Mali: il “cordone sanitario” di Macron e il battesimo del fuoco del Gruppo Wagner
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato il sostegno della Francia alle nuove sanzioni decise dalla Comunità’ economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) nei confronti del Mali e che su aggiungono a quelle poste dall’Unione Europea dopo l’arrivo a Bamako di personale militare russo, militari e contractors del Gruppo Wagner, per aiutare il governo militare a contrastare l’insurrezione jihadista.
Il governo di transizione maliano ha definito il 10 gennaio “illegittime ed illegali” le sanzioni adottate dai vertici dell’Ecowas e dell’Unione economica e monetaria ovest africana (Uemoa), minacciando di non partecipare più alle attività di entrambi gli organismi.
Le sanzioni sono la risposta al posticipo di ben cinque anni delle elezioni annunciato dal governo maliano ma è evidente che Parigi e la Ue sostengono ogni forma di pressione politica ed economica per evitare che l’influenza russa si consolidi anche nel Sahel dopo la Libia e la Repubblica Centrafricana.
Oltre alla chiusura dei confini e all’embargo commerciale, Ecowas ha stabilito anche di tagliare gli aiuti finanziari al Mali e di congelarne i beni alla Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale. Il governo ad interim di Bamako ha dichiarato che “svilupperà un piano di risposta per salvaguardare la nostra sovranità e preservare l’integrità del nostro territorio nazionale”-
Macron aveva annullato la visita Bamako, prevista per lo scorso 20-21 dicembre, rinunciando al colloquio con il leader della giunta militare, il colonnello Assimi Goita. Il viaggio è stato annullato ufficialmente a causa della pandemia, ma, come ha scritto il quotidiano Le Monde, anche il “rischio politico di un incontro con un leader non eletto ha pesato sul piatto della bilancia” considerato che Macron si trova in piena campagna elettorale per la riconferma all’Eliseo in vista del voto di maggio.
Le relazioni tra Parigi e Bamako sono sempre più tese da quando nell’agosto 2020 il colonnello golpista Goita e i suoi uomini hanno preso il potere in Mali, ipotecando il corso della transizione politica verso un potere democratico. Pesa però anche il progressivo ritiro delle truppe francesi dell’Operation Barkhane che hanno già evacuato tre basi nel nord del paese africano (Kidal, Tessalit e Timbuctu sono state consegnate all’esercito maliano a metà dicembre mentre i militari di Parigi sono ancora presenti al centro del Mali) dove più forte è la presenza delle milizie di al-Qaeda (Gruppo di sostegno dell’islam e dei musulmani) e Stato Islamico.
Motivo che ha incoraggiato Bamako a rivolgersi a Mosca per ottenere aiuti nella lotta al terrorismo. Il Mali ha cercato e ottenuto appoggio da Mosca poiché valuta un grave pericolo la conclusione dell’Operazione Barkhane, che vedrà ridursi il numero di militari francesi in tutti i cinque stati del Sahel da 5.100 a 3mila militari,
Il 4 gennaio il direttore del dipartimento Africa del ministero degli Esteri russo, Vsevolod Tkachenko, in un’intervista all’agenzia di stampa “Ria Novosti ha dichiarato che i contatti delle autorità maliane con società private russe che forniscono servizi nel campo della sicurezza rappresentano un diritto sovrano del governo di Bamako.
Il 7 gennaio al-Jazeera e Radio France Internationale hanno dato notizia della presenza di decine di militari russi nella base di Timbuctù, abbandonata dalle truppe francesi.
Il portavoce dell’Esercito Maliano ha affermato che i soldati di Mosca presenti a Timbuctù sono degli istruttori giunti nell’ambito di un accordo di cooperazione bilaterale col compito principale di addestrare le unità locali a impiegare gli equipaggiamenti consegnati da Mosca.
Gli istruttori russi sarebbero consiglieri militari, non i contractors del Gruppo Wagner la cui presenza e attività in Mali non sono mai state confermate dal governo di Bamako (Mosca lo ha fatto implicitamente) ma alcune fonti hanno riferito di circa 300 uomini già presenti a nord della capitale.
Di certo negli ultimi mesi si sono intensificati i voli tra Mosca e Bamako con scali intermedi nella base russa di Siria di Hmeymim e nella Cirenaica libica dove alcuni aeroporti militari sono presidiati dai contractors russi che affiancano l’esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar.
Il personale del Gruppo Wagner avrebbe già sostenuto il battesimo del fuoco in Mali quando, il 5 gennaio, un convoglio delle forze armate maliane scortato dai contractors russi è stato attaccato da ribelli islamici nel centro del Paese.
Secondo France 24, l’attacco è avvenuto tra Bandiagara e Bankass, due località situate a sud di Mopti, nel centro del Paese. Secondo quanto riferito, uno dei veicoli blindati è saltato contro un ordigno esplosivo improvvisato (IED) prima che scoppiasse un violento scontro a fuoco. Il bilancio è incerto. Secondo quanto riferito, un membro di Wagner è stato ferito e portato all’ospedale di Sévaré.
La “Katiba Macina” attiva in questa regione e guidata da Amadoun Koufa, predicatore Fulani, fa parte del GSIM.
Testimoni affermano di aver visto unità maliane accompagnate da uomini bianchi in uniforme schierarsi da Bamako al centro del Paese nei giorni scorsi. Fonti francesi affermano che in Mali sono arrivati dai 300 ai 400 “mercenari russi.”
Scontri si registrano anche nel vicino Burkina Faso dove 11 persone sono morte e un’altra è rimasta ferita il 5 gennaio in un attentato avvenuto in un villaggio della provincia centrosettentrionale di Sanmatenga.
Lo ha reso noto il governatore, Casimir Segeda, precisando che nell’attacco sono stati incendiati diversi edifici. Tra il 25 novembre e il 9 dicembre scorsi operazioni congiunte tra gli eserciti di Ouagadougou e Niamey hanno portato all’uccisione di un centinaio di miliziani e di catturarne una ventina.
Il 1° gennaio una trentina di miliziani sono stati uccisi a Gomboro, nella provincia settentrionale di Sourou, al confine con il Mali nel contrattacco sferrato dalle forze governative in risposta a due incursioni dei miliziani del GSIM contro due caserme di esercito e gendarmeria che hanno provocato il ferimento di 11 militari. Lo stesso giorno i miliziani hanno bombardato con razzi e mortai la base di Djibo nella provincia di Soum senza causare vittime o danni.
Foto: Twitter, Eliseo e ministeri della Difesa di Francia, Burkina Faso e Mali