La difficile posizione del Vietnam tra intese militari con gli USA ed economiche con la Cina
Da alcuni anni Vietnam e Stati Uniti hanno stretto la partnership nel campo della Difesa e Sicurezza. Navi da guerra americane in visita nei porti vietnamiti, (USS Carl Vinson nel 2018 e dalla USS Theodore Roosevelt nel 2020) le marine di entrambi i paesi che si esercitano insieme e Washington che equipaggia e addestra la guardia costiera di Hanoi per proteggere i suoi interessi economici nel conteso Mar Cinese Meridionale contro l’invasione cinese, sono segnali di una collaborazione sempre più vistosa tra i due paesi.
Secondo quanto riportato dal Dipartimento di Stato americano, gli Stati Uniti e il Vietnam sono impegnati a rafforzare la cooperazione in materia di difesa, come delineato nel Memorandum of Understanding (MoU) sull’avanzamento della cooperazione bilaterale in materia di difesa del 2011 e nella Joint Vision Statement USA-Vietnam, firmata nel 2015. Gli Stati Uniti hanno trasferito in Vietnam 2 cutter della Guardia Costiera classe Hamilton nel 2017 e nel 2020 per contribuire a migliorare le capacità del Vietnam nell’applicazione della legge marittima.
Il rafforzamento delle relazioni tra Stati Uniti e Vietnam arriva nel 2014 dopo le proteste di Hanoi contro le azioni della Cina che aveva collocato un impianto di trivellazione nelle acque vicino alle isole Paracel, rivendicate dal Vietnam, evento che aveva scatenato rivolte anti-cinesi nel Paese.
Questo avvenimento, insieme al build-up della Cina nel Mar Cinese Meridionale, aveva portato alla revoca da parte degli Stati Uniti delle sanzioni al Vietnam: evento importante che ha permesso la ripartenza dei rapporti tra due Paesi, chiudendo così uno dei capitoli più oscuri della politica estera americana.
La Cina rivendica il Mar Cinese Meridionale quasi nella sua interezza considerando la regione come la sua sfera di influenza e Hanoi ha impresso un’accelerata decisiva alla diversificazione militare orientando il Paese a una cooperazione proprio con gli Stati Uniti allo scopo di proteggere i propri interessi costieri dall’aggressività cinese.
Il Vietnam, alla crescente pressione della Cina, si era rivolto anche alla Russia per una significativa modernizzazione navale e aerea e migliorare la sua postura militare nella regione. Il Vietnam aveva acquisito 6 sottomarini avanzati della classe Kilo insieme a fregate della classe Gepard e aerei da combattimento Sukhoi Su-30 per rafforzare la deterrenza.
L’attuale situazione ha portato Hanoi ad approfondire anche la cooperazione con l’India e con Tokyo. I ministri di Giappone e Vietnam, durante un colloquio, avvenuto nei primi giorni del mese di settembre scorso, hanno scambiato opinioni sull’attuale situazione della sicurezza regionale, compreso il Mar Cinese Orientale e il Mar Cinese Meridionale.
Hanno confermato l’importanza che Giappone e Vietnam lavorino insieme per sostenere l’ordine internazionale esistente basato sullo stato di diritto, riconfermando l’importanza della libertà di navigazione e di sorvolo.
Il ministro giapponese Kishi ha affermato che è importante sostenere e rafforzare un “Indo-Pacifico libero e aperto” (FOIP), e ha dichiarato la sua intenzione di rafforzare, all’interno della comunità internazionale, una forte opposizione a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo con la coercizione o qualsiasi attività che esalti le tensioni. Il ministro giapponese ha espresso serie preoccupazioni per la nuova legge sulla guardia costiera cinese.
La legge autorizza la Guardia Costiera Cinese ad adottare tutte le misure necessarie, compreso l’uso di armi, quando la sovranità nazionale, i diritti sovrani e la giurisdizione vengono violati illegalmente da organizzazioni e individui stranieri in mare, o si trovano a fronteggiare un pericolo imminente a causa di violazione illegale. Autorizza inoltre il CCG a demolire costruzioni, strutture e vari dispositivi fissi o galleggianti di organizzazioni e individui stranieri situati “nelle aree di mare e nelle isole sotto la nostra giurisdizione”, stabiliti senza il permesso di Pechino.
Lo scorso anno un peschereccio vietnamita è affondato dopo essere stato speronato da una nave della guardia costiera cinese e gli attriti sono tornati attuali.
Della stessa opinione anche Filippine e Vietnam, che qualche tempo fa hanno accusato Pechino di violare le convenzioni internazionali
Hanoi ha finora sempre adottato una politica dei “Quattro No“, secondo cui non avrà alleanze militari, basi militari straniere sul suo territorio, nessun allineamento con alcun paese per contrastarne un altro e nessuna forza o minaccia di usare la forza nelle relazioni internazionali.
Cina e Vietnam condividono un confine di circa 1.300 km, nel 1991 i due paesi hanno normalizzato le relazioni bilaterali, il commercio bilaterale è cresciuto notevolmente e la Cina è il principale partner commerciale del Vietnam dal 2004 e principale fonte di importazioni.
Il governo vietnamita, nel suo libro bianco sulla difesa del dicembre 2019, ha affermato che a seconda delle circostanze e delle condizioni specifiche, il Vietnam prenderà in considerazione lo sviluppo di relazioni militari e di difesa necessarie e appropriate con altri paesi. Pechino ne ha preso atto.
Diplomatici cinesi, funzionari governativi e analisti sottolineano spesso il potenziale di cooperazione tra Cina e Vietnam e chiedono ad Hanoi di attenersi alla sua dottrina dei Quattro No.
A giugno, il ministro del commercio cinese aveva delineato i vantaggi del rafforzamento degli scambi economici tra i due paesi. A Pechino piace anche descrivere i partiti comunisti al governo nei rispettivi paesi come partner naturali che condividono valori ideologici e alla ricerca di eventuali schemi statunitensi per fomentare il cambio di regime.
Recentemente, il Vietnam ha deciso di accettare i vaccini Sinopharm per alleviare i problemi di Ho Chi Minh City. La pandemia offre a Pechino l’opportunità di stringere legami con un vicino strategicamente importante. La Cina ha annunciato donazioni di 5,7 milioni di dosi del suo vaccino Sinopharm.
I vietnamiti sono più scettici nei confronti della Cina di qualsiasi altra nazione del sud-est asiatico e le loro preoccupazioni si starebbero intensificando. In un sondaggio pubblicato all’inizio di quest’anno, il 90% dei vietnamiti ha affermato di essere preoccupato per la crescente influenza economica della Cina, la più alta tra tutti i paesi della regione.
Dal punto di vista economico, il deficit commerciale del Vietnam con la Cina nei primi otto mesi dell’anno è stato di 39 miliardi di dollari, ovvero 3,8 miliardi di dollari in più rispetto allo scorso anno.
Le esportazioni del Vietnam nel paese sono aumentate del 22 percento a 33,5 miliardi di dollari, il 16 percento delle sue esportazioni totali. La Cina è rimasta la principale fonte di importazioni, principalmente macchinari e attrezzature, telefoni e componenti e materie prime per l’industria tessile, cresciuta del 47% (a 72,5 miliardi di dollari).
L’anno scorso, il Vietnam è stato il sesto partner commerciale della Cina e il quinto mercato di esportazione. La struttura del commercio bilaterale, tuttavia, rivela la sostanziale dipendenza del Vietnam dalla Cina.
Per non parlare del turismo, dei 18 milioni di turisti in Vietnam nell’anno pre-COVID 5,8 milioni erano cinesi. Naturalmente i politici vietnamiti la vedono come una vulnerabilità della sicurezza soprattutto a causa delle crescenti controversie tra i due paesi.
Pechino, oltre a difendere i propri interessi nel Mar Cinese, è sempre più determinato a spingere il Vietnam al mantenimento della neutralità, impedendogli di essere troppo vicino a Stati Uniti e Giappone, con politiche di avvicinamento o eventuali/possibili nuove tensioni nel breve periodo.
Hanoi, da parte sua, starebbe chiaramente lasciando la porta aperta all’approfondimento delle relazioni di sicurezza con gli Stati Uniti, ma è consapevole del fatto che il suo futuro è legato alle relazioni pacifiche con Pechino. Una situazione non affatto facile per Hanoi.