La strage del 2 agosto
L’orologio è ancora lì, fermo sull’ora dell’Apocalisse. Alle 10,25 del 2 agosto 1980, un sabato di sole, mentre l’Italia va in vacanza con il sorriso sulle labbra, una bomba fa esplodere la stazione di Bologna.
E’ la più grande strage del Dopoguerra in Italia, in quel periodo già devastata dal terrorismo, al centro della strategia della tensione e degli anni di piombo: muoiono 85 persone e 200 rimangono ferite. Le indagini partono a senso unico, verso la bomba di matrice neofascista, replay di precedenti fatti analoghi.
La verità giudiziaria, in un’altalena di svariati processi, certifica la condanna all’ergastolo per Valerio Fioravanti e la sua compagna Francesca Mambro, la coppia ‘Bonnie and Clyde’ dei NAR, e per Gilberto Cavallini, a 30 anni per Luigi Ciavardini. Il quinto uomo, in attesa di giudizio dopo 40 anni, è Paolo Bellini, ex primula nera. Ma la condanna di Mambro e Fioravanti divide ancora, non convince da più parti, anche a sinistra, è considerata piena di lacune.
Intorno allo scenario della strage si muovono personaggi ambigui, depistatori e servizi segreti, affiora piena di misteri e indizi la pista alternativa dei terroristi palestinesi indicata dai nostri 007, ma non presa per buona dalla magistratura.
E i mandanti di Fioravanti e Mambro? Secondo un’ultima inchiesta innescata dall’Associazione familiari delle vittime, sono quattro deceduti, fra cui Licio Gelli capo della P2. I palestinesi, che collaboravano con Brigatisti rossi e terroristi di Carlos “lo sciacallo”, finanziati dalla Germania dell’Est, avevano avvertito: faremo attentati in Italia.
Perchè, dicono i servizi segreti e le conclusioni della Commissione Mitrokhin, l’Italia non rispettò il Lodo Moro, patto che prevedeva libera circolazione di armi e membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) in Italia. Un romanzo criminale, fra trame e ombre, che non ha ancora la parola fine raccontato nel libro “La strage del 2 agosto”, di Beppe Boni (Edizioni Minerva)
l libro contiene, anche alcuni aspetti meritevoli di un maggiore approfondimento da parte dei magistrati che hanno indagato negli anni sulla strage di Bologna e inediti per l’opinione pubblica. Ci sono, per esempio, sei cablogrammi spediti da Beirut nel 1980 dal colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone, nome in codice “Maestro”, capo dei nostri servizi segreti in Libano.
Sono parte dei documenti che il Governo mantiene secretati e che non vuole rendere accessibili. Nei messaggi Giovannone riporta gli avvertimenti e le minacce del Fronte per la liberazione della Palestina che annuncia attentati in Italia anche con vittime innocenti.
Nel 1979 viene arrestato per un traffico di armi il guerrigliero Abu Saleh, referente italiano del FPLP e da allora cominciano gli avvertimenti. Curiosa coincidenza: nel libro è riportato anche l’interrogatorio del magistrato Aldo Gentile che ad un collega riferisce a verbale che anche dopo la scarcerazione Saleh era tornato a Bologna e conosceva diversi magistrati che indagavano o avevano indagato sulla Strage della stazione, Gentile stesso compreso, che incontrava al bar di via delle Tovaglie accanto al Tribunale.
Li controllava? Cercava di carpire informazioni? Nel libro si svela per la prima volta anche la circostanza di un testimone toscano che sostiene di aver riconosciuto mentre si allontanava frettolosamente dalla stazione prima dello scoppio (tutto nei verbali raccolti dalla Digos di Bari) Maurizio Folini, nome in codice “Corto Maltese”, elemento vicino al terrorismo di sinistra e arrestato anche nel 1987 e definito “l’armiere del terrorismo europeo”.
Era anche in possesso di un lasciapassare dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) con cui teneva rapporti strettissimi. E’ stato mai cercato “Corto Maltese”? Coincidenze?
Dalle pagine emerge pure la storia di Thomas Kram, presente a Bologna nei giorni della strage, elemento del gruppo terroristico di estrema sinistra Separat in collegamento con Carlos lo Sciacallo e i servizi segreti dell’Est.
Circostanze che emergono anche dagli atti della commissione Mitrokhin che svelò i rapporti fra Kgb sovietico, terroristi di sinistra in Italia e informatori nascosti nelle pieghe della società civile italiana. Dunque accanto alla sentenza corrono ancora oggi mille dubbi mentre rimane aperta e in via di definizione l’inchiesta sui presunti mandanti, sostenuta con forza dall’Associazione familiari delle vittime che ha collaborato fornendo documenti ai magistrati: Licio Gelli, il suo vice Umberto Ortolani, il senatore dell’MSI Mario Tedeschi e il capo dell’Ufficio affari riservati del Ministero degli Interni.
Non si possono difendere, sono tutti già morti. Restano nel fascicolo giudiziario solo alcuni imputati di reati minori, fra cui un ex agente dei servizi segreti oggi 90enne. Il libro contiene, infine, alcune toccanti testimonianze come quella del taxista che si salvò dall’esplosione per un viaggio durato pochi minuti, e del conducente dell’autobus 37 che trasportò per tutto l giorno i morti alla medicina legale fra due ali di folla silenziosa.
Attraverso un minuzioso lavoro di ricostruzione, Boni porta il lettore dentro lo scenario della strage, in cui si muovono personaggi ambigui, depistatori e servizi segreti, corroborando la sua narrazione con documenti mai pubblicati e riprendendo anche le fila della cosiddetta ‘pista palestinese’. Boni parla anche dei nostri giorni, illustrando la recente inchiesta sui mandanti della Procura generale di Bologna che si sostanzierà in autunno in un nuovo processo.
“Dopo 40 anni in cui la verità giudiziaria su questa vicenda fa ancora discutere e restano tantissimi aspetti irrisolti – ha spiegato Boni all’AdnKronos in occasione dell’uscita del libro -valeva la pena di raccontare questa storia con gli aspetti in penombra, i misteri e i depistaggi che l’hanno caratterizzata, ma anche attraverso le testimonianze dei familiari e di altri protagonisti”. “Ho voluto fare il punto, a 40 anni dalla strage – aggiunge -, sugli aspetti non chiariti e sull’ultima parte di una vicenda ancora aperta, come è successo per tante stragi avvenute in Italia, per le quali la verità non è stata ancora definita”.
Beppe Boni, è nato a Castelfranco Emilia nel 1957, a metà strada fra Modena e Bologna, nello stesso anno in cui Carosello debuttava in televisione e la Fiat 500 diventava la mini diva delle strade italiane.
È condirettore di Carlino.it e de “Il Resto del Carlino” di Bologna, dove ha trascorso gran parte della carriera. Nel percorso professionale ha salito tutti i gradini. Prima cronista di nera e giudiziaria, antica passione, poi vice-caposervizio, capocronista della cronaca di Bologna, caporedattore, caporedattore centrale e vicedirettore.
Ha diretto due volte “Cavallo Magazine”, rivista dello stesso gruppo editoriale. Ha anche collaborato negli anni scorsi con l’Agenzia giornalistica Ansa e il “Corriere della Sera”. I primi passi nel giornalismo li ha mossi al “Giornale” diretto da Indro Montanelli, dove ha cominciato come professionista.
La strage del 2 agosto
di Beppe Boni
Editore: Minerva Edizioni (Bologna)
Collana: Clessidra
Data di Pubblicazione: luglio 2020
EAN: 9788833242842
ISBN: 8833242846
Euro 9,90