“Questo è il mio fucile”: 250 anni con i Marines americani
“Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio.”
La celebre Preghiera del fuciliere, immortalata in una scena di Full Metal Jacket, è forse il modo più diretto per comprendere la mentalità marziale che, da 250 anni, rappresenta l’essenza dei Marines degli Stati Uniti.
Le origini del Corpo dei Marines
Nato come unità di fanteria imbarcata al servizio della flotta ribelle durante la Rivoluzione americana, il Corpo dei Marines fu modellato sulle funzioni tattiche dei Royal Marines britannici. Presto divenne il braccio armato d’assalto della neonata Marina americana, distinguendosi per valore e determinazione in (quasi) ogni contesto operativo in cui gli Stati Uniti hanno ritenuto opportuno tutelare i propri interessi.

L’elenco delle missioni in cui il Corpo dei Marines è stato coinvolto è impressionante, per estensione storica e rilevanza operativa:
- Rivoluzione americana
- Guerra del 1812
- Guerre Seminole
- Guerra messico-statunitense
- Guerra di secessione
- Guerra ispano-americana
- Guerra filippino-americana
- Ribellione dei Boxer
- Guerre della banana
- Prima e Seconda guerra mondiale
- Guerra di Corea
- Guerra del Vietnam
- Guerra del Golfo
- Guerra del Kosovo
- Operazione Enduring Freedom (Afghanistan)
- Guerra in Iraq
All’interno di queste guerre, vi sono operazioni paragonabili, per intensità e scala, a conflitti autonomi. Si pensi agli sbarchi e ai combattimenti sulle isole del Pacifico (Guadalcanal, Iwo Jima, Okinawa).

Lo USMC, grazie a lezioni apprese a caro prezzo sui campi di battaglia di quasi tutto il mondo, ha promosso innovazioni che hanno influenzato in modo determinante la dottrina militare statunitense: dallo sviluppo dell’aviazione imbarcata – comprendente portaerei e navi da assalto anfibio – al perfezionamento dell’addestramento nel tiro d’artiglieria di supporto e interdizione, passando per l’introduzione di elicotteri e aeromobili specificamente progettati per il trasporto, lo sbarco, l’evacuazione sanitaria, l’attacco e l’addestramento. A questi si aggiunge un’estrema attenzione alla preparazione alla sopravvivenza e alle tattiche di guerriglia e controguerriglia, applicate in ambienti ostili quali giungla, deserto e aree urbane, ma anche – con risultati non trascurabili – in montagna e persino nelle regioni polari.

Il legame con il fucile
Il simbolo identitario dei Marines resta il fucile. Fin dalle prime settimane dell’addestramento, ogni Marine sviluppa con la propria arma un rapporto quasi fraterno. Una rastrelliera ideale (foto apertura) riunisce i fucili impiegati dal 1775 a oggi: dalle prime carabine inglesi e francesi, agli Springfield della Grande Guerra, i Garand della Seconda guerra mondiale, gli M16 del Vietnam, gli M4 di Iraq e Afghanistan, fino all’attuale transizione verso il fucile M27.
Non sempre i Marines hanno avuto armi superiori ai nemici: basti pensare al confronto tra M14 e AK-47 in Vietnam. Ma la loro filosofia è racchiusa nel motto: Adattarsi, improvvisare, raggiungere lo scopo. Un esempio concreto è l’adozione – inizialmente “ufficiosa” – della carabina scout (si trattava di un M14 modificato sul campo con canna accorciata e struttura più maneggevole, ideale per combattimenti ravvicinati), frutto dell’iniziativa di un generale stufo di impigliarsi nella vegetazione della giungla. Una modifica divenuta poi standard.

Ogni Marine, senza eccezioni, è un combattente.
Precisione e resistenza: requisiti imprescindibili
Due sono le caratteristiche sempre richieste ai fucili d’assalto dei Marines:
- resistenza alla salsedine – poiché “Marine” significa marino, non marinaio;
- precisione intrinseca – ogni Marine deve essere un tiratore superiore alla media.
La qualità dei tiratori scelti è motivo d’orgoglio. Nessuno rappresenta meglio questa tradizione di Carlos Hathcock, figura leggendaria che contribuì alla nascita del programma “Scout Sniper” e ispirò tecniche usate ancora oggi in tutto il mondo.
Famoso per aver adattato una mitragliatrice Browning M2 cal. 50 per il tiro di precisione a oltre 2.300 metri, spiegava così la propria etica: “Non mi piace uccidere. Ma se non l’avessi fatto, molti dei miei fratelli Marines sarebbero morti. Era il mio lavoro. E l’ho eseguito.”

Il lato oscuro della storia
Non tutte le missioni hanno onorato i valori fondanti del Corpo. In taluni casi, l’impiego dei Marines ha risposto più a logiche di potenza che di giustizia. Un Marine, più di ogni altro, ebbe il coraggio di denunciarlo: Smedley Butler (nella foto seguente, ultimo a destra), maggiore generale, due volte Medaglia d’onore, veterano delle Guerre della Banana, della Cina, delle Filippine, dell’Europa.
Nel 1935 pubblicò War Is a Racket (La guerra è una mafia), un’opera pionieristica nella denuncia del complesso militare-industriale statunitense. Il suo messaggio era semplice quanto devastante: “Al Capone ha imposto il racket in tre distretti di Chicago. Io e i miei uomini lo abbiamo imposto in tre continenti.”
Tra le sue proposte:
- vietare il profitto economico derivante dalla guerra
- demandare la decisione d’ingresso in guerra ai cittadini in età da arruolamento
- limitare l’impiego delle forze armate al solo scopo difensivo
Pur rifiutando ogni pacifismo retorico, Butler incarnò l’onore e l’etica del Marine, fino all’ultimo. Anche per questo, rimane una figura scomoda, oggi come allora.

La lettura come dovere: i libri dei Marines
Ogni ufficiale del Corpo è incoraggiato (spesso obbligato) a leggere una selezione di testi fondamentali. Ne riportiamo una parte:
- With the Old Breed – E.B. Sledge
- The Art of War – Sun Tzu
- On War – Carl von Clausewitz
- The Warrior Ethos – Steven Pressfield
- The Centurions – Jean Lartéguy
- Marine! The Life of Chesty Puller – Burke Davis
- Attacks – Erwin Rommel
- The Anatomy of Courage – C.N. Moran
- Strategy – B.H. Liddell Hart
- Starship Troopers – Robert A. Heinlein
- Left of Bang – P. Van Horne e J. Riley
- The Killer Angels – Michael Shaara
- Boyd: The Fighter Pilot Who Changed the Art of War – R. Coram
(Elenco completo disponibile nel documento “Noteworthy Entries on the Marine Corps Commandant’s Professional Reading List, 1989–2019”)
Conclusione
La rastrelliera dei fucili dello USMC non è solo una collezione di armi: è una linea del tempo che racconta dedizione, sacrificio, adattabilità. Il fucile M27, prossimo standard del Corpo, segna un cambio di paradigma: un’arma pensata per affrontare conflitti futuri che si annunciano ravvicinati, violenti, rapidi. E se la storia insegna qualcosa, è che raramente i Marines sbagliano previsione.
Una nazione che dispone di una forza armata come lo USMC avrà sempre una speranza. E non si parla solo di guerre da vincere.

Foto: USMC / web / U.S. Navy / fotogramma tratto dal film Full Metal Jacket (1987)
Per approfondimenti consulta la fonte
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