Il piano di Trump per l’Ucraina: Pace? Resa? No: baratto!
È arrivato, “prendere o lasciare”, il cosiddetto “piano di pace” elaborato dall’amministrazione Trump per la guerra russo-ucraina.
Ciò che più stupisce sono le reazioni che il cosiddetto piano di pace suscita. Tutti (qui in una Europa che appare decisamente troppo vecchia) paiono scandalizzarsi.
Alcuni eminenti personaggi politici (che probabilmente hanno trascorso in completa ibernazione gli ultimi 4 anni) si scandalizzano perché l’accordo sembra essere stato negoziato solo tra USA e Russia (anzi direi solo tra gli staff ristretti di Trump e Putin) senza il coinvolgimento di Ucraina ed UE.
Osservo che è stato elaborato anche senza il coinvolgimento della NATO e di quelle nazioni che più si sono spese per supportare ‒ almeno a parole ‒ la causa di Kiev (Regno Unito e Francia).
Non vedo di cosa stupirsi, dato che gli accordi si fanno tra chi ha un potere contrattuale riconosciuto. Dal lato di Kiev, gli USA lo hanno certamente, mentre né la burocratica e ingessata UE della von der Leyen e della Kallas né l’armata Brancaleone dei “volenterosi” sono riusciti a guadagnarsi tale potere contrattuale.
Gli europei ora sembrano tutti offesi e reclamano un posto al tavolo. Ma un posto al tavolo negoziale per contribuire in che modo all’eventuale negoziato?
L’ex segretario generale dell’ONU Boutros Boutros-Ghali, nel 1994 quando l’operazione ONU in Somalia stava andando già a catafascio, dichiarò “la diplomazia non supportata dalla forza non sarà considerata una cosa seria”. Purtroppo, aveva ragione, solo che troppi rifiutano di prenderne atto.
Se gli USA ritirassero il loro supporto all’Ucraina, noi europei saremmo in grado di sostituirli? La risposta mi pare essere negativa. Soprattutto, saremmo disponibili, una volta privata l’Ucraina del supporto USA ad affiancare le unità di Kiev con i nostri soldati (come da tempo paventato dal solo Macron)? Anche in questo caso ritengo che la risposta sarebbe negativa (con le sole possibili eccezioni di Parigi e Londra, dove però la scarsa stabilità degli attuali governi non fornirebbe a Kiev alcuna garanzia a lungo termine).
Certamente potremmo continuare ad illuderci di ottenere risultati determinanti imponendo l’ennesimo pacchetto di sanzioni. Purtroppo, la politica del “volete la pace o i condizionatori?” di draghiana memoria, a tre mesi dall’inizio del quinto anno di guerra non pare aver ottenuto la resa russa. Anzi.
Occorre prendere atto che, nonostante le buone intenzioni, né la UE né la NATO hanno veramente inciso profondamente sul conflitto.
Certo, gli europei hanno contribuito finanziariamente più degli USA alla difesa ucraina e hanno fornito armamenti che sono risultati importanti per consentire a Kiev di resistere per 45 mesi all’aggressione russa, ma non hanno mai veramente avuto voce in capitolo.
Triste? Ingiusto? Forse, ma così è stato.
Così come durante il conflitto gli europei si sono svenati per sostenere militarmente l’Ucraina – in una campagna comunque diretta strategicamente da Washington – allo stesso modo, se si arrivasse a un accordo basato sulla proposta di Trump, dovranno continuare a svenarsi per ricostruire un’Ucraina mutilata dalla guerra.
In merito alla partecipazione attiva al negoziato da parte dell’Ucraina valgono considerazioni analoghe. Ove Kiev non accettasse il piano USA, dando la scusa a Trump per interrompere definitivamente il suo supporto, l’Ucraina potrebbe continuare in conflitto senza l’aiuto USA?
Verosimilmente no, e sia Putin sia Trump ne sono convinti.
D’altronde, la nostra seconda guerra d’indipendenza terminò bruscamente quando (dopo le sanguinose battaglie di San Martino e Solferino) nel 1859 Napoleone III decise di fare la pace con Francesco Giuseppe, praticamente senza neanche informarne Vittorio Emanuele II. A Villafranca, per la firma dell’armistizio, il Regno di Sardegna non era neanche rappresentato, ma si adeguò perché senza il supporto francese non sarebbe stato in grado di continuare a combattere.
In Europa ripetiamo come un mantra “la pace deve essere giusta”. Questo ritornello ci fa sentire migliori, anche se di fatto non siamo mai stati veramente disposti a correre dei rischi per ottenere questa “pace giusta”. Quella ipotizzata da Trump è una “pace giusta”? Certo che no!
Peraltro, rendiamoci conto che non esistono, né sono mai esistite “paci giuste”, ma solo “paci possibili”. Accordi, cioè, basati sui rapporti di forze. È triste dirlo, ma è realpolitik e senza il peraltro già traballante supporto USA i rapporti di forze non paiono essere a favore di Kiev.
Tutto ciò era di fatto prevedibile. Si sapeva dell’intendimento più volte sbandierato da Trump di mettere fine al conflitto, in un modo o nell’altro. L’importante per il POTUS1 è sempre sembrato essere quello di “chiudere la pratica” e metterla in archivio, in modo da dedicarsi ad altro.
Era noto anche il suo feeling che quella ucraina fosse una guerra voluta da democratici e dai neo-con (Biden, Nuland, Obama) e che abbandonare l’antipatico e petulante Zelensky al suo destino sarebbe stato anche uno schiaffo ai suoi nemici domestici.
Era noto il suo disprezzo, mai celato, per la UE e per gli “alleati” europei , che Trump ha sempre tentato di rappresentare come sanguisughe che sfruttano la sicurezza offertagli dalla potenza militare USA per arricchirsi.
Ricordiamo come lo stesso Trump negoziò a Doha direttamente con i Talebani il ritiro della NATO dall’Afghanistan2 senza coinvolgere né gli alleati che da 20 anni avevano forze nel paese né il governo di Kabul del ”loro uomo“ Ashraf Ghani. Già in quell’occasione Trump mise gli alleati di fronte al fatto compiuto (anche se poi le colpe ricaddero su Biden per il disordinato ritiro dell’agosto 2021).
Inoltre, non possiamo non ricordare come, con amministrazione di qualsiasi colore, nell’ultimo mezzo secolo gli USA non abbiano mai esitato ad abbandonare chi si era fidato del loro supporto quando tale impegno internazionale non risultasse più pagante per le elezioni domestiche (ricordiamo sud vietnamiti, iracheni dopo la caduta di Saddam, curdi, tanto per limitarsi ad alcuni dei casi più conosciuti).
Tutto noto, però, questa volta la bozza di accordo, oltre a tener conto dei rapporti di forza (né potrebbe essere altrimenti), si basa anche su un baratto (abbastanza ignobile) sulle spalle e sul sangue degli ucraini.
Mi spiego. Tra le tre grosse crisi internazionali che Trump ha ereditato da Biden (Ucraina, Medio Oriente e Taiwan) quella ucraina era quella che gli interessava di meno. Non ha mai considerato gli ucraini degli alleati, non ha mai veramente considerato la Russia un competitor strategico, mentre ha sempre visto nella UE un pericoloso ed ostile competitor commerciale.
Se non fosse riuscito a prospettarsi in breve tempo all’elettorato MAGA come l’uomo che aveva risolto i “casini di Biden” in Ucraina (e non c’è riuscito), tanto valeva che il conflitto continuasse, assorbendo però risorse dei “parassiti” europei: “Gli europei vogliono aiutare l’Ucraina? Bene comprino le nostre armi e gliele mandino”.
Più importanti dell’Ucraina erano per lui la questione di Taiwan (e dei rapporti commerciali e geopolitici con la nascente superpotenza cinese) e la questione Medio-Orientale.
Anche per la questione di Gaza, il POTUS ha imposto il suo piano dall’alto, senza reale coinvolgimento di Netanyahu. Verosimilmente, Bibi avrebbe voluto continuare l’opera (che era a buon punto) per giungere all’eliminazione di Hamas a Gaza.
Non ha potuto, ha dovuto arrestarsi e dire “Obbedisco” (un poco come il vecchio Garibaldi nel 1866 che dovette ritirarsi quando, dopo Bezzecca, vedeva già la strada aperta per liberare Trento).
Anche Netanyahu a ottobre, come Zelensky oggi, non poteva permettersi di perdere il supporto di Trump e ha dovuto accettare un compromesso che non risolve il problema di Gaza e che lo mette in difficoltà sia con l’opposizione laburista sia con gli ultraortodossi del suo stesso governo. Ma Washington premeva, voleva un trofeo da mostrare orgogliosamente a casa e al mondo. Mi augurerei che non si fosse premuto per tale accordo che, di fatto non risolve né i problemi di sopravvivenza di Israele né le legittime aspirazioni nazionali dei palestinesi, solo per avere un risultato utile per consentire a The Donald di pareggiare i conti con Obama con un “Nobel per la pace”. Purtroppo, tempistiche e poco cavalleresche reazioni da Washington al giusto riconoscimento concesso di lì a pochi giorni a Maria Corina Machado sembrerebbero farci pensare male.
Ciò che resta sospetto è perché il 17 novembre Russia e Cina non abbiano inteso porre il prevedibile veto in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad una risoluzione che supporta il piano di pace trumpiano. Un piano di pace che non solo non affronta alla radice i complessi problemi della regione (peraltro a questo Mosca e Pechino possono non essere interessate) ma consente di ampliare molto l’influenza USA in Medio Oriente.
Personalmente, sono convinto che l’astensione di Russia e Cina abbia avuto un prezzo, che gli USA si sono impegnati a pagare.
Con la bozza di accordo di pace per l’Ucraina vediamo probabilmente cosa è stato promesso a Putin. Temo che a breve a Taiwan o in Giappone o in Sud Corea si accorgeranno di cosa sia stato promesso a Xi Jinping.
Nel frattempo, agli europei, più che fare gli offesi e pretendere di essere parte di una trattativa da cui ormai sembrano essere stati esclusi, converrebbe riconsiderare la loro fedeltà alla NATO, tentare di diventare più autonomi da Washington in termini di politica estera e di difesa e tentare di attribuire credibilità militare al carrozzone burocratico e autoreferenziale UE (che però richiederebbe di essere di essere riformato dalle fondamenta).
Preso atto che il legame transatlantico su cui si basa la NATO è irrimediabilmente dissolto e che per l’alleato di Washington siamo diventati un bancomat cui attingere a piacimento (come dimostrano le condizioni previste dall’accordo di pace di Trump in merito a spese di ricostruzione dell’Ucraina e della stessa alla UE) anche le recenti dichiarazioni del generale Mandon ai sindaci francesi che hanno destato tanta ilarità, dovrebbero essere accolte con maggior preoccupazione.
1 POTUS: President Of The United State
2 “Accordo per portare la pace in Afghanistan” siglato a Doha il 29/02/2020 tra USA e l’Emirato Islamico dell’Afganistan (ovvero i Talebani)
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