Ariete C2: la toppa d’oro sull’autarchico e tardivo relitto nazionale
Con una cerimonia ufficiale presso il complesso militare della Cecchignola è stato consegnato il primo esemplare di Ariete C2, la versione ammodernata del carro armato italiano prodotto dal Consorzio Iveco-Oto Melara (CIO). Si tratta del primo di 90 mezzi, con “opzione su ulteriori 35” (ma fino all’inizio della guerra in Ucraina, lo stesso prezzo copriva ben 125 carri!) che riceveranno un aggiornamento tecnologico volto, secondo quanto dichiarato, a garantire la continuità della capacità corazzata dell’Esercito Italiano.
Il capo di stato maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, ha diplomaticamente parlato di “simbolo di innovazione e collaborazione tra Esercito e industria della difesa”, mentre il presidente del CIO, Claudio Catalano, ha affermato che “l’ammodernamento dell’Ariete ha permesso di ricostituire una competenza strategica nel settore dei veicoli cingolati”.
Ma è davvero così?

Un carro vecchio, con problemi irrisolti
L’Ariete è nato negli anni ’90 con limiti strutturali evidenti. Il motore originale da 1.270 cavalli era sottodimensionato rispetto al peso del veicolo e alle esigenze operative. La protezione balistica, inoltre, non prevedeva un vano munizioni separato e corazzato: un requisito fondamentale per la sopravvivenza dell’equipaggio, ormai presente su tutti i principali MBT (Main Battle Tank) occidentali da decenni.
Nonostante le migliorie annunciate, questi limiti permangono anche nella versione C2.

Le modifiche: miglioramenti marginali
L’ammodernamento prevede:
- incremento della potenza del motore a 1.500 CV (con iniezione elettronica common rail e nuova sovralimentazione);
- aggiornamento della trasmissione e sostituzione dei cingoli con un modello a maggiore impronta al suolo;
- introduzione di un sistema frenante più efficace e meno dipendente da forniture estere;
- azionamenti elettrici per la torre al posto di quelli idraulici;
- nuovo sistema di tiro digitale, mutuato dalla Centauro II;
- visori digitali IR e TV, nuova interfaccia uomo-macchina per capocarro e cannoniere;
- sistema di comando e controllo C2D-N EVO e radio SDR quadricanale;
- cruscotto digitale per il pilota, nuovo sistema antincendio e anti-esplosione.
Tuttavia, mancano ancora elementi considerati imprescindibili in ambito NATO:
- la riservetta munizioni corazzata non risulta implementata, e non è stata nemmeno menzionata nei comunicati ufficiali;
- il cannone da 120 mm non è stato (ancora) sostituito con una versione più lunga o di nuova generazione;
- non sono stati introdotti sistemi di protezione attiva (APS), oggi fondamentali;
- nessun upgrade strutturale significativo alla corazza di base è stato evidenziato.
Insomma, si tratta di un aggiornamento elettronico e meccanico che permette di tenere in vita un carro ormai concettualmente superato, in un momento in cui l’Esercito ha già avviato una transizione verso una nuova piattaforma.

Un prezzo salato per una soluzione transitoria
Il programma Ariete C2, suddiviso in due fasi, ha un costo complessivo che si aggira attorno ai 980 milioni di euro, considerando anche la fase di studio iniziale e il supporto logistico decennale. Il costo unitario effettivo supera i 10 milioni di euro a veicolo. Una cifra elevatissima, per molti versi in linea con gli aggiornamenti dei carri armati sul mercato internazionale, ma parliamo di ben altre piattaforme!
Il vero nodo, però, non è solo il prezzo: è la finalità… In un contesto strategico in rapida evoluzione, l’Esercito Italiano ha già individuato nel Panther KF51 – sviluppato da Rheinmetall in partnership con Leonardo – la futura piattaforma su cui investire. Non è un caso che lo stesso comunicato ufficiale sull’Ariete C2 parli apertamente di una capacità di deterrenza “per i prossimi 3-5 anni”. In pratica, il carro aggiornato sarà utilizzato solo fino all’ingresso in servizio del Panther, la cui acquisizione è già in corso di pianificazione.
La decisione di procedere con l’ammodernamento dell’Ariete, in parallelo all’avvio della joint venture Leonardo-Rheinmetall, appare come una scelta dettata più da motivazioni industriali che operative.
Iveco Defence Vehicles, parte del CIO, è rimasta uno degli ultimi assetti difensivi di una casa madre (Iveco) in progressiva dismissione della sua componente civile. Una realtà, con pur eccellenti capacità in tutto ciò che è ruotato, che cerca in ogni modo di “vendere cara la pelle” in un momento cinicamente favorevole per ogni venditore di armi. Il programma Ariete C2 rappresenta dunque un modo per tenere in vita una filiera industriale e competenze che – in assenza di sostegno politico – rischierebbero seriamente la marginalità?

Il futuro
L’Ariete C2 non è un carro moderno. È un veicolo nato vecchio, aggiornato con costi spropositati per durare appena qualche anno. La sua reale efficacia sul campo, in uno scenario di guerra, è profondamente limitata dall’assenza di un compartimento munizioni sicuro, da una corazza non aggiornata e da un sistema d’arma che non ha fatto passi in avanti sostanziali.
Dopo decenni di assoluta mancanza di una componente corazzata in Italia siamo lieti che il presidente del CIO (oltre che della divisione Defence Vehicles del Gruppo Iveco), Claudio Catalano, si sia astenuto anche solo dall’ipotizzare (persino oniricamente) un Ariete C3!
La vera deterrenza arriverà con la nuova piattaforma italo-tedesca, destinata a sostituire e speriamo seppellire completamente l’ennesima infelice esperienza “autarchica” (speriamo l’ultima, vedi WW2…) entro la fine del decennio.
Fino ad allora, il C2 resterà di fatto una toppa: costosa e tecnicamente inadeguata.
Sotto la foglia di fico della “tutela della capacità nazionale”, si dimentica che – per chiunque si definisca seriamente patriota o aspiri a un’industria realmente competitiva – l’unica patria industriale da difendere e per cui valga la pena combattere si chiama “EUROPA”. Unione politica che, se oggi ancora non esiste, dovrà inevitabilmente sorgere.

Foto: Esercito Italiano
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