Chi ha vinto, Israele o Hamas?
di Daniel Pipes
da L’Informale del 12 giugno 2021
Articolo in lingua originale inglese: Who Won, Israel or Hamas?
Chi ha vinto il recente round di combattimenti tra Hamas e Israele? La guerra di parole che ha fatto seguito alle battaglie aeree trova voci a favore di Israele profondamente divise e voci anti-israeliane che rivendicano una mitica vittoria di Hamas. Ma è troppo presto per dirlo.
Schierati dalla parte di Israele, ad esempio, Efraim Inbar e Dan Schueftan argomentano a favore del successo di Israele basandosi sull’esperienza dolorosa vissuta da Hamas. Doron Matza, Seth Frantzman e Hanan Shai parlano di fallimento basandosi su questioni non militari, come unire i palestinesi contro Israele e trovare la solidarietà internazionale. Il governo israeliano sostiene che le cose sono andate secondo i piani, mentre i suoi oppositori di Destra, come Itamar Ben Gvir e Gideon Sa’ar, definiscono il cessate il fuoco una “grave resa” e “un imbarazzo”.
La parte anti-israeliana, al contrario, concorda quasi all’unanimità sul fatto che Hamas abbia vinto. Appena due giorni dopo l’inizio dei combattimenti, il leader di Hamas Ismail Haniyah aveva già annunciato che la sua organizzazione aveva “conseguito la vittoria nella battaglia per Gerusalemme”. Tali affermazioni si sono moltiplicate dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco il 21 maggio, quando Haniyah ha rivendicato una “vittoria strategica e divina” e ha inoltre annunciato che Hamas “ha sconfitto le illusioni dei negoziati, ha sconfitto l’affare del secolo, ha sconfitto la cultura della sconfitta, ha sconfitto i progetti di disperazione, ha sconfitto i progetti di insediamento, ha sconfitto i progetti di coesistenza con l’occupazione sionista e ha sconfitto i progetti di normalizzazione [delle relazioni] con l’occupazione sionista”.
Allo stesso modo, Khalil al-Hayya, un leader di Hamas, partecipando a un raduno di massa a Gaza ha detto che “ci sono festeggiamenti in tutte le città della Palestina (…) perché noi abbiamo ottenuto questa vittoria insieme”, aggiungendo: “Abbiamo il diritto di gioire. (…) Questa è l’euforia della vittoria”. Ziad al-Nahala, leader della Jihad Islamica Palestinese (JIP), si è rallegrato del trionfo della sua organizzazione e ha minacciato di bombardare Tel Aviv come rappresaglia per “qualsiasi operazione omicida mirata ai nostri combattenti o leader”.
Hanno festeggiato anche i sostenitori stranieri. Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha definito gli attacchi di Hamas contro Israele una “grande vittoria”. L’ayatollah iraniano Ali Khamene’i si è congratulato per una “vittoria storica” e il comandante della Forza Quds, forza speciale del Corpo della Guardia della Rivoluzione Islamica, Esmail Ghaani, ha acclamato i combattimenti perché hanno “distrutto l’orgoglio dell’esercito sionista”. (A sua volta, un portavoce della JIP ha ringraziato il governo iraniano per essere “partner della nostra vittoria”.) Anche il primo ministro marocchino Saad Eddine El Othmani, che mesi prima aveva firmato un accordo di normalizzazione delle relazioni con Israele, si è congratulato con Haniyeh per la “vittoria del popolo palestinese”.
E pare che anche la popolazione palestinese ne fosse convinta. Infatti, non appena è entrato in vigore il cessate il fuoco delle due di notte, “per le strade di Gaza è tornata una frenesia di vita. La gente è uscita dalle proprie case, alcuni gridando ‘Allahu Akbar’ o fischiando dai balconi. Molti hanno sparato in aria, festeggiando la fine dei combattimenti. Grandi folle hanno celebrato la fine del conflitto, elogiando Hamas”. I festeggiamenti si sono diffusi ampiamente nel cuore della notte:
I residenti di Gaza hanno applaudito dalle loro terrazze. Spari celebrativi sono risuonati nei quartieri per lo più bui, alcuni clacson di auto strombazzavano, con i conducenti che hanno sfidato le strade butterate di crateri di bombe, e le lodi a Dio risuonavano dalle moschee intorno a Gaza City. I gaziani hanno sfilato in spiaggia, rivolgendo verso l’alto le luci dei loro telefonini.
Nei giorni successivi ci sono state celebrazioni su larga scala da parte di Hamas e del suo alleato più piccolo, la Jihad Islamica Palestinese.
Questi festeggiamenti hanno delle implicazioni politiche. “La reputazione di Hamas tra i palestinesi è cresciuta notevolmente”, osserva Khaled Abu Toameh, “a causa del lancio di migliaia di razzi e missili in tutto Israele”. I palestinesi, arguisce Toameh, “considerano i leader di Hamas come i veri eroi dei palestinesi e cercano di impegnarsi in una lotta armata contro Israele”: non sopportano Mahmoud Abbas e l’Autorità Palestinese. In altre parole, la sconfitta sul campo di battaglia ha apportato a Hamas importanti vantaggi politici.
Questo entusiasmo non si cura minimamente di ciò che l’Associated Press ha definito “l’orribile peso che la guerra ha avuto su innumerevoli famiglie palestinesi che hanno perso i propri cari, le case e gli esercizi commerciali” e conferma la fama palestinese di un antisionismo radicalizzato che trascura le normali forme di autoconservazione.
Tornando all’interrogativo cruciale “Chi ha vinto?”, il verdetto non dipende dai dubbi israeliani o dai vanti palestinesi, ma da ciò che accadrà negli anni a venire. In questo contesto, il direttore delle operazioni militari israeliane, Aharon Haliva, ha affermato che il conflitto “sarebbe considerato un successo per Israele, se portasse almeno cinque anni di calma a Gaza”. Non sono d’accordo: piuttosto, il successo o il fallimento dipende dal fatto se Hamas avvii un altro round di combattimenti contro Israele. Se così fosse, ha vinto Hamas. In caso contrario, ha vinto Israele. In altre parole, è troppo presto per valutare quegli undici giorni di maggio.
Traduzioni di Angelita La Spada