Cingoli, cannoni e acciaio: perché il carro armato serve ancora
Il ruolo della componente corazzata nei conflitti contemporanei è uno dei grandi dilemmi emersi da guerre come quelle del Nagorno-Karabakh, d’Ucraina e di Gaza. I progressi nel munizionamento guidato di precisione, nei sistemi anticarro e nei droni hanno spinto più di qualche analista a considerare terminata l’epoca del carro armato quale piattaforma efficace sul campo di battaglia. La maggiore letalità delle artiglierie e la comparsa sul campo di battaglia degli sciami di droni ha reso obsoleta la configurazione dei carri armati progettati dagli anni ’70 in poi, che rappresentano, per buona sostanza, il nerbo delle forze corazzate di tutti i principali eserciti del mondo.
Il problema reale per i corazzati è, però, di tipo adattivo, perché essi possono essere ancora efficaci nel ruolo che dovrebbero rivestire, cioè quello di strumento principale per la manovra.
Il fulcro sia della manovra che della battaglia resta indissolubilmente ancorato alle armi di linea, specie se utilizzate in formula mista di fanteria meccanizzata e corazzati. Esse, se logisticamente ben alimentate, sono le unità che consentono sotto il profilo offensivo una rapidità di manovra ed ingaggio che l’artiglieria fisiologicamente non ha e lo stesso dicasi durante la difesa, quanto solo tramite le armi di linea si può strutturare una strategia difensiva flessibile ed in grado di trasformarsi, all’occorrenza, in controffensiva.
In un’ottica di integrazione multidominio le formazioni corazzate, se combattono in sinergia con la fanteria, il genio e l’aviazione leggera, possono conquistare, mantenere e sfruttare l’iniziativa e, non da ultimo, restituire la capacità di manovrare su campi di battaglia statici e “vuoti” che sono la fotografia del “modello ucraino”.
I detrattori della componente corazzata evidenziano l’estrema vulnerabilità mostrata da MBT e FPV armeni di fronte agli attacchi dei droni azeri, non considerando che essi siano stati impiegati quali armi difensive statiche, in posizione trincerata, in controtendenza rispetto alla mobilità che la cavalleria dovrebbe avere. I carri armati sono vulnerabili agli attacchi dei droni e delle armi anticarro più moderne non dal punto di vista tattico (se schierati con criterio), ma da quello strutturale, ed anche perché, finora, la questione centrale sul controllo dello spazio aereo litorale non era emersa, se non di sfuggita.
La crisi dei carri armati nel conflitto russo-ucraino è stata, lato russo, figlia delle problematiche strutturali dei gruppi tattici di battaglione, pensati per combattere battaglie indipendenti su piccola scala e con brevi linee di rifornimento, e, lato ucraino, dell’incapacità di manovrare ad armi combinate durante l’offensiva estiva del 2023 contro la Linea Surovikin, con le forze corazzate che si trovarono di fronte a difese anticarro stratificate, guerra elettronica e a un letale complesso di ricognizione tattica.
La questione critica per la cavalleria resta, dunque, quella dell’adattamento dottrinario e dell’integrazione operativa con le altre armi, nonché dell’ammodernamento delle piattaforme oggi esistenti. La risposta all’aumentata efficacia dell’offesa può essere di due tipi: o un aumento della corazzatura – è il caso degli studi sulle corazze composite sia passive che reattive – o il miglioramento dei processi di evacuazione dell’equipaggio. Nonché il redesign di alcune componenti specifiche del carro, ad esempio la torretta, che, assieme all’aumento di corazzatura, contribuisca per la sua forma a diminuire l’impatto ed il danno di un proiettile sia esplodente che perforante. Inoltre, va evidenziato che gli studi più recenti sugli MBT e gli IFV, oltre ad una sempre maggiore integrazione di componenti elettroniche, prevedono la trasformazione del ruolo di queste piattaforme, che le rendano “sistemi di sistemi” e parte integrante di essi.
Il fatto che i carri in servizio siano pensati per combattere una guerra diversa da quella che oggi si combatte non implica che il MBT abbia perso il suo ruolo; quel che serve è una maggiore integrazione della componente corazzata, non una sua sostituzione.
Foto: MoD Ukraine
L’articolo Cingoli, cannoni e acciaio: perché il carro armato serve ancora proviene da Difesa Online.
Il ruolo della componente corazzata nei conflitti contemporanei è uno dei grandi dilemmi emersi da guerre come quelle del Nagorno-Karabakh, d’Ucraina e di Gaza. I progressi nel munizionamento guidato di precisione, nei sistemi anticarro e nei droni hanno spinto più…
L’articolo Cingoli, cannoni e acciaio: perché il carro armato serve ancora proviene da Difesa Online.
Per approfondimenti consulta la fonte
Go to Source