Droni armati, nuova era USA: lo Stalker VXE30 mostra come cambierà la guerra terrestre
L’annuncio del Dipartimento della Difesa statunitense del 24 novembre 2025 segna un passaggio di fase nell’evoluzione dei sistemi a pilotaggio remoto. Presso la base di Fort Rucker, in Alabama, è infatti iniziato il primo ciclo di addestramento dedicato al nuovo drone Stalker, versione VXE30, un velivolo a decollo verticale che unisce ridotta firma acustica, scarsa visibilità e la possibilità di impiegare munizionamento a basso costo.
Si tratta del primo sistema di classe Group 2 – per certi aspetti vicino ai parametri del Group 3* – ad essere introdotto in addestramento dopo il ritiro del più grande e complesso Shadow. Secondo gli ufficiali coinvolti, è la prima volta da anni che un UAS di queste dimensioni rientra in un percorso formativo avanzato a Fort Rucker, segnando un ritorno dell’esercito USA verso piattaforme tattiche più leggere, ma molto più flessibili.
Lo Stalker è costruito attorno a un’architettura aperta modulare che permette aggiornamenti rapidi, integrazione di nuovi sensori e l’adattamento immediato alle esigenze del campo di battaglia contemporaneo, un requisito ormai imprescindibile.
Gli ultimi anni hanno trasformato profondamente il ruolo dei droni militari. Da semplici strumenti ISR sono diventati sistemi d’arma utilizzati quotidianamente in attacchi mirati. L’esperienza ucraina ha mostrato come le “munizioni vaganti” siano diventate una componente essenziale del combattimento moderno: sistemi economici, facilmente producibili su larga scala e in grado di saturare le difese avversarie.

Kiev, che sta investendo in una produzione industriale senza precedenti, punta a milioni di unità l’anno, profilando un modello di guerra in cui la quantità si combina alla precisione. Mosca ha risposto incrementando la diffusione di droni tipo Shahed, confermando un trend globale: anche piattaforme leggere sono oggi impiegate come “missili intelligenti” a basso costo.
Questa trasformazione, che nasce dalle esigenze dei teatri di alta intensità, obbliga le potenze occidentali a rivedere la propria postura tecnologica e operativa.
Il mutamento non risparmia il contesto italiano. I Predator e Reaper, finora impiegati solo in ruoli di ricognizione, sono destinati a essere tutti armati. Una scelta del genere comporta una vera “rivoluzione copernicana” nella postura (leggi “cultura”) militare nazionale, ampliando in modo significativo la flessibilità d’impiego e la capacità di proiezione.
L’Italia partecipa anche al programma europeo Eurodrone, che sin dalla progettazione integra capacità d’armamento e sensori di ultima generazione. Ciò significa che nei prossimi anni l’Aeronautica Militare riceverà una piattaforma MALE interoperabile con gli standard NATO, pensata per scenari complessi e per la difesa collettiva europea.

La sfida è duplice: investire in tecnologie per il contrasto ai droni e, allo stesso tempo, sviluppare una dottrina nazionale credibile per l’impiego offensivo di UAS avanzati.
Sistemi leggeri, modulari e “low cost” stanno diventando protagonisti del combattimento terrestre, sostituendo o affiancando piattaforme molto più costose e complesse da mantenere.
Per l’Italia la sfida è non restare indietro. La guerra del futuro sarà in larga parte decisa dalla capacità di impiegare, produrre e contrastare droni armati: chi non saprà adattarsi rapidamente pagherà il caro prezzo dei conflitti all’orizzonte.
VXE30 Stalker
Il nuovo Stalker VXE30 è un drone VTOL leggero ma sofisticato, pensato per missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione, con potenziale capacità d’attacco.
• Silenziosità e ridotta firma visiva
Il passaggio da volo verticale a volo orizzontale avviene in modo praticamente impercettibile. La bassa emissione acustica e il profilo snello lo rendono difficile da individuare, soprattutto a distanza ravvicinata.
• Dimensioni e peso
Con un’apertura alare prossima ai 5 metri e un peso al decollo di circa 22 kg, rientra nella categoria Group 2, pur sfiorando le prestazioni dei sistemi Group 3.
• Autonomia eccezionale
La propulsione a cella a combustibile (SOFC) alimentata a propano permette oltre 8 ore di autonomia, con un raggio operativo che può raggiungere – in condizioni ottimali – i 160 km.
• Modularità operativa
Grazie alla struttura aperta, può montare sensori EO/IR ad alta risoluzione o, in alternativa, piccoli carichi utili. L’integrazione del Common Lethality Integration Kit consente l’impiego di munizionamento tattico a basso costo, come testate compatibili con le granate da 81 mm, trasformandolo all’occorrenza in un vettore d’attacco economico.
• Rapidità di schieramento
Il sistema è trasportabile da due operatori, si monta in pochi minuti ed è pensato per supportare direttamente plotoni e compagnie sul campo, fornendo ricognizione o fuoco indiretto a costi irrisori rispetto ai missili guidati.
*https://en.wikipedia.org/wiki/UAS_groups_of_the_United_States_military
Foto: U.S. DoD / Airbus
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