Via libera alle FREMM (e forse a molto altro) per l’Egitto
Il “tafazzismo italico” per una volta è stato sconfitto. Sembra infatti essersi finalmente sbloccata la lunga vicenda delle commesse militari che l’Egitto chiede da tempo all’Italia a cominciare dalla cessione di due fregate FREMM già destinate alla Marina militare Italiana.
Secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa il via libera sarebbe arrivato dopo la telefonata del 7 giugno tra il premier Giuseppe Conte e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
La decisione di rispondere positivamente alla richiesta del Cairo, a lungo osteggiata da frange di M5S e del PD e da LeU (che ha precisato ieri sera di aver espresso parere contrario alla cessione delle navi) a causa dell’irrisolto “caso Regeni” e della questione dei diritti umani in Egitto, apre prospettive di forniture militari “made in Italy” senza precedenti. come abbiano più volte sottolineato su Analisi Difesa.
Le due fregate che Fincantieri consegnerà presto all’Egitto (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi) per un valore stimato di circa 1,2 miliardi di euro verranno rimpiazzate da nuove unità nei ranghi della Marina Militare ma aprono la strada a ordini per altre fregate, pattugliatori, aerei da combattimento e da addestramento.Nei giorni scorsi il settimanale panarabo The Arab Weekly ha scritto che l’Italia potrebbe vendere all’Egitto ben 6 fregate Fremm (le 2 citate più altre 4 nuove) e 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, oltre a 24 caccia Eurofighter Typhoon e numerosi velivoli da addestramento M-346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, per un valore complessivo di 10,7 miliardi di dollari.
Altre fonti riportarono in passato numeri in qualche caso leggermente diversi così come altre stime portano il valore totale potenziale delle commesse, inclusi i missili per navi e aerei, a circa 15/16 miliardi di euro, cioè il triplo dell’intero export della Difesa italiano del 2019, di poco superiore ai 5 miliardi di euro inclusi gli 871,7 milioni della commessa per 32 elicotteri Leonardo AW139 e AW189.
Certo si tratta di commesse ancora tutte da confermare e, nel caso, da negoziare con l’Egitto ma che costituiscono un’opportunità per tutta l’industria tricolore (a partire da Fincantieri, Leonardo ed Elettronica) che dovrà affrontare un periodo di crisi post Covid-19 puntando sull’export si prodotti per la Difesa poiché sarà difficile poter contare su commesse consistenti nei settori civili.
Nonostante il rischio che valutazioni politiche le compromettessero, le opportunità che si aprono con l’Egitto vanno ben oltre il mero aspetto dell’export di prodotti per la Difesa per assumere i contorni dell’intesa strategica.
Se abbiniamo il successo al Cairo con quello registrato recentemente in Qatar, rivale dell’Egitto e altro grande acquirente di navi, sottomarini, missili ed elicotteri made in Italy, appare evidente che Roma sta ritagliandosi, grazie soprattutto alle sue aziende strategiche, un ruolo di grande rilievo nel mondo arabo che offre opportunità politiche e diplomatiche in termini di influenza e prestigio che è necessario cogliere.
Il Cairo dispone delle più imponenti e potenti forze militari del Medio Oriente e dell’Africa e negli ultimi 5 anni ha investito molti miliardi in sistemi d’arma e piattaforme acquistandoli soprattutto in Russia (circa 10 miliardi), Francia (8), USA (2,5), Germania (4,5), Cina e Bielorussia.
Un conto della spesa saldato per lo più grazie agli aiuti finanziari giunti al Cairo da Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita mentre gli Stati Uniti forniscono all’Egitto 1,2 miliardi di dollari annui da spendere però in prodotti “made in USA”.
Anche se l’economia egiziana non naviga in buone acque e l’epidemia di Covid -19 non ha certo migliorato la situazione (ieri il ministro delle Finanze Mohamed Maait ha reso noto che le entrate fiscali sono diminuite di 7,6 miliardi di dollari negli ultimi tre mesi) le prospettive sono molto positive grazie alle rendite dell’export del gas degli immensi giacimenti rilevati dall’ENI al largo di Alessandria.