La fine dell’Operation Barkhane: Parigi inizia il ritiro dal Sahel
Il 10 giugno il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato la fine dell’operazione Barkhane, il dispiegamento militare che vede 5.100 militari transalpini e meno di 500 europei schierati nel Sahel a contrasto dell’insurrezione jihadista che colpisce soprattutto Niger, Malì, Ciad e Burkina Faso, dove nei giorni scorsi sono stati massacrati dalle milizie islamiste 138 civili.
“Concluse le consultazioni, cominceremo una trasformazione profonda della nostra presenza militare in Sahel” ha detto il presidente francese in conferenza stampa, comunicando la “fine dell’operazione Barkhane” e l’avvio di una “alleanza internazionale che associ gli Stati della regione”. Sempre più impopolare a causa degli elevati costi finanziari (oltre un miliardo di euro annuo) e dei 55 caduti tra le fila francesi, l’Operation Barkhane sembrava già nell’autunno scorso in fase di riduzione con il ritiro dei 600 rinforzi inviati nel 2020.
A indurre Macron a chiudere l’operazione ha contribuito la morte del presidente del Ciad, Idriss Deby, nei combattimenti contro i ribelli (ma ancora tutta da chiarire) e l’ultimo colpo di stato militare in Malì che ha visto la nuova giunta aprire a negoziati con le milizie jihadiste.
Negoziati inaccettabili per Parigi che ha sospeso la cooperazione militare con Bamako: per riprenderla, ha avvertito Macron, sarà necessario un “chiaro” impegno da parte delle autorità di transizione maliane a non dialogare con i jihadisti.
“La Francia interrompe le operazioni militari congiunte con l’esercito maliano, così come le missioni nazionali di consulenza” sono stati pertanto ritirati “tutti gli ufficiali di pianificazione e programmazione dallo staff delle forze armate maliane, nonché gli ufficiali di collegamento nell’esercito e nell’intelligence”.
Lo stop alla cooperazione militare con Bamako potrebbe presto coinvolgere anche la missione di addestramento dell’uni9ne Europea, EUTM-Malì, in cui operano anche una dozzina di militari italiani.
Inoltre nella decisione sofferta annunciata da Macron pesa non poco il mancato coinvolgimento dei paesi Ue che alle richieste di aiuto francese per la guerra ai jihadisti nel Sahel hanno risposto solo con poche truppe (e spesso con regole d’ingaggio “non combat”), un pugno di elicotteri e qualche elemento di supporto logistico.
Resterà l’Operazione Takuba, concepita per integrare forze speciali europee alle dipendenze di Barlkhane e che schiera in Malì 600 militari (300 francesi, 140 svedesi e 60 tra estoni e cechi) cui si stanno aggiungendo 200 italiani, mentre sono attesi contributi da Danimarca, Grecia, l’Ungheria e Serbia.
La Task Force Takuba è chiamata ad operare in un’area individuata ad est del fiume Niger, nella cosiddetta zona dei ”tre confini” (Mali, Niger, Burkina Faso), chiamata Liptako-Gourma con una vocazione improntata a “fare interventi strettamente legati alla lotta al terrorismo”, come ha detto Macron ringraziando i Paesi europei che partecipano a Takuba e che “accettano di condividere il rischio di sacrificio dei nostri soldati”.
Macron ha dichiarato che l’accento in futuro verrà posto sulle “forze speciali strutturate intorno alla Task Force Takuba, per cui saranno ancora mobilitate “diverse centinaia di soldati” francesi.
Anche ammesso che Takuba sopravviva davvero alla fine di Barkhane e alla crisi in Malì, le operazioni delle forze speciali possono fornire valore aggiunto alle operazioni delle forze locali africane ma non certo sostituire un robusto contingente europeo.
Per questo la fine di Barkhane nata nell’agosto 2014, un anno e mezzo dopo l’avvio delle operazioni francesi in Malì (Operaton Serval, nel gennaio 2013) costituisce un fallimento non solo per la Francia ma per tutta l’Europa.
Fallimento politico ma soprattutto militare: Impensabile che una Ue che schiera oltre 1,5 milioni di militari non sia stata in grado di schierane più di qualche centinaio in appoggio ai francesi che da soli non sono stati in grado, nonostante i molti successi, di ristabilire il controllo almeno parziale di quei territori scoraggiando i governi locali ad aprire al dialogo con i jihadisti.
Specie tenuto conto che si tratta di un conflitto a bassa intensità: tra Malì, Niger e Burkina Faso nel 2020 i civili uccisi sono stati 2.248, 400 in più dell’anno precedente.
“Non credo che possiamo sostituirci ai popoli sovrani nel costruire un posto per loro”, ha dichiarato il presidente francese aggiungendo riguardo al governo del Malì che “non possiamo sopportare l’ambiguità, non possiamo condurre operazioni congiunte con poteri che decidono di dialogare con gruppi che sparano sui nostri ragazzi”. Macron ha affermato che Barlkhane verrà sostituita da un’alleanza che vede “associati gli Stati della regione” (il cosiddetto G5 Sahel) ma non ha fornito dettagli circa i tempi e l’entità del ritiro militare e le basi che verranno chiuse.
L’operazione Barkhane si conclude comunque con un successo, almeno simbolico. Dopo l’uccisione lo scorso anno del leader di al-Qaeda nel Maghreb Islamico, Abdelmalek Droukdel e di centinaia di miliziani solo negli ultimi mesi, il comando militare francese ha annunciato di aver ucciso un leader di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim) ritenuto responsabile del rapimento e dell’uccisione, nel 2013, di due giornalisti francesi di Radio France Internationale (Rfi). Lo ha riferito l’11 giugno il ministro della Difesa francese, Florence Parly.
Il 5 giugno i militari hanno rilevato la preparazione di un attacco terroristico ad Aguelhok, nel Nord del Mali” e “hanno ucciso quattro terroristi”, tra cui “Baye ag Bakabo, leader di Aqim e responsabile del rapimento dei nostri concittadini” Ghislaine Dupont e Claude Verlon, ha detto il ministro. I due giornalisti francesi vennero rapiti il 2 novembre 2013 mentre stavano realizzando un reportage nei pressi di Kidal, pochi mesi dopo l’intervento francese nel Paese contro i jihadisti pronti a marciare su Bamako. I loro corpi vennero ritrovati poche ore dopo a una decina di chilometri di distanza, e il 6 novembre Aqim rivendicò la loro uccisione.
Il ministro Parly ha aggiunto che Parigi accompagnerà l’evoluzione della forza militare europea Takuba “affinchè possa svolgere un ruolo sempre più importante”.
Foto: Ministero delle Forze Armate francese