d’impiego nazionale contro le unità del Patto di Varsavia, rappresenta sicuramente una forma di lotta peculiare e specifica per aviotruppe.
Attualmente, visto il salto tecnologico in corso, a cominciare dalle comunicazioni e senza dimenticare i droni, andrebbe specificatamente analizzata in funzione del teatro operativo d’impiego.
Rimane, in ogni caso, un sistema addestrativo eccellente per formare autonomia decisionale e sviluppare capacità di sopravvivenza in ambienti ostili per truppe avioportate.

Aspetti particolari
Il personale partecipante era in massima parte di leva, pertanto il livello addestrativo doveva partire da questa base.
Il sostegno sanitario consisteva nella presenza di un elemento per ogni pattuglia con capacità infermieristiche ed una attrezzatura spalleggiabile.
Si partiva dal presupposto che il livello di perdite dato dal logoramento per effetto degli attacchi ad obiettivi ripetuti potesse portare alla quasi quasi distruzione delle singole pattuglie.
Concettualmente si contava molto sul supporto fornito dagli abitanti residenti nelle aree d’azione delle pattuglie.
In sede di esercitazione, si era rilevato che per ottenere risultati significativi per limitare le attività di interdizione era necessario disporre di reparti in contro-interdizione della stessa tipologia (paracadutisti), in quanto dotati di medesima forma mentis.
Anche attualmente vengono svolte esercitazioni di Interdizione e Contro Interdizione d’Area da parte della brigata paracadutisti “Folgore” per formare e mantenere capacità di condotta e decisionali “diversificate” ai minimi livelli ordinativi in condizioni d’impiego critiche.
*L’autore è col. (aus.) dell’Esercito Italiano
Foto: Esercito Italiano
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L’Interdizione d’Area è una particolare forma di lotta sviluppata e messa a punto durante la Guerra Fredda che doveva consentire di condurre variegate azioni di disturbo nelle retrovie delle Forze del Patto di Varsavia penetrate sul suolo nazionale. Nello specifico,…
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