Benoît Rondeau: Otto Skorzeny – Des commandos SS au Mossad
Benoît Rondeau
Ed. Perrin
pp. 381
Il 26 luglio 1943, l’allora Waffen SS-Hauptsturmführer (Capitano) Otto Skorzeny, da poco nominato comandante del reparto speciale SS-Sonderverband Friedenthal, fu convocato con urgenza alla Wolfsschanze (Tana del Lupo), il Quartier generale di Adolf Hitler nella Prussia Orientale. Non gli fu comunicato il motivo della convocazione. Giunto a destinazione, fu introdotto, insieme ad altri cinque ufficiali dei reparti speciali, al cospetto delFührer. “L’apparizione dell’uomo che più di ogni altro capo di Stato ha plasmato il destino della Germania. Il mio condottiero, che seguo fedelmente e nel quale ho assoluta fiducia – ricorderà in seguito –, fu per me un momento indimenticabile”.
Dopo una breve introduzione, Hitler domandò chi tra loro conoscesse l’Italia. Solo Skorzeny rispose affermativamente, ricordando due viaggi in motocicletta a Napoli. Alla successiva richiesta di esprimere un giudizio sulla Nazione alleata, gli altri espressero frasi di circostanza sull’Asse Roma-Berlino.
Skorzeny, invece, si limitò a dire: “Ich bin Österreicher, Mein Führer!”¹.
Hitler lo fissò a lungo, come se volesse che aggiungesse qualcosa, ma Skorzeny non disse altro. Quelle tre parole, “Io sono Austriaco”, allusive alla questione del Sud Tirolo e al sentimento di appartenenza alla Germania, bastarono. Qualche istante di silenzio, poi il Führer congedò gli altri ufficiali, trattenendo soltanto lui.
Il Führer gli rivelò che Mussolini era stato arrestato il giorno precedente per ordine del Re d’Italia. Espresse la sua profonda stima per il Duce considerandolo non solo un alleato leale, ma “un amico personale” e l’incarnazione “dell’ultimo Romano”. Temendo che il nuovo governo lo consegnasse agli anglo-americani, Hitler affidò a Skorzeny una missione di massima priorità e segretezza: rintracciare e liberare Mussolini. Un’operazione che riteneva cruciale per l’esito del conflitto.
L’ordine impartitogli dal Führer segnò l’inizio di quella che sarebbe passata alla storia come Unternehmen Eiche (Operazione Quercia) che, meno di due mesi dopo, avrebbe consacrato il comandante del Friedenthal alla leggenda.
Il 12 settembre 1943, a capo di un distaccamento di 16 SS aggregato ad una compagnia di 90 Fallschirmjäger (Paracadutisti), Skorzeny avrebbe partecipato da protagonista ad una delle azioni più audaci della Seconda guerra mondiale: la liberazione del Duce detenuto nell’Hotel Campo Imperatore, sul Gran Sasso, a oltre 2000 metri di altitudine.
Ma non sarebbe stata l’unica.
A questa figura controversa, sospesa tra mito e realtà, è dedicato il volume di Benoît Rondeau, Otto Skorzeny. Des commandos SS au Mossad (Perrin, 2025). Storico militare tra i più autorevoli specialisti della Seconda guerra mondiale, Rondeau ricostruisce con grande ricchezza di dettagli una biografia complessa, attingendo alla memorialistica dello stesso Skorzeny – spesso unica testimonianza disponibile –, nonché a numerosi documenti provenienti principalmente da archivi statunitensi.
Otto Skorzeny nacque a Vienna il 12 giugno 1908, in una famiglia della buona borghesia. Suo padre, Anton, era un affermato ingegnere. Ma la fine dell’Impero austro-ungarico nel 1918 segnò un brusco declino delle fortune familiari. “Soltanto a quindici anni – ricorderà – riprovai il gusto del burro”.
Seguendo le orme paterne, studiò ingegneria alla Technische Hochschule di Vienna. Alto 1,95, atletico, eccelleva in vari sport, soprattutto nel tiro a segno e negli sport di combattimento. Nella scherma dava il meglio di sé. Praticò nella confraternita studentesca Schlagende Verbindung i duelli con la spada a lama doppia (Schläger), che miravano a procurare ferite al volto, segno di “disciplina, coraggio, e resistenza”. Affronterà quattordici duelli. Nel decimo, riporterà l’icastica cicatrice, che gli farà meritare il soprannome di “Scarface”.
Negli anni universitari si avvicinò ai movimenti nazionalisti e paramilitari favorevoli all’Anschluss, militando nelle file della Markomannia e nella Legione Accademica. Nel dicembre 1931 divenne dirigente della Heimwehr, ma rimase deluso dall’incapacità politica del gruppo. Laureatosi nel 1931, dopo una breve esperienza nella gestione di un’autofficina, lavorò come ingegnere e dirigente in una piccola impresa di costruzioni, del cui proprietario sposò la figlia. Il matrimonio, da cui nacque una bambina, non fu felice.
La svolta decisiva nella sua esistenza avvenne il 1º maggio 1932, quando aderì al Partito Nazionalsocialista, dopo aver assistito a un discorso di Joseph Goebbels a Vienna. Due anni dopo entrò nelle SS austriache, guidate da Ernst Kaltenbrunner, di cui divenne stretto collaboratore. Durante il tentato golpe dell’11 marzo 1938, alla vigilia dell’invasione tedesca, Skorzeny contribuì a evitare scontri armati e a proteggere il presidente Wilhelm Miklas, disperdendo con un perentorio “Silenzio” le SA che minacciavano di assaltare il palazzo presidenziale.
Nel 1938, l’Anschluss lo trovò a Vienna. Qui, il 15 agosto assisterà, arrampicatosi su un’impalcatura, all’entrata trionfale del Führer: “un’esperienza indimenticabile”.
Allo scoppio della guerra, Skorzeny si arruolò come volontario nella Luftwaffe, ma a causa della sua età di 31 anni e all’altezza, non fu assegnato al personale di volo, ma ad un centro di addestramento a terra per unità di osservazione. Insoddisfatto di questo ruolo, optò per le Waffen SS, dove nel marzo 1940 fu inquadrato per l’addestramento nei ranghi della Leibstandarte SS Adolf Hitler, comandata da “Sepp” Dietrich. Trasferito nel reggimento di artiglieria della divisione Totenkopf (Testa di morto), comandata da Theodor Eicke, già responsabile del campo di concentramento di Dachau, prese parte alle campagne di Francia e Jugoslavia, in qualità di responsabile della logistica e della manutenzione dei mezzi.
Divenuto Oberscharführer (sergente capo), fu trasferito alla divisione Das Reich del Generaloberst (colonnello generale) Waffen SS Paul Hausser. La sua carriera fu costellata inizialmente da episodi di indisciplina ed eccessi, che in un primo tempo gli preclusero lo status di ufficiale.
Partecipò successivamente, nel 1941, alla campagna di Russia, dove fu ferito. Rientrato in Germania, grazie alla sua competenza tecnica e al carattere intraprendente, fu notato dai superiori e destinato al Reichssicherheitshauptamt (RSHA – Direzione Generale per la Sicurezza del Reich) a Berlino. La sua audacia lo rese il candidato ideale per la nuova unità di forze speciali creata nel 1943, il Sonderverband Friedenthal, reparto destinato a operazioni di sabotaggio e infiltrazione dietro le linee nemiche.
Rondeau dedica un denso capitolo all’operazione Unternehmen Eiche (Quercia), che rappresenta uno degli episodi più analizzati dalla storiografia sul secondo conflitto mondiale, non solo per il valore simbolico attribuito alla liberazione di Benito Mussolini, ma anche per il ruolo che la propaganda nazista ebbe nella costruzione del mito di Otto Skorzeny. Dopo la destituzione del 25 luglio 1943, Hitler convocò a Rastenburg Skorzeny e il Generaloberst Kurt Student – il “padre” dei Fallschirmjäger – ordinando loro di rintracciare il luogo di prigionia del Duce e di organizzarne la liberazione.
La localizzazione definitiva del luogo, l’Hotel Campo Imperatore, sul massiccio del Gran Sasso, fu il risultato di un intenso lavoro d’intelligence condotto principalmente da Skorzeny, con il supporto dei servizi segreti tedeschi attivi a Roma. Il sito, isolato e accessibile quasi esclusivamente mediante funivia presidiata dai carabinieri, indusse Student a pianificare una manovra combinata mediante un aviosbarco con alianti per l’inserzione delle unità d’assalto affiancata da un’avanzata terrestre.
Il 12 settembre 1943, dodici alianti, al comando dell’Oberleutnant (tenente) Georg von Berlepsch, decollarono da Pratica di Mare con l’obiettivo di atterrare sul pianoro antistante l’hotel, mentre un contingente di circa duecento Fallschirmjäger agli ordini del major (maggiore) Harald Mors avanzò via terra per assicurare il controllo della stazione della funivia. Autorizzato da Student, Skorzeny prese parte alla missione con un distaccamento di sedici uomini delle SS e due cineoperatori.
Durante la fase di avvicinamento, un errore di manovra fece balzare dalla quarta posizione alla testa della formazione l’aliante di Skorzeny, che atterrò per primo, a poche decine metri dall’edificio. Sfruttando l’effetto sorpresa, Skorzeny raggiunse rapidamente l’hotel, e colse impreparate le forze di guardia. L’irruzione avvenne senza conflitto a fuoco. La presenza del generale dei carabinieri Fernando Soleti, condotto sul posto da Skorzeny proprio al fine di prevenire uno scontro, consentì di ottenere la resa immediata dei difensori.
Mussolini fu liberato nel giro di pochi minuti. Skorzeny entrò per primo nella stanza del prigioniero rendendo inoffensivi i carcerieri. “Duce, il Führer mi ha dato l’ordine di liberarvi!”, riferì. Mussolini gli diede entrambe le mani, lo abbracciò e rispose: “Sapevo che il mio amico Adolf Hitler non mi avrebbe abbandonato”.
Skorzeny aveva adempiuto all’ordine di Hitler. Il Duce venne immediatamente esfiltrato a bordo di un piccolo Fieseler Fi 156 Storch, pilotato da Heinrich Gerlach, il pilota personale di Student, su cui Skorzeny pretese di imbarcarsi, nonostante l’evidente rischio per il decollo, poiché il velivolo poteva trasportare solo due persone.
L’aereo riuscì comunque a decollare e atterrò a Pratica di Mare, dove Mussolini venne trasbordato, sempre scortato da Skorzeny, su un Heinkel 111 che, dopo un breve scalo a Vienna, l’indomani lo portò prima a Monaco, dove Mussolini ritrovò sua moglie, e successivamente a Rastenburg, per l’incontro con Hitler.
Skorzeny, che rivendicò un ruolo centrale nello svolgimento dell’azione, ricevette la promozione a Sturmbannführer (maggiore) e la Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes (Croce di Cavaliere della Croce di Guerra), per volontà di Hitler. L’impresa abilmente amplificata dal ministro della Propaganda Goebbels, ottenne ampia risonanza internazionale, consolidando l’immagine eroica dei Fallschirmjäger e contribuendo alla costruzione della fama dello stesso maggiore delle Waffen SS.
Questa impresa straordinaria, è stata oggetto di una lunga disputa. Dopo la riuscita della missione, il generale Student e il maggiore Mors si lamentarono, sostenendo che il ruolo di Skorzeny fosse stato sopravvalutato, poiché l’ufficiale delle SS non vi aveva avuto alcun incarico, né di pianificazione né di comando operativo, partecipando all’operazione solo in qualità di osservatore politico e responsabile della sicurezza personale di Mussolini, una volta che questi fosse stato liberato. Secondo Student, gli onori spettavano a Mors e al suo battaglione di Fallschirmjäger, in quanto Mors aveva avuto un ruolo determinante nella fase di pianificazione e in quella di esecuzione dell’operazione.
Rondeau analizza la questione con equilibrio. Chiarisce innanzitutto che, sebbene il piano di salvataggio sia stato interamente elaborato da Mors, su richiesta di Student nel pomeriggio dell’11 settembre, il maggiore dei Fallschirmjäger non possa essere considerato il vero e unico responsabile dell’azione. Hitler, infatti, aveva assegnato personalmente a Skorzeny la responsabilità della missione (p. 102). Tuttavia, riconosce che la documentazione disponibile conferma il primato dei Fallschirmjäger, ma anche il ruolo determinante svolto da Skorzeny nella fase esecutiva, durante la quale seppe “dare prova di iniziativa, come ci si aspetta da ogni subordinato dell’esercito tedesco”, sfruttando con efficacia gli imprevisti della situazione (p. 114).
In definitiva conclude Rondeau, “sebbene Skorzeny non avesse organizzato l’operazione, l’attività preliminare di intelligence, unita alla reattività dimostrata nella conduzione del raid, aveva costituito un fattore determinante ai fini del successo” (p. 120).
Il giudizio di Rondeau sembra riflettere sostanzialmente l’interpretazione dell’analista militare statunitense William H. Mc Raven, secondo cui è indiscutibile che Mors abbia giocato un ruolo fondamentale sia nella pianificazione sia nell’esecuzione dell’operazione, ma allo stesso tempo a Skorzeny va riconosciuto il merito della ricognizione aerea, di essere atterrato per primo e di aver raggiunto per primo Mussolini, sottraendolo ai suoi carcerieri. Stabilire se Skorzeny fosse un semplice ‘opportunista’ o la ‘mente’ dell’operazione è irrilevante. In definitiva, il successo fu il risultato delle azioni di Skorzeny al Gran Sasso, e non di quelle di Mors².
Il successo del Gran Sasso consolidò la reputazione di Skorzeny, rendendolo l’uomo a cui Hitler affidava le missioni più temerarie.
Nel maggio 1944, fu incaricato dell’operazione Unternehmen Rösselsprung (Cavallo da Corsa), il tentativo di rapire il leader partigiano jugoslavo Josip Broz Tito nel suo quartier generale nascosto in una grotta a Drvar. Nonostante il massiccio attacco di paracadutisti e alianti, Tito riuscì a fuggire all’accerchiamento. La battaglia fu vinta sul piano tattico, ma la mancata cattura di Tito segnò il fallimento dell’operazione sul piano strategico.
Skorzeny si riscattò dallo scacco subito nell’ottobre 1944, con l’operazione Unternehmen Panzerfaust. Quando l’Ungheria tentò di negoziare una pace separata, Hitler ordinò a Skorzeny di impedirlo. Dopo aver rapito il figlio del reggente, l’ammiraglio Miklós Horthy, Skorzeny assaltò il Castello di Buda a Budapest, sede del governo ungherese. Horthy fu costretto a revocare l’armistizio e ad abdicare in favore di un leader filonazista. L’operazione fu un successo politico e militare.
La sua ultima grande impresa fu l’operazione Unternehmen Greif (Grifone), durante l’Offensiva delle Ardenne nel dicembre 1944, Skorzeny dotò i suoi commando, scelti tra soldati che parlavano correttamente l’inglese, di uniformi americane e di veicoli Alleati per infiltrarsi nelle linee nemiche, causando il caos. Sebbene fallisse gli obiettivi principali, la distruzione dei depositi di carburante e la cattura dei ponti sulla Mosa, l’operazione ebbe un enorme impatto psicologico, seminando il panico e il sospetto tra le truppe Alleate.
Alla fine della guerra, il 17 maggio 1945, si consegnò agli americani, dopo circa due anni di prigionia in un campo di denazificazione, fu processato a Dachau nel 1947, con l’accusa di aver travestito i suoi commando con uniformi nemiche, contravvenendo alle leggi di guerra. Un’accusa da cui fu assolto anche grazie alla testimonianza di un agente britannico. Nonostante l’assoluzione, nel luglio 1948, Skorzeny fuggì dal campo di detenzione. Dopo un periodo di latitanza, si stabilì nella Spagna franchista e divenne un facoltoso uomo d’affari e consulente di intelligence. Svolse un ruolo centrale nelle organizzazioni ODESSA e Die Spinne (Il Ragno), reti di assistenza agli esponenti nazisti nella fuga dalla Germania.
Fu consigliere militare dei regimi autoritari in Egitto e Argentina. Ma la rivelazione più controversa riguarda il suo presunto reclutamento da parte del Mossad, il servizio segreto israeliano, nei primi anni ’60³.
Otto Skorzeny morì a Madrid nel luglio 1975, portando con sé molti segreti.
Il volume di Rondeau si distingue per la capacità di restituire la figura di Skorzeny alla storia più che al mito, evitando sia l’agiografia sia la demonizzazione. Ne emerge un ritratto a tutto tondo di un uomo dalla personalità complessa e controversa, che senza rinnegare il suo passato di ardente nazionalsocialista, è stato capace di attraversare indenne il Novecento, passando dalle Waffen SS ai contatti coi servizi segreti occidentali e, forse, con il Mossad.
Skorzeny resta indiscutibilmente un protagonista di primo piano nelle reti di intelligence anticomuniste che hanno influenzato la geopolitica della Guerra Fredda.
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¹ Otto Skorzeny, Meine Kommandounterhmen, Universitas, 1993, p.214.
² Vedi, William H. McRaven, Spec Ops.Case Studies in Special Operations Warfare: Theory and Practise, Presidio Press, Random House, 1996, nota a p. 201. Ammiraglio della US Navy, Mc Raven è stato Comandantedell’US Special Operations Command dell’Esercito degli Stati Uniti. Nel 2011, in qualità di Vice Ammiraglio pianificò l’Operation Neptune Spear (Operazione Lancia di Nettuno), l’uccisione di Bin Laden in Pakistan, che presenta analogie impressionanti con il raid di Skorzeny al Gran Sasso.
³ Vedi, tra gli altri, Danny Orbach, Fuggitivi, Mercenari nazisti nella guerra fredda, Bollati Boringhieri, 2024 (Fugitives: A History of Nazi Mercenaries During the Cold War, Pegasus Book, 2022), in particolare pp. 202-211; Ian Black, Benny Morris, Israel’s Secret Wars. A History of Israel’s Intelligence Services, Grove, 1991, pp.122 e 144. Per una traduzione italiana, vedi Ian Black e Benny Morris, MOSSAD. Le guerre segrete di Israele, Rizzoli, 2003.
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