Tecnologie avanzate per la difesa: l’Europa tra velocità, resilienza e sovranità digitale
A Palazzo Farnese, nel cuore diplomatico di Roma, la luce filtra dalle finestre alte e si riflette sui legni scuri della sala. È un luogo che sembra fatto per il tempo lento, eppure l’atmosfera dell’evento “Tecnologie avanzate per la difesa: scenari e opportunità”, promosso da Sopra Steria Italia insieme all’Ambasciata di Francia, tradisce un’urgenza diversa: la consapevolezza che la difesa europea non ha più il lusso della lentezza.
L’ingresso dei relatori, il mormorio composto dei presenti e le prime prove tecniche rivelano un punto di incontro in cui tecnologia, politica e strategia non sono più capitoli separati, ma parti di un’unica equazione.

L’apertura formale dei lavori è affidata a Stefania Pompili, CEO di Sopra Steria Italia.
Dopo l’intervento introduttivo prende la parola l’onorevole Antonino Minardo, presidente della commissione difesa della Camera, che si sofferma sull’importanza del tema per la sicurezza nazionale e per la competitività del Sistema Paese. «Poche settimane fa abbiamo concluso un intenso lavoro legato alla difesa cibernetica con una apposita indagine conoscitiva proponendo la creazione di un comando unificato, gestito e coordinato dalla difesa per intervenire contro gli attacchi».

Accanto al fronte cyber, Minardo ricorda l’avvio dell’indagine parlamentare sulle tecnologie quantistiche «per comprenderne le straordinarie opportunità e i rischi derivanti da un loro possibile utilizzo malevolo», sottolineando come i computer quantistici aprano nuovi orizzonti operativi ma pongano anche sfide per la sicurezza delle comunicazioni crittografiche. Per Minardo, il Parlamento deve guardare non solo alle minacce ma anche alle opportunità dual use. La sicurezza, afferma, «oggi è una dimensione trasversale – cibernetica, fisica, spaziale e sanitaria… Solo integrando tutte queste dimensioni potremo costruire una difesa moderna, resiliente e sostenibile». L’obiettivo finale resta la costruzione di una vera difesa europea comune.

Il contributo dell’Esercito è affidato al generale di divisione Luciano Antoci, capo del VI reparto sistemi C5I (comando, controllo, comunicazione, computer, cyber e intelligence) dello stato maggiore dell’Esercito. Antoci descrive senza giri di parole il contesto: scenari instabili, accelerazione tecnologica e necessità di strumenti in grado di ridurre l’opacità informativa. «È necessario adottare tecnologie di sensor fusion, secondo un approccio any sensor–best shooter», spiega. Su questi presupposti si fonda la bolla tattica dell’Esercito, «una cornice flessibile e sicura che alimenta sistemi di supporto decisionale di ultima generazione». L’intelligenza artificiale, osserva, «è uno strumento fondamentale per acquisire superiorità decisionale e rendere compatibile il sovraccarico dei dati con il sistema cognitivo del comandante». Ogni capacità deve essere nativamente resiliente e protetta sul piano cibernetico. Antoci richiama anche la crescente importanza del dominio spaziale, vitale per comunicazioni, sorveglianza e allerta missilistica.

In rappresentanza della Marina Militare interviene il contrammiraglio Enrico Vignola, capo del terzo reparto dello stato maggiore della Marina. La sua analisi è schietta: «Ogni giorno scopriamo qualcosa di nuovo… Questo ci pone di fronte a un dilemma: cosa fare per essere “rilevanti”?». Per Vignola il nodo è la rapidità. «C’è un tema di velocità che oggi è più preminente della qualità della soluzione». Ecco allora il Naval Innovation Compass, la “bussola” con cui la Marina e l’industria definiscono traiettorie condivise per ridurre il time to market, puntare sulla modularità e sulla Digital Warship, integrare nuove energie e sviluppare piattaforme riconfigurabili. «Non mi serve una nave se me la fai in sei–sette anni: mi serve se me la fai in poco tempo», afferma, richiamando anche la collaborazione con la Marina francese e la necessità di processi di procurement più agili.

Il quadro geopolitico emerso dal dibattito è altrettanto complesso. L’Europa, complice la transizione strategica degli Stati Uniti, si scopre più esposta e sola nelle proprie responsabilità. Le forze armate e l’industria concordano sul fatto che la guerra in Ucraina – con il suo mix di trincea, droni, cyber attacchi e tecnologie civili militarizzate – abbia reso evidente l’urgenza di capacità nuove e soprattutto rapide.

Dalla dimensione spaziale arriva il contributo del rappresentante dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Antonio Ciccolella, che ricorda come la resilienza europea passi dalla capacità di collegare asset diversi in un ecosistema federato. «La resilienza europea non si costruisce sommando i sistemi, ma collegandoli tra loro», osserva. Il programma European Resilience from Space va proprio in questa direzione, integrando capacità dual use, osservazione della Terra, interoperabilità e continuità dei servizi critici. «Protezione, anticipazione e resilienza sono oggi i pilastri fondamentali delle infrastrutture spaziali», nota, ribadendo la complementarità tra ESA, Unione Europea e NATO.

Sul piano industriale, un racconto incisivo è quello di Filippo Maria Grasso, dirigente di Leonardo, che introduce il tema con una nota autobiografica: «Vi faccio una piccola confidenza. Prima di lavorare in Leonardo, io ero in Pirelli, lavoravo fuori dall’Italia e a un certo punto leggo questa notizia di Trump che istituisce la forza armata dello spazio. Non essendo ancora nel mondo della difesa, occupandomi di pneumatici, ho pensato: vabbè, ci saranno gli alieni!». Un ricordo che Grasso utilizza per misurare la distanza tra il passato recente e un presente in cui lo spazio è diventato «una componente essenziale del comando e controllo, delle comunicazioni professionali e della difesa contro minacce balistiche che, se non le osservi da sopra, non ti rendi neanche conto di essere stato attaccato e… non lo racconti più!». Da qui l’accento su interoperabilità, istantaneità dei dati e cybersecurity by design, in un mondo in cui «le superpotenze non sono necessariamente democrazie». Grasso sottolinea che l’Europa non è ancora pronta: non possiede sistemi immediatamente disponibili “sullo scaffale” per un conflitto ad alta intensità, ma ha la capacità e la volontà di colmare rapidamente questo gap, accelerando innovazione, cooperazione industriale e processi produttivi.

Il ruolo di Sopra Steria viene delineato da Christophe Eugene, che sottolinea come «tutte le grandi imprese si stanno dotando di consiglieri difesa per il collegamento tra difesa, industria e geopolitica». La trasformazione digitale, spiega, è come «rifare la carrozzeria» prima di aggiungere motore e sterzo: «per andare più veloci servono l’intelligenza artificiale e il dato». Interoperabilità, resilienza e cybersicurezza diventano così tre elementi di un unico ecosistema europeo, orientato alle multi domain operations e alla superiorità decisionale.

Fausto Recchia, direttore affari istituzionali difesa e internazionale di Fincantieri, restituisce la prospettiva del dominio marittimo: guerra ibrida, ritorno del ruolo del mare, centralità dell’underwater – definito «lo spazio di quarant’anni fa» – e necessità di sistemi integrati e intelligenti. Recchia richiama «il tema della velocità che richiama i limiti del procurement» e la pressione esercitata da scenari in cui la competizione strategica include attori non democratici. È in questo contesto che colloca la visione della navis sapiens: una piattaforma modulare, cognitiva e capace di evolvere nel tempo, costruita in un ecosistema dual use. Sul fronte produttivo ricorda che Fincantieri sta riducendo drasticamente i tempi di costruzione delle navi militari, integrando automazione, digitalizzazione e IA.

A chiudere i lavori è l’ambasciatore francese Martin Briens, che richiama la recente Revue nationale stratégique (bussola strategica francese che definisce minacce, priorità e difesa futura) di Parigi. La natura dei conflitti, ricorda, «si evolve con l’utilizzo delle nuove tecnologie», imponendo uno sforzo di modernizzazione che mantenga un equilibrio tra innovazione e regolazione. Briens utilizza un’immagine incisiva: l’Europa spesso è paragonata a un erbivoro circondato da carnivori, ma il vero problema è la velocità. «Gli altri corrono e noi camminiamo», afferma, aggiungendo con ironia che l’Europa rischia di essere «un brontosauro tra velociraptor».
Il messaggio finale è un appello alla velocità e all’unità: industrie, forze armate e istituzioni devono correre insieme se l’Europa vuole restare rilevante in un mondo che cambia.
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