Soldato di ventura
Soldato di ventura è la storia di un mercenario e dei due anni trascorsi nell’inferno della guerra civile angolana. Una testimonianza, il racconto di un pezzo di vita, ma anche un diario di guerra, una confessione senza pentimento dovuta soprattutto a sè stesso. Soldato di Ventura, il libro di Flavio Andreon, curato da Alberto Palladino è la storia di due anni passati in Angola durante uno dei più sanguinosi conflitti della “guerra fredda”.
Attraverso le pagine del racconto ci si addentra nell’anima di un soldato, di un volontario, di un mercenario. Uno di quelli che, commenta Alberto Palladino, si sono trovati precipitati in una terra non loro, portatori di una lucifera fiaccola di guerra.
Si percorrono con lui i sentieri lussureggianti e spietati dell’Africa e con lui viviamo le ansie, i dubbi, le speranze di una vita sospesa. Introdotto da Franco Nerozzi, il libro di Andreon fa vivere al lettore ansie, dubbi e speranze di una vita sospesa.
Alcuni brani dal libro
Entrammo all’alba. Quella è l’ora per attaccare, quando il sonno ottenebra i sensi dei difensori. Ci muovemmo piano, senza rumore, senza paura, pervasi soltanto da un freddo senso di abbandono. Sapevamo di essere tutti segnati dal destino che ci eravamo scelti. Gli sguardi erano rivolti solo a recepire gli ordini, da questo dipendeva la nostra vita, dalla volontà di attaccare e di combattere. Non pensavamo ad altro.
C’era una vaga coscienza del fatto che ci sarebbero stati dei morti e dei sopravvissuti: provenivamo tutti da esperienze forti, eravamo consapevoli, avevamo ricevuto un addestramento adeguato, ma quello che alcuni di noi non sapevamo, io compreso, era la realtà delle cose che avremmo dovuto affrontare.
Nella luce incerta i colori si confondevano creando un senso di irrealtà: me l’avevano detto di mantenere la lucidità, perché solo questa ti salva.
Non è facile farlo in un contesto che ti è assolutamente estraneo e, se l’ambiente che ti circonda è anche affascinante e bellissimo, tutto diviene ancora più difficile. Poi te ne sbatti del panorama, pensi solo a salvarti il culo: impari in fretta. Questo non è un romanzo d’avventura, questa è la testimonianza di un passato che ha toccato profondamente uomini e donne che non necessitano una rievocazione personale: sono nati e sono morti.
Anche chi è sopravvissuto è comunque morto, morto dentro. La morte è un modo di comprendere la nostra condizione e a volte non è così terribile come si immagina, può essere una buona soluzione alle tue sofferenze; c’è chi l’ha invocata e io l’ho visto, l’ho «sentito» e, se ho potuto, ho esaudito il desiderio di chi me la chiedeva. Perché la morte molto spesso è solo pietà.
……………….
Il comando era dislocato in un ex albergo, probabilmente il bar in quel momento era ancora pieno. In quella disgraziata nazione erano presenti forze provenienti da diversi Paesi. Si giocava la solita partita Est contro Ovest. Russia contro America. Petrolio e diamanti contro miseria e fame. C’erano i cubani, i filippini, gli inglesi e naturalmente i mercenari. Da ogni dove. C’erano anche russi e americani, ma non ufficialmente.
Io, per esempio, trovai ad accogliermi anche un ufficiale americano, lo capii anche se non portava la divisa regolamentare. Erano inoltre presenti tre comandanti di brigata mercenari. Mi fecero accomodare e molto gentilmente mi offrirono da bere. Accettai immediatamente.
Dopo qualche domanda di rito, l’americano mi spiegò perché mi trovavo lì. Disse che mi ero distinto nella mia prima azione. Quello che contava non era tanto il cecchino eliminato, quanto l’essersi reso conto della presenza e della posizione del nemico appostato prima che potesse riuscire a nuocerci, il fatto di aver correttamente lanciato l’allarme e l’essermi subito diretto verso la minaccia per neutralizzarla. Questo comportamento mi valse la proposta di un cambio di ruolo e di consistenza del soldo. Il passaggio a un’unità d’élite, così la definirono.
In realtà si trattava della merda peggiore che un soldato si potesse immaginare. Denominata Hunters, cacciatori, aveva fra i compiti ordinari la perlustrazione e l’individuazione del nemico e delle sue postazioni, il tutto operato con piccole squadre da una ventina di elementi al massimo. All’inizio mi sembrò una promozione sul campo e pensando di aver già fatto carriera accettai con entusiasmo, ma dopo un quarto d’ora già mi assalivano i primi dubbi. L’americano, che se la cavava bene con più di una lingua incluso l’italiano, mi spiegò chiaramente cosa mi aspettava e cosa si aspettava da me.
Flavio Andreon
A cura di Alberto Palladino
Introduzione di Franco Nerozzi
Soldato di ventura
Euro 23