Pyongyang possiede tra 15 e 60 ordigni nucleari e 650 missili balistici
La Corea del Nord ha nel suo arsenale 15-60 testate nucleari e circa 650 missili balistici per la gran parte a breve e medio raggio, cioè in grado di colpire la Corea del Sud, la Cina Orientale e il Giappone. La stima aggiornata del potenziale missilistico di Pyongyang è, contenuta nell’ultimo rapporto dell’Institute for National Strategic Studies, ente di ricerca affiliato alla National Defense University di Washington.
In giugno, lo Stockholm International Peace Research Institute calcolava in 30-40 gli ordigni atomici posseduti dal regime di Kim Jong-un: nel 2019 il loro numero si aggirava tra i 20 e i 30. Tale incremento, confermato in sostanza dai numeri dell’INSS dimostra che la moratoria sugli esperimenti nucleari e i test balistici, decretata in modo unilaterale da Pyongyang lo scorso anno nel quadro dei negoziati con l’amministrazione Trump, non ha arrestato le ambizioni militari strategiche nordcoreane.
Il 10 ottobre durante la parata militare per celebrare il 75° anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori, al potere nel Nord dalla fine della Seconda guerra mondiale, i militari di Pyongyang hanno svelato un nuovo missile intercontinentale.
Per Seul esso può montare testate multiple, con una carica esplosiva superiore rispetto al passato. Nel 2017, Pyongyang ha testato l’Hwasong-15, sulla carta capace di colpire il territorio continentale degli Usa e l’Europa occidentale.
La Corea del Nord è isolata dalla comunità internazionale (tranne che dalla Cina e in parte dalla Russia), e sottoposta da anni a sanzioni internazionali per il suo programma nucleare e missilistico. Secondo l’Inss, essa fa ricorso alla vendita di armi e di tecnologia missilistica per finanziare le proprie spese militari. I principali destinatari di questi trasferimenti sono Iran, Sudan e i ribelli Houthi – alleati di Teheran in chiave anti-saudita – nello Yemen.
Altre fonti di finanziamento sono la contraffazione di valuta estera e il traffico di narcotici, che per i ricercatori dell’Inss fanno di Pyongyang più un’impresa “quasi criminale” che un legittimo Stato-nazione.
Per rimpolpare le casse del regime, Kim continua ad autorizzare inoltre cyber-attacchi contro istituzioni finanziarie di altri Paesi. Il caso più eclatante si è avuto nel 2016, quando i pirati informatici del Nord sono riusciti a rubare 81 milioni di dollari dalla Banca centrale del Bangladesh.
Fonte: AsiaNews
Foto KCNA