Algorithmic Warfare: utile (forse indispensabile) anche in caso di pandemia
Fino a qualche mese fa il concetto di Algorithmic Warfare era associato esclusivamente al dominio militare.
Si pensava che i futuri combattimenti sarebbero stati caratterizzati da una velocità decisamente superiore alla capacità umana di prendere decisioni. Risultando, però, del tutto inconcepibile uno scenario che vede i software attaccare gli uomini, e con una velocità di reazione misurabile in millisecondi, lo scenario più probabile che sembra delinearsi prevede algoritmi in lotta contro altri algoritmi. E, forse proprio per questa ragione, tutte le superpotenze mondiali da anni investono miliardi nell’applicazione dell’intelligenza artificiale per la realizzazione di armi autonome.
Pare, ora, che l’Algorithmic Warfare possa trovare un altro ambito di applicazione, divenendo elemento cardine anche nella lotta contro il Covid-19 e contro future pandemie.
È questo il punto principale della USA National Security Commission on Artificial Intelligence, che ha messo nero su bianco il valore delle tecnologie di AI, come strumenti utili per individuare e contenere le pandemie, supportare l’innovazione nella ricerca biologica e migliorare la capacità di “response & recovery”.
La Commissione da cui sono emerse queste considerazioni è stata costituita dal Congresso nel 2019 con l’obiettivo di indagare nuove tecnologie per scopi di difesa nazionale. Nello stesso report, gli esperti suggeriscono investimenti mirati ad aumentare la resilienza rispetto agli effetti di una futura pandemia, preservando un’adeguata capacità di reazione militare.
Come ad esempio il progetto Salus, attualmente in carico al Joint Artificial Intelligence Center, la cui vision è ben rappresentata dal motto “Trasformare il Dipartimento della Difesa attraverso l’Artificial Intelligence”.
L’obiettivo del progetto, iniziato nel marzo di quest’anno, usa l’AI per prevedere la carenza di beni di prima necessità come acqua, medicine e forniture utilizzabili nell’epicentro di una potenziale emergenza pandemica.
Si tratta di fondere e analizzare molte decine di flussi di dati, in parte organizzati in database, in parte di tipo non strutturato (come ad esempio un certificato medico, il referto di un’ecografia, una chiamata al 911, …), per poter reagire immediatamente garantendo presenza sanitaria, mascherine, farmaci, ecc.
In questo contesto non serve reagire in millisecondi, ma assicurare comunque una reattività appropriata per affrontare gli avvenimenti, come purtroppo molto spesso non si è verificato nel caso del Covid-19.
La battaglia contro il Covid-19 ha oramai assunto le dimensioni di una vera e propria guerra globale. Un’emergenza non solo sanitaria ma anche di difesa nazionale. Un contesto dove occorre quindi valutare anche l’impiego di metodologie e tecnologie proprie del dominio militare, come l’Algorithmic Warfare.
I software, però, da soli non bastano: serve capacità di supercalcolo, (tanta) cyber sicurezza, ma soprattutto una cultura pronta ad accogliere l’innovazione tecnologica e capace di saper ascoltare, comprendere e valutare i segnali di allarme generati dall’intelligenza artificiale.
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