L’Italia mantiene e rafforza la cooperazione militare con Tripoli
Giornate fitte di incontri politici e diplomatici a Tripoli dive oggi sono arrivati il ministro Esteri turco Cavusoglu insieme all’omologo maltese, Evarist Bartolo e dive ieri si è recato il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini, accompagnato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Enzo Vecciarelli, dal Direttore dell’AISE Gen. Giovanni Caravelli e dal Comandante del COI (Comando Operativo di Vertice) Gen. Luciano Portolano e accolto a Tripoli dall’ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi e dal Comandante di Miasit (Missione di Assistenza e Supporto in Libia), generale Maurizio Fronda.
Il vertice trilaterale turco-maltese-libico interessa indirettamente anche l’Italia poichè al centro dei colloqui vi è anche il tema dell’immigrazione illegale e una nota del ministero degli Esteri di La Valletta ha sottolineato che “la Guardia costiera libica nei primi sette mesi dell’anno ha salvato 6.265 persone, di cui la metà sarebbe affogata o finita nella zona di ricerca e salvataggio (Sar) di Malta”.
Una conferma di come Malta intenda rafforzare la cooperazione con Tripoli per fermare o respingere i flussi migratori illegali. Il presidente del Governo di accordo nazionale, (GNA), Fayez al-Sarraj, si è recato a Malta per colloqui con il primo ministro Robert Abela all’inizio di luglio per proseguire i colloqui avuti a Tripoli alcune settimane prima.
Il ministro turco Cavusoglu è ormai di casa a Tripoli dove si era recato anche il 17 giugno scorso: secondo quanto riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, “durante la visita Cavusoglu informerà le autorità libiche in merito ai colloqui sul cessate il fuoco in Libia tra Turchia e Russia e riceverà informazioni in merito alla situazione militare sul campo”.
Una nota che conferma il peso del ruolo strategico turco in Tripolitania (e russo in Cirenaica) che limita lo spazio di manovra del GNA sui temi della Difesa e Sicurezza.
Un limite con cui deve fare i conti anche il rapporto tra Roma e Tripoli, che resta molto stretto anche sul piano militare ma che il governo libico non può più gestire con la consueta autonomia ora che i turchi sono presenti con forze considerevoli nel paese (almeno 15 mila uomini tra militari, contractors e mercenari siriani) e ingenti quantità di armamenti.
“Siamo pronti a lavorare fin da subito a un nuovo slancio della cooperazione” ha detto ieri il ministro Guerini incontrando il presidente al-Sarraj.
“C’è piena disponibilità da parte nostra a dar immediato avvio alle ulteriori iniziative di cooperazione definite oggi. In questi anni abbiamo profuso sforzi importanti per sviluppare una collaborazione civile/militare con le autorità locali che svilupperemo con rinnovato impegno. Per questa ragione, la nostra presenza in Libia rimane un impegno prioritario, sulla strada della pacificazione e del riassetto istituzionale che tutti auspichiamo”, ha commentato Guerini.
Gli accordi messi a punto nel vertice hanno evidenziato la ferma volontà di Tripoli di mantenere uno stretto rapporto con l’Italia anche in campo militare, giustificata non solo dagli storici rapporti bilaterali ma anche dalla determinazione di una parte del GNA a mantenere interlocutori privilegiati che consentano di diversificare le alleanze anche in termini militari rispetto all’attuale stretta dipendenza dalla Turchia.
Del resto il ruolo militare di Ankara è stato da molti libici subito come una forzata necessità, indispensabile per fermare e respingere le forze del generale Khalifa Haftar dalla Tripolitania dopo che né l’Italia né altre potenze si erano rese disponibili a fornite a Tripoli gli aiuti militari richiesti.
In questo contesto le intese raggiunte ieri dal ministro Guerini sottolineano questo contesto: l’Italia rafforzerà la cooperazione nel settore dello sminamento e in prospettiva dell’addestramento delle forze del GNA ma dovrà trasferire l’ospedale e il contingente militare dall’aeroporto di Misurata ormai divento (come il porto) una base militare turca.
Fonti libiche avevano da tempo evidenziato le pressioni turche affinchè il contingente italiano (circa 220 militari tra i quali una cinquantina di sanitari) lasciasse l’area aeroportuale dell’ex Accademia Aeronautica libica e del resto la presenza militare italiana a Misurata era stata sempre osteggiata da quelle componenti politiche della “città-Stato” più legate alla Fratellanza Musulmana e ad Ankara.
Del resto la Turchia ha da tempo pesantemente militarizzato l’aeroporto più volte bombardato nei mesi scorsi dai droni di Haftar i cui ordigni sono spesso caduti vicino alle installazioni italiane.
Le forze di Ankara vi hanno schierato qualche centinaio di uomini droni Bayraktar TB-2 re Anka, aerei da trasporto e difese aeree composte da contromisure elettroniche anche anti-drone e batterie di missili antiaerei a medio raggio Hawk XXI (nella foto a lato) .
L’aeroporto di Misurata (nella foto sotto le postazioni antiaeree turche) è del resto lo scalo aereo più vicino all’attuale linea del fronte tra GNA e l’Esercito nazionale libico (LNA) di Haftar e hub per l’arrivo di armi, mezzi, munizioni e truppe insieme al porto della città in cui la Marina Turca sembra aver già istituito una propria base.
Attualmente i turchi in Libia schierano velivoli e difese antiaeree in tre aeroporti (Misurata, Mitiga-Tripoli e al-Watya) e sono presenti nei porti di Misurata e Abu Sitta (Tripoli), sede quest’ultimo non solo del presidente al-Sarraj ma anche della componente della Marina Militare italiana (Nave Pantelleria e una settantina di militari) che supporta e coordina le attività della Guardia costiera di Tripoli contro l’immigrazione illegale.
Una missione visitata ieri dal ministro Guerini e che non dovrebbe essere soggetta a modifiche, a meno che nel governo italiano non si impongano coloro che chiedono di stracciare l’accordo con Tripoli che in questi ultimi tre anni ha permesso di contenere i flussi illegali verso l’Italia.
A questo proposito è stata confermata ieri, nella bozza del “DL Agosto”, la cessione a titolo gratuito alla Guardia costiera libica di 2 motovedette da 27 metri classe Corrubia e di 2 vedette veloci V5000 già in dotazione alla Guardia di Finanza.
Tornando invece al contingente a Misurata fonti libiche hanno riferito ad Analisi Difesa che l’ospedale militare italiano resterà a Misurata ma verrà trasferito in un nuovo complesso in fase di ultimazione fuori città.
Una opzione che avrà pro e contro: renderà certo meno visibile il contingente italiano e meno esposto in caso di ripresa del conflitto in cui l’aeroporto (nella foto sotto) della città risulterebbe un bersaglio pagante per l’LNA ma al tempo stesso la distanza dal porto e dall’aeroporto rischiano di complicare eventuali operazioni di evacuazione rapida qualora la situazione sul terreno lo richiedesse. Attualmente la base italiana all’aeroporto è collegata al porto da una strada diretta lunga una dozzina di chilometri.
Recentemente era emersa la decisione congiunta di impiegare quella struttura sanitaria (schierata da Roma per curare i feriti misuratini nella battaglia di Sirte contro lo Stato Islamico ma da tempo a dir poco sotto utilizzata) per assistere i malati di Coronavirus in aumento in Libia e soprattutto nella zona di Misurata che il 4 agosto ha dichiarato lo stato d’emergenza sanitaria.
La cooperazione sanitaria è stata un tema centrale negli incontri di Guerini a Tripoli in cui è stato concordato di creare nella capitale un polo sanitario Il comunicato della Difesa precisa che “è prevista l’implementazione della collaborazione medico sanitaria, in aggiunta all’attività già esistente a Misurata – ospedale che verrà spostato in un’area più funzionale. Anche sul piano della formazione si è definito un nuovo piano di addestramento per cadetti, ufficiali e sottufficiali libici in Italia e in Libia, a partire dal nuovo anno accademico”.
Le nuove iniziative bilaterali ”riguardano anzitutto la conferma della collaborazione per l’attività di bonifica e sminamento degli ordigni, richiesta dalla Libia ai nostri specialisti”. Roma aveva già fornito in luglio ai militari del GNA kit di strumenti per il rilevamento e la bonifica di mine e IED (ordigni esplosivi improvvisati) ma ora è previsto che invii team di specialisti del Genio che coopereranno a ripulire i sobborghi occidentali e meridionali di Tripoli dove le forze dell’LNA hanno lasciato diversi ordigni impedendo così il ritorno in sicurezza di molti sfollati alle loro case.
Tra i temi al centro del colloquio col Premier libico anche la disponibilità libica a costituire un comitato misto come organo di governance di livello strategico della cooperazione militare: “L’istituzione di un comitato bilaterale per la cooperazione militare contribuirebbe a rafforzare ulteriormente il legame tra i nostri Paesi” ha dichiarato Guerini che dopo al-Sarraj ha incontrato anche il vice presidente Ahmed Maitig, il ministro degli Esteri Siala e il vice ministro della Difesa Salah al-Namroush.
Da quanto appreso nella visita si è parlato anche del ritorno delle aziende italiane sul territorio libico ma le fonti non hanno specificato se il riferimento fosse ai contratti con aziende italiane per la realizzazione di infrastrutture e la necessaria ricostruzione post bellica (settore dove molte aziende turche risultano già in “pole position”) o più nello specifico al ruolo di aziende italiane nel settore Aerospazio e Difesa per equipaggiare e ammodernare le forze di Tripoli.
Tutto sommato la visita del ministro Guerini registra un bilancio positivo: nonostante la dominante influenza politica e militare turca tesa a emarginarci, l’Italia mantiene una presenza militare a basso profilo nella sua ex colonia mettendo in cantiere interessanti sviluppi e rafforzamenti della cooperazione militare.
Foto Difesa.it, GNA, Google e Twitter