Esercito: la Forza Armata ha urgente bisogno di un grande programma di ammodernamento
Di Fabrizio Scarinci
Roma. Nel corso degli ultimi decenni, il fatto di aver speso cifre inadeguate nel campo della Difesa ha certamente avuto effetti negativi su tutte le componenti del nostro apparato militare, che, in numerose occasioni, si sono viste costrette a rallentare (e, in qualche caso, anche a ridimensionare) diversi progetti volti alla loro modernizzazione.
In tale contesto, la Forza Armata che risulta maggiormente danneggiata è senza dubbio l’Esercito, dato che, se Marina e Aeronautica (pur con le loro non trascurabili difficoltà) hanno comunque potuto beneficiare di importanti programmi nazionali ed internazionali inerenti lo sviluppo e l’acquisizione di nuovi mezzi, le nostre forze terrestri non hanno avuto neppure questa possibilità; o, per lo meno, sembrerebbero averla avuta in misura molto più limitata, andando incontro ad una situazione di vera e propria emergenza che necessita ora di essere affrontata nel modo più rapido ed efficace possibile.
Il tema in questione è stato affrontato in modo molto approfondito nel corso della tavola rotonda “Forze Terrestri: il domani è già qui. L’URGENZA dell’Ammodernamento”, svoltasi l’altro ieri a Roma presso il “Complesso Logistico Pio IX” su iniziativa del Centro Studi Esercito.
Suddivisa in tre distinti panel, la discussione è stata moderata dal Vice capo-redattore Esteri di News Mediaset Alfredo Macchi, che insieme al Presidente del Centro Studi Salvatore Farina ha avuto modo di interloquire sulla tematica trattata con varie personalità della Difesa, della politica, dell’industria e del mondo accademico, tra cui il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio di Squadra Giuseppe Cavo Dragone, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Pietro Serino, il Capo Ufficio Innovazione dello Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Brigata Paolo Sandri, la Senatrice, nonché ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, l’Onorevole Massimo Castaldo (ex Vicepresidente del Parlamento Europeo), gli Onorevoli Alberto Pagani, Roberto Paolo Ferrari e Maria Tripodi (membri della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati), il Presidente dell’AIAD Guido Crosetto, il Presidente di Leonardo Luciano Carta, l’Amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles S.p.A. Paolo Catalano, il Direttore vendite e business development Italia di MBDA Franco Donfrancesco e il Professor Maurizio Talamo, ordinario di Sicurezza Informatica presso l’Università di Roma Tor Vergata.
Tra gli interventi iniziali si è avuto anche un contributo del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, che, dopo aver sottolineato l’importanza del lavoro di analisi svolto dal Centro Studi, si è concentrato sull’impellente necessità dell’Esercito di rinnovare il proprio parco mezzi, ricordando come, al fine sedersi ai tavoli che maggiormente contano a livello internazionale, il Paese non possa fare a meno di possedere uno strumento militare adeguato in tutte le sue componenti.
A seguito del suo intervento ha, quindi, avuto inizio il primo dei tre panel, che ha visto l’On. Pagani, l’On. Tripodi, il Prof. Talamo, il Dott. Donfrancesco e il Generale Sandri confrontarsi in materia di tecnologie emergenti e dirompenti, con particolare riferimento anche a quanto osservato finora nell’ambito del conflitto ucraino.
Tra gli argomenti affrontati la crescente importanza del settore cibernetico e di quello legato al mondo dell’Intelligenza Artificiale, che vede l’Italia molto indietro con soli 60 milioni di euro stanziati nell’ultima legge finanziaria.
Su tali tecnologie e sulla loro applicazione in ambito militare si sono concentrati soprattutto l’On. Pagani, che ha posto l’accento sull’importanza di seguire l’evoluzione tecnologica al fine di prepararsi alle minacce del futuro, e il Prof. Talamo, che, virando sul tecnico, ha dapprima spiegato come nelle piattaforme più moderne risultino di fondamentale importanza sia la componente hardware (di tipo sempre più sofisticato) che la componente software (senza la quale la prima non potrebbe ormai neanche funzionare), per poi sottolineare come, ad oggi, proprio al fine di velocizzare ed aumentare di efficacia l’azione delle piattaforme, vi sia un assoluto bisogno di sistemi IT in grado di semplificare in modo intelligente il flusso delle informazioni, che dovrebbero essere sviluppati con un contributo sempre maggiore da parte dell’industria nazionale.
Di taglio più o meno simile l’intervento del Generale Sandri, che ha parlato dei vari progetti dell’Esercito in fatto di sistemi unmanned e dell’importanza di portare avanti con costanza la sperimentazione delle nuove tecnologie, che necessitano di essere combinate nel modo più adatto al fine di ottenere sistemi davvero funzionali al fine di aiutare gli operatori a svolgere i propri compiti.
Dal canto suo, il Dott. Donfrancesco di MBDA si è invece focalizzato sulla protezione delle forze militari e dello stesso territorio nazionale dalle minacce missilistiche di tipo più avanzato, illustrando alcuni dei più importanti progetti a riguardo portati avanti in seno alla sua azienda.
Tra essi figurano, in modo particolare, il nuovo sistema SAMP/T NG (che sarà dotato dell’innovativo sensore radar Kornos Grand Master HP di Leonardo, di un nuovo e più avanzato sistema di Comando e Controllo e del potente missile ATBM Aster 30 B1 NT), il sistema SHORAD (basato sulla munizione CAMM-ER) e il sistema V-SHORAD (pensato per il contrasto delle minacce a corto e cortissimo raggio), che rientrano nell’ambito di un più ampio progetto di integrazione operativa interforze avente come obiettivo la creazione di un complesso meccanismo di difesa multistrato.
Il Direttore vendite e business development Italia di MBDA ha inoltre avuto modo di accennare ai nuovi progetti inerenti lo sviluppo del futuro sistema antiaereo e antimissile europeo “Twister”, che sarà composto da un segmento spaziale dedicato all’osservazione e al tracciamento dei sistemi nemici in avvicinamento, da un nuovo sistema di Comando e Controllo e da un intercettore endo-atmosferico pensato per contrastare sia le minacce aeree di tipo più avanzato (come i nuovi caccia multiruolo di quinta e sesta generazione), sia eventuali attacchi missilistici condotti mediante l’utilizzo di sistemi di nuova generazione, come i vettori balistici dotati di capacità di manovra (fino ad includere quelli a gittata intermedia) e i missili di tipo ipersonico, che, peraltro, sono già stati utilizzati anche nel corso del conflitto ucraino.
L’On. Tripodi ha invece voluto sottolineare, a livello più generale, come il Paese, specie in un momento critico come quello attuale, necessiti di un apparato militare in grado di rafforzare la sua postura strategica a livello internazionale.
La creazione di un simile strumento di Difesa, che dovrebbe, ovviamente, includere anche forze terrestri altamente capaci, richiederà, però, dei congrui investimenti, che nel corso degli ultimi decenni, sempre secondo l’Onorevole, sarebbero stati frenati dal persistere di una mentalità spiccatamente antimilitarista nell’ambito di vari segmenti della politica.
Durante la conferenza è stata, poi, riservata una particolare attenzione anche all’integrazione europea in materia di Difesa, di cui hanno discusso, durante il secondo panel, la Senatrice Roberta Pinotti, l’On. Castaldo, il Dott. Carta e l’Ammiraglio Cavo Dragone.
Riguardo a tale tematica, pur essendo tutti a favore di un’Europa maggiormente attiva ed integrata sul piano militare, i vari intervenuti non hanno esitato a sottolineare alcune delle potenziali criticità legate a tale processo.
L’Onorevole Castaldo, ad esempio, ha posto l’accento sul fatto che, con la creazione di un sistema di Difesa comune, i soggetti più forti dell’UE potrebbero facilmente “cedere alla tentazione” di cercare di consolidare la propria leadership nei confronti degli altri membri; condizionando la nuova struttura sia sul piano operativo che a livello industriale.
In tale contesto, per giocare la propria partita a testa alta ed evitare di farsi surclassare, sarebbe necessario, a suo parere, che il nostro Paese ponesse maggiore attenzione sia alle esigenze del proprio strumento militare, sia alla concertazione di una chiara “road map” con le proprie industrie della Difesa, che, nei prossimi anni, saranno verosimilmente chiamate e scegliere su quali settori rafforzare maggiormente le proprie capacità realizzative al fine di assicurarsi un ruolo di primo piano nell’ambito dei futuri programmi multinazionali a guida UE.
Il ruolo giocato dall’Italia in ambito europeo è risultato uno dei temi principali anche nell’intervento della Senatrice Pinotti, che, oltre a sottolineare come l’influenza del nostro sistema-Paese risulti fortemente limitata dalla sua incapacità di fare squadra al fine di perseguire una linea strategica chiara, si è anche soffermata sulla necessità di migliorare il livello di collaborazione tra le Istituzioni centrali dello Stato e quelle dell’Unione Europea operanti in materia di Difesa e Sicurezza, dove, tra le altre cose, sembrerebbe registrarsi una grave carenza di personale italiano.
Per l’ex ministro risulterebbe, inoltre, di primaria importanza l’avvio di una campagna informativa tesa a ragguagliare la popolazione riguardo a questo tipo di tematiche, di cui le varie Istituzioni coinvolte si sono finora occupate in un clima di generale disinteresse, che, nel corso degli anni, ha contribuito non poco a limitare la nostra capacità di incidere in ambito internazionale.
Dal canto suo, il Presidente di Leonardo Luciano Carta ha invece sottolineato come l’Europa abbia oggi l’opportunità di conseguire un maggiore livello di indipendenza riguardo alla produzione di sistemi d’arma dall’elevato impatto strategico.
L’ottenimento di tale obiettivo necessiterebbe, però, non solo di un significativo aumento delle spese militari (che starebbe comunque avvenendo), ma anche dello sviluppo di forme di collaborazione finalizzate a razionalizzare le risorse disponibili e ad evitare inutili duplicazioni (cosa che, tra l’altro, sarebbe anche uno dei maggiori propositi delle varie iniziative europee in materia di Difesa).
Cionondimeno, come dimostrato dall’attuale coesistenza dei programmi Tempest e SCAF, ben difficilmente si riuscirà a raggiungere tali livelli di cooperazione in tutti i campi, o, quantomeno, risulta piuttosto difficile immaginare che ci si possa riuscire nel breve-medio periodo.
Del resto, come sottolineato dallo stesso Ammiraglio Cavo Dragone, il sistema di difesa comune dell’UE si troverebbe ancora in una fase di tipo gestazionale, nella quale risulterebbe ancora privo di una vera propria catena di comando e controllo e di una struttura propriamente detta simile a quelle di cui dispongono gli apparati militari dei vari Stati e della stessa Alleanza Atlantica.
Ciononostante, anche in ragione della recente adozione dello Strategic Compass, il Capo di Stato Maggiore della Difesa è apparso abbastanza fiducioso riguardo al futuro sviluppo di tale meccanismo, che egli vede come complementare ma allo stesso tempo indipendente da quello dell’Alleanza Atlantica.
Oltre che sulle tematiche inerenti l’integrazione europea in campo militare, nel corso del suo intervento l’Ammiraglio ha parlato anche dell’attuale situazione dell’Esercito, del quale non ha potuto fare a meno di riconoscere un’esigenza in fatto di rinnovo del parco mezzi talmente urgente da dover essere necessariamente trattata in modo prioritario rispetto a quelle delle altre componenti dello strumento militare.
A spiegare in modo ancor più dettagliato l’attuale condizione della Forza Armata ha, quindi, provveduto il Presidente del CSE Salvatore Farina, che proprio in seguito all’intervento dell’Ammiraglio ha aperto il terzo ed ultimo panel illustrando gli enormi costi pagati dall’Esercito a causa delle decurtazioni di budget operate nel corso degli ultimi decenni.
In particolare, egli ha dapprima fatto notare come uno dei maggiori effetti dei tagli in questione sia stato quello di provocare un allontanamento della stessa struttura della spesa dalla famosa “regola aurea” che vorrebbe il 50% del budget destinato al personale e l’altro 50% equamente distribuito tra le voci investimenti (ovvero nuove acquisizioni) ed esercizio (ovvero carburante e manutenzione), per poi sottolineare come l’Esercito, caratterizzato, per via della sua stessa struttura, da una maggiore presenza di personale rispetto alle altre due Forze Armate, si sia trovato costretto a fare i conti con percentuali a dir poco penalizzanti riguardo alla sua capacità di acquisire e manutenere nuovi mezzi.
Tanto per rendere l’idea, ancora nel 2021 (periodo in cui, tra l’altro, si era già avuta una certa inversione di tendenza rispetto ai tagli degli anni passati) le nostre forze terrestri sono riuscite a dedicare non più del 16% del loro budget alla voce investimenti e addirittura solo il 6 alla voce esercizio.
Dopo l’intervento del Generale Farina la discussione è continuata con i contributi del Generale Pietro Serino, dell’Amministratore Delegato di Iveco Paolo Catalano e del Presidente dell’AIAD Guido Crosetto, che hanno discusso principalmente delle future acquisizioni dell’Esercito e del modus operandi più idoneo al fine di ammodernare il suo parco mezzi.
Proprio a questo proposito, il Generale Pietro Serino ha sottolineato come l’esigenza primaria della Forza Armata sia, forse, proprio quella di “creare le condizioni di attenzione necessarie a generare sinergie con l’industria e il resto del sistema-Paese”, mentre per ciò che concerne le dotazioni, egli identifica come prioritari l’ammodernamento delle forze pesanti (da realizzarsi attraverso l’aggiornamento dei carri Ariete, soluzione comunque di carattere temporaneo, e l’introduzione di un nuovo veicolo da combattimento per la fanteria), l’acquisizione di maggiori capacità nel campo della protezione delle forze dalle cosiddette minacce di tipo RAM (Rocket, Artillery, Missiles), il potenziamento della capacità di colpire a distanza (si parla a tal proposito di acquisire sistemi missilistici caratterizzati da una gittata di oltre 100 km) e l’ulteriore implementazione delle tecnologie e delle “lezioni apprese” nel corso del Programma “Forza NEC”.
Dello stesso avviso (specie per quanto riguarda il modus operandi da seguire) l’Ing. Catalano, che ha anch’egli sottolineato l’importanza di mantenere un elevato livello di collaborazione tecnica tra industria ed Esercito, non solo per ciò che concerne lo scambio di informazioni ma anche per quanto riguarda l’utilizzo delle piattaforme già in servizio come “banchi di prova” per la sperimentazione delle nuove tecnologie.
Dal canto suo, Guido Crosetto ha invece fatto un discorso di natura più generale, sottolineando, da un lato, la cruciale importanza degli strumenti militari terrestri nel consentire il reclutamento di grandi quantitativi di individui a difesa dei propri Paesi di appartenenza (si pensi, a tal proposito, al ruolo svolto finora dall’esercito ucraino nell’ambito del conflitto con la Russia) e, dall’altro, la necessità di guardare con attenzione allo sviluppo delle nuove tecnologie (come, ad esempio, quelle necessarie alla realizzazione di piattaforme unmanned) allo scopo di mantenere capacità militari efficaci e al passo coi tempi.
Per il Presidente dell’AIAD risulta, inoltre, fondamentale che il nostro Paese, all’interno del quale sembrerebbe finalmente essere rinato un barlume di cultura della Difesa, riesca a definire al più presto il livello delle proprie ambizioni in campo internazionale e a valorizzare l’enorme patrimonio capacitivo del suo comparto Difesa.
In definitiva, anche alla luce delle discussioni appena riportate, in cui tutti gli intervenuti hanno mostrato un elevato livello di consapevolezza riguardo ai considerevoli rischi che caratterizzano l’epoca in cui stiamo vivendo e alla necessità di possedere un apparato militare altamente capace in tutte le sue componenti, non resta, dunque, che sperare che il Paese possa davvero riuscire ad elaborare una politica strategica degna di questo nome, che includa non solo maggiori finanziamenti alla Difesa, ma anche una politica estera maggiormente idonea a portare avanti il proprio interesse nazionale e una significativa opera volta al progressivo superamento dei suoi vari talloni d’Achille, primi fra tutti quelli legati alla carenza di fonti energetiche e ai ritardi accumulati rispetto a taluni importanti settori dell’alta tecnologia, tra cui l’informatica la già menzionata “Artificial Intelligence”.
Chiaramente, si sa già che non sarà per nulla un percorso semplice, ma, del resto, da qualche parte bisognerà pur partire.
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