Dal potenziamento delle ferrovie cinesi alla “Nuova via della seta”: aspetti economici e strategici
Prima di esaminare l’impatto della “Nuova via della Seta” vale la pena ricordare, in estrema sintesi, il ruolo che ha giocato la rete ferroviaria nello sviluppo strategico tecnologico della Cina. Negli anni ’90 il governo cinese aveva investito circa 52 miliardi di dollari nella modernizzazione della rete ferroviaria. Nel 2000 era stato avviato un ottimo e massiccio programma di investimenti con lo scopo di raggiungere le regioni occidentali meno ricche. In pochissimi anni la rete ferroviaria passò da 20.000 a 30.000 km. e a raggiungere i 139.000 km nel 2020.
Le nuove linee previste erano in maggioranza ad alta velocità con la ostruzione di numerosissime nuove linee di questo tipo entro il 2013. Nonostante l’espansione delle ferrovie abbia motivazioni principalmente economiche, vi sono anche implicazioni militari notevoli. Infatti, un’efficiente rete ferroviaria è fondamentale per lo spostamento dei soldati e dei rifornimenti – il trasporto aereo è senz’altro più rapido, ma la quantità di merci, mezzi e truppe peso trasportabili è limitata. In un paese vasto come la Cina la rapidità negli spostamenti è importantissima, dato che i confini sono molto estesi e le regioni da controllare sono molto distanti – come Manciuria, Mongolia, Xinjiang e Tibet.
Nell’agosto del 2009 l’Esercito di Liberazione Popolare prese parte ad un’esercitazione militare denominata “Stride 2009” utilizzando i treni ad alta velocità. L’esercitazione consisteva principalmente nel trasporto di truppe e rifornimenti (carri armati, armi pesanti e altri veicoli) da una caserma all’altra lungo le linee che vanno da nord a sud e da est a ovest, per saggiare l’efficienza delle linee in relazione alle esigenze militari. La Rete Ferroviaria Cinese, nell’ultimo ventennio (come abbiamo già indicato in precedenza) è arrivata a coprire 139 mila chilometri di cui 35 mila con linee ad alta velocità, 5 mila chilometri in più di quelli preventivati nel piano del 2020 (30 mila chilometri). Ora i progetti prevedono la costruzione di altri 4 mila chilometri di ferrovia di cui 2 mila di alta velocità.
La rete Ferroviaria Cinese
La Nuova Via della Seta
I Romani entrarono in contatto con l’Oriente e con la seta nel I secolo a. C. Dal 552 Costantinopoli produsse in modo autonomo il tessuto ma la “Via della seta” tornò a essere un ponte tra Oriente e Occidente a partire dal 1215 in concomitanza con l’espansione dei Mongoli in Asia. Precedentemente era chiamata via “Reale di Persia” ed unì Oriente e Occidente ai tempi di Alessandro Magno.
Per “Antica via della seta” s’intende il reticolo, che si sviluppava per circa 8000 km, costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali nell’antichità si erano snodati i commerci tra l’impero cinese e quello romano. Mentre, la “Nuova via della seta” è un’iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia.
Comprende le direttrici terrestri della zona economica della via della seta e la via della seta marittima del XXI secolo (Belt and Road Initiative – BRI) e le aree interessate sono la Cina, l’Asia Centrale, l’Asia Settentrionale, l’Asia Occidentale e i paesi e le regioni lungo l’Oceano Indiano e il Mediterraneo. Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia cinese mira a promuoverne il suo ruolo nelle relazioni commerciali globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi.
L’iniziativa di un piano organico per i collegamenti terrestri fu annunciata dal presidente cinese Xi Jinping a settembre del 2013
Percorsi della nuova via della seta
La Via della Seta Terrestre attraverserebbe tutta l’Asia Centrale e arriverebbe dalla Cina fino alla Spagna: con le infrastrutture esistenti sono già stati simbolicamente inaugurati i collegamenti merci diretti fino a Berlino e Madrid, ma è allo studio anche la possibilità di una linea passeggeri ad alta velocità. La Via Marittima costeggia tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez. L’Italia sarebbe direttamente coinvolta nel progetto, offrendo il secondo porto del Mediterraneo, dopo il porto del Pireo (nel quale la Cina partecipa direttamente tramite la società COSCO) prima del transito delle merci verso il Nord Europa.
Le proposte avanzate dall’Italia, durante l’OBOR Summit del 2017 (The Belt and Road Forum for International Cooperation) a Pechino, sono i porti delle città di Venezia, Trieste e Genova. I porti del Mediterraneo rappresenterebbero dei terminali importanti per il ramo marittimo della Nuova Via della Seta, che la Cina si ripropone di tenere ben distinto dalla piattaforma terrestre, intesa come la somma di una serie di “ponti terrestri” autostradali o ferroviari destinati a svolgere il ruolo di rotte commerciali e tratti d’incontro tra i Paesi interessati, tra cui spiccano il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC) e il New Eurasian Land Bridge progettato per Cina e Germania attraverso Russia e Kazakistan.
La AIIB (Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali, una banca multilaterale di sviluppo) raccoglierebbe gli investimenti necessari al miglioramento delle infrastrutture ferroviarie e portuali, complessivamente stimati in 1800 miliardi di dollari in dieci anni. L’impegno maggiore dal punto di vista logistico è stato sostenuto dal gruppo di import/export dello stato cinese, COSCO, il quale ha già dato molti finanziamenti per l’uso del porto del Pireo (Grecia), sul Mediterraneo, Tuttavia, gli ambiti di ricerca dei migliori spazi per far confluire le loro merci si espandono un po’ in tutta Europa.
La “Via della seta” e l’Europa
Lo Scopo della “Via della seta” è quindi unire attorno alla Cina l’intera Asia e collegarla con l’Europa attraverso strade, ponti, ferrovie, gasdotti e oleodotti, parchi industriali e una poderosa logistica sulle vie d’acqua, con porti e infrastrutture collegate negli oceani Pacifico e Indiano e nel Mediterraneo, sulle rotte delle sue merci e dei suoi interessi politici.
Il punto di arrivo più significativo in Europa al momento è a Duisburg, in Germania scelta dai cinesi come hub per l’arrivo della ferrovia dall’Est cinese. Arrivano circa 30 treni cinesi la settimana carichi di container, trasportano prodotti che vengono distribuiti in Europa. Duisburg ha costruito magazzini per 30 mila metri quadri. Il costo dei trasporti dalla Cina a Duisburg per ferrovia è del 90% più alto rispetto alle navi ma il viaggio dura 12 giorni invece di 45.
Collegamenti ferroviari esistono già e nel 2020 il gruppo cinese Cosco ha preso un terminale a Zeebrugge, il secondo porto del Belgio: è il primo investimento portuale nell’Europa del Nord. Sempre Cosco, ha investito nel 2006 un miliardo di dollari nell’acquisizione dell’uso del porto del Pireo, ad Atene, e nel suo ammodernamento. Nel 2017 Cosco ha comprato per 203 milioni di euro Noatum Port Holding che gestisce le operazioni di container nei porti di Valencia e Bilbao, mentre in Italia controlla il 40 per cento del porto di Vado Ligure, terminale per container.
Cosco Shipping è interessata anche alla costruzione di un nuovo molo al porto di Trieste attraverso un’acquisizione diretta, e i viaggi negli ultimi anni in Cina dei nostri Ministri confermano il desiderio di trovare una collaborazione. Trieste sta diventando così uno degli hub più importanti sulle rotte che collegano la Cina, via Canale di Suez, all’Europa, soprattutto per rifornire quella dell’Est e Balcanica, dove i cinesi sono molto attivi. Con l’Est europeo, Pechino ha un Forum stabile, chiamato 16 + 1 Cooperation dove sono 16 gli europei e uno è la Cina.
E’un forum tutto orientato a investimenti nell’Europa dell’Est e nei Balcani: paesi più facili da coinvolgere rispetto all’Europa Occidentale, perché più bisognosi di infrastrutture e con minori remore rispetto all’arrivo di capitali stranieri.
In Polonia i treni cinesi che partono da Chengdu, arrivano a Lodz. In Serbia sono fermi (per presunte irregolarità) i lavori per la ferrovia di 336 km Belgrado – Budapest, sulla linea che unirà il Pireo al Baltico. Per realizzarlo la Serbia ha acceso un prestito di 297,6 milioni di dollari con la Exim Bank Cinese. La Lettonia ha firmato un memorandum di cooperazione economica: ci sono tre porti potenzialmente interessanti: Riga, Ventspils, Liepaja. Inoltre mira a diventare il polo logistico per trasferire verso la Scandinavia i prodotti del parco Industriale Cina – Bielorussia di Minsk.
La Romania, che si affaccia sul Mar Nero, punta a entrare nella Belt and Road per smistare verso l’Europa i prodotti che arrivano da Russia e Cina. La Repubblica Ceca ha una partnership strategica con Pechino soprattutto per gli investimenti nell’immobiliare e nei media.
In Ungheria la Cina ha già investito parecchio nella costruzione di nuove aziende e tre miliardi per la costruzione di una centrale nucleare. Recentemente è partito da Shunde, città nel sud della Cina, ed ha viaggiato per un mese il primo treno merci che dalla nazione asiatica ha raggiunto il Sud Italia. Stazione di arrivo, l’Interporto di Nola. La merce contenuta nei container non ha mai subito alcun trasbordo ed ha percorso novemilasessanta chilometri lungo le strade ferrate di numerosi Paesi.
Tre le fermate intermedie, che sono avvenute presso gli hub di Kaliningrad in Russia, di Rostock in Germania e Verona nel Nord Italia, città quest’ultima dove finora terminava il servizio. Il cliente che ha scelto di ricevere in treno i prodotti ordinati in Cina è un’importante azienda del napoletano che importa motori semilavorati.
Ha preferito le strade ferrate e non le rotte marittime perché così è riuscito a ricevere ben prima la merce: 30 giorni invece che due mesi. Un vantaggio in termini di produttività che ha compensato i costi maggiori sostenuti per dimezzare i tempi di consegna. A ringraziare però è anche l’ambiente perché a conti fatti, scegliendo il treno alimentato elettricamente e non la nave l’imprenditore ha contribuiti a ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
La ridotta incidenza inquinante è stata considerata un particolare non trascurabile quando è stato chiuso l’accordo che ha inaugurato il nuovo corso del trasporto merci. A favorire un’esperienza che appare destinata a diventare molto presto sistema è stato l’accordo tra ISC Intermodal S.r.l., operatore logistico privato di proprietà al 100% di Interporto Campano S.p.A., e ITS-International Transport Solution S.r.l, casa di spedizioni internazionali che ha sede in Italia. In particolare, i collegamenti Via Ferrovia fra la Cina e l’Europa, nell’ambito della “Via della seta”, sono già attivi.
Gli investimenti previsti andranno ad ampliare le tratte già operative: Lodz-Chengdu, Duisburg-Chongqing, Madrid-Yiwu e Londra-Yiwu. Il volume delle merci che viaggiano attraverso questi collegamenti aumenta di anno in anno: oggi si parla di 39 linee che collegano 15 città europee con 20 città cinesi. Ad agosto 2019 il numero di treni merci Cina-Europa ha raggiunto i 10 mila.
Il nodo ferroviario di Duisburg è stato attivato nel 2011 collegando tra Chongqin con la città tedesca. A giugno 2017 è partito il primo treno fra il porto di Zeebrugge, in Belgio, e la città cinese di Daqing. A settembre 2018 il primo treno merci da Pechino è arrivato alla stazione logistica di Saint-Priest, vicino a Lione, in Francia. Questi sono solo alcuni collegamenti. Esempi concreti dei progetti legati alla Via della Seta sono la linea ferroviaria Giacarta-Bandung e quella fra Belgrado e Budapest, che però al momento è ferma. A febbraio 2019, la Commissione Europea ha deciso di mettere sotto indagine (come già indicato in precedenza) la linea per presunte irregolarità rispetto alle normative dell’Unione Europea.
Mentre attraversano la Russia, il corridoio economico Cina-Mongolia-Russia e quello del New Asia-Europe Land Bridge (il nuovo ponte terrestre eurasiatico) Le loro articolazioni ferroviarie, denominate «passaggio settentrionale» e «passaggio centrale» del ponte terrestre eurasiatico, si incontrano a Mosca. Il primo origina nella Cina nord-orientale, tocca città russe come Vladivostok, Khabarovsk e Irkutsk prima di arrivare in Europa.
Il secondo connette la costa cinese, il Xinjiang, l’Asia centrale e poi si biforca: a nord confluisce nel corridoio economico Cina-Mongolia-Russia; a sud raggiunge il Medio Oriente e l’Europa centrorientale lungo il «passaggio meridionale» del ponte terrestre eurasiatico, che si sviluppa in corrispondenza del corridoio economico Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale.
Nel 2019, il volume di merci trasportato via Treno tra Repubblica Popolare e Vecchio Continente è stato pari a oltre 320 mila Teu (Unità equivalente a venti piedi o TEU, è la misura standard di volume nel trasporto dei container ISO, e corrisponde a circa 38 metri cubi d’ingombro totale, acronimo di twenty-foot equivalent unit), il 30% in più rispetto al 2017. Il 77% del traffico è avvenuto tramite Kazakistan, Russia e Bielorussia.
Il flusso commerciale dipende dalle infrastrutture tradizionali e quelle russe sono nettamente inferiori rispetto a quelle cinesi per qualità e quantità. La “Via della seta” ha incontrato alcuni ostacoli lungo le zone di confine che non riescono a far scorrere senza intoppi il flusso di merci cinesi. I treni provenienti dalla Cina rimangono fermi al confine con la Bielorussia per 5/6 giorni e la Polonia non si contribuisce a risolvere la situazione.
Mosca ha proposto un approccio alternativo: inviare i container in Unione Europea facendo transitare i treni per San Pietroburgo e la regione di Kaliningrad. La Russia per ora preserva lo scartamento dei binari a 1.520 millimetri (impiegato anche dalle ex repubbliche sovietiche), più largo di quello utilizzato in Europa e in Cina (1.435 millimetri).
La scelta di adottare tale standard a metà del XIX secolo non è dipesa da ragioni di natura militare, ma dalle raccomandazioni dell’ingegnere americano George Washington Whistler. Secondo Whistler, in questo modo la Russia avrebbe ridotto i costi di costruzione preservando al tempo stesso l’efficienza della rete ferroviaria. Non è escluso che in futuro Mosca adotti lo standard europeo. O che quantomeno impieghi su larga scala soluzioni ingegneristiche per ridurre al minimo i tempi di trasporto delle merci da una ferrovia all’altra velocizzando le connessioni transcontinentali.
La dimensione militare e strategica della “Via della seta”
In tema di infrastrutture cinesi occorre ricordare che si tratta anche di data center, cavi in fibra ottica, strutture attraverso cui scorrono le informazioni e reti Internet. Non solo porti e ferrovie quindi ma elementi determinanti nella lotta per il dominio tecnologico in cui si scontrano Stati Uniti e Cina. C’è inoltre la volontà di rafforzare la presenza militare in Africa; l’esempio più eclatante è l’installazione militare di Gibuti, nel Corno d’Africa, proprio all’imbocco dello Stretto di Bab el-Mandeb davanti alla rotta dei flussi commerciali da e per il Canale di Suez.
Occorre inoltre considerare come la Cina sia oggi presente economicamente. finanziariamente e militarmente dal in Africa e in altre aree anche con missioni di peacekeeping sotto egida dell’ONU. La “Via della seta” dimostra sempre di più di avere una dimensione militare e strategica; Pechino sa perfettamente che laddove aumentano gli interessi economici, aumenta anche la necessità di tutelarli.
Questo spinge la Repubblica Popolare a formare forze militari capaci di operare in contesti remoti e le missioni di peace keeping servono anche a fornire esperienza alle truppe cinesi, analogamente alla flotta.
Le capacità di proiezione militare cinese crescono e si ampliano in concomitanza con l’allargarsi e il consolidarsi della “Nuova via della seta” a conferma delle ambizioni globali cinesi.
Pechino del resto è una delle più grandi potenze militari nel mondo ed è il secondo maggiore produttore mondiale di armamenti, dietro gli Stati Uniti e davanti alla Russia secondo il rapporto annuale del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), il think tank che ogni anno stila la classifica delle spese militari e degli Stati produttori di armamenti.
Quattro grandi gruppi industriali dei settori dell’aerospazio, dell’elettronica e dei sistemi terrestri si collocano tra i primi 20 player mondiali del settore (insieme a 11 società americane, 6 europee e 3 russe) e secondo la Top 100 del think-tank svedese per il 2017, le vendite totali di sistemi per la Difesa degli Stati Uniti si attestano a 226,6 miliardi di dollari, quelle cinesi a 54,1 e quelle della Russia a 37,7 miliardi.
Il gruppo aeronautico Aviation Industry Corporation of China (AVIC) si classifica sesto maggiore produttore di armi, con un fatturato stimato di 20,1 miliardi di dollari nel 2017. All’ottavo posto troviamo China North Industries Group Corporation (NORINCO), incentrato sui sistemi terrestri, con un fatturato stimato di 17,2 miliardi di dollari. Le altre due società esaminate, China Electronics Technology Group Corporation (CETC) e China South Industries Group Corporation (CSGC), hanno raggiunto vendite rispettivamente per 12,2 miliardi di dollari e 4,6 miliardi.
Ormai Avic incalza sul piano finanziario e produttivo le americane Boeing, Northrop, Grumman e Raytheon come ha sostenuto il non certo imparziale quotidiano cinese South China Morning Post.
la Cina sta progressivamente diventando meno dipendente dalle importazioni di armamenti e tecnologia militare, per lo più dalla Russia e del resto l’obiettivo enunciato da Xi Jinping nel 2017, in occasione del diciannovesimo congresso del Partito comunista cinese. è il raggiungimento dello status di “potenza militare globale” entro il 2049.
E’ evidente come la volontà cinese di modernizzare le proprie forze armate sia legata a doppio filo con la volontà di diminuire il divario tecnologico con gli Stati Uniti che ha determinato un costante aumento delle spese militari nazionali: nell’arco temporale 1998-2018, infatti, il budget annuale della Difesa cinese ha visto un incremento di 208 miliardi di dollari (da 31 a 239 miliardi). Nel 2020, Pechino ha approvato un budget per la Difesa che registra un incremento del 6,6% rispetto al 2019, nonostante l’impatto sul Pil della pandemia da Covid-19.
Il varo – lo scorso 22 aprile – della seconda unità d’assalto anfibio Type 075 e l’imponente esercitazione militare tenutasi nel Mar cinese meridionale lo scorso luglio hanno confermato la volontà del Partito comunista cinese di sviluppare le capacità aero-navali che serviranno a Pechino per proiettare la propria forza sulle acque limitrofe.
Nonostante gli esperti siano concordi nel riconoscere a Pechino un miglioramento delle proprie capacità militari, molti restano scettici riguardo le reali capacità di un esercito che non scende sul campo di battaglia da circa quarant’anni (ultimo confronto militare su vasta scala risale ai 30 giorni di guerra sino-vietnamita del 1979 e alle scaramucce navali del 1988, sempre contro il Vietnam) e che sembra non essere, almeno al momento, in grado di emulare o superare la tecnologia militare statunitense
La cintura economica della “Via della seta”
Di seguito alcuni brani tratti dal libro del 2013 “XI JINPING Governare la Cina” che permettono di capire meglio l’attuale pensiero politico-economico cinese in relazione alla “Via della seta”.
“Sono trascorsi oltre duemila cento anni da quando Zhang Qian, emissario della dinastia Han incaricato di una missione di pace e amicizia, fu inviato per due volte in Asia Centrale, i suoi viaggi inaugurarono contatti amichevoli tra la Cina e i Paesi dell’Asia Centrale e aprirono la Via della Seta, che si estendeva da Oriente a Occidente e collegava Europa e Asia. La mia provincia natale, lo Shaanxi, si trova proprio sul punto di partenza dell’antica Via della Seta. Stando qui a rievocare la storia, mi sembra di sentire il tintinnio delle campane dei cammelli che risuonano tra le montagne, e di vedere le colonne di fumo arricciarsi verso l’alto, fluttuando nel vasto deserto. Tutto ciò mi è estremamente caro.
Questa striscia di terra, il Kazakistan, attraversata dall’antica Via della Seta, ha dato un contributo importante alla comunicazione tra la civiltà occidentale e orientali e alla promozione della cooperazione e degli interscambi tra nazioni e culture diverse. Ha accolto un flusso incessante di inviati diplomatici, mercanti, turisti, studiosi e artigiani; I paesi lungo la Via della Seta hanno condotto scambi, sopperendo alle reciproche necessità, hanno appresso l’uno dall’altro, dando impulso insieme, al progresso della civiltà umana.
Da oltre venti anni, in seguito al rapido sviluppo delle relazioni tra la Cina e i Paesi euroasiatici, l’antica Via della Seta irradia, ogni giorno di più, nuova vitalità, attraverso nuove forme, essa sospinge la cooperazione di mutuo vantaggio tra la Cina e i Paesi euroasiatici verso un livello storico più elevato. Un vicino prossimo è meglio di un parente lontano. La Cina e i Paesi dell’Asia Centrale sono buoni vicini legati l’uno dall’altro da monti e corsi d’acqua. Ci auguriamo di accrescere continuamente la reciproca fiducia, di consolidare l’amicizia e rafforzare la cooperazione, di promuovere la prosperità e lo sviluppo comuni e di favorire il benessere dei popoli di tutti i Paesi, insieme con i paesi dell’Asia Centrale. In tale contesto, dobbiamo:
- preservare la nostra amicizia di generazione in generazione, essere dei buoni vicini, in armonia e concordia;
- proseguire fermamente nel sostenerci a vicenda, essere buoni amici, sinceri, che si fidano l’uno dall’altro;
- rafforzare vigorosamente la cooperazione pratica e creare un partenariato di muto beneficio e mutuo vantaggio;
- ampliare la cooperazione regionale, adottando una visione più ampia e orizzonti più estesi, creare insieme un nuovo splendore.
Possiamo cominciare dai seguenti aspetti, in modo da estendere la esperienza di punta a tutta la zona e formare gradualmente una grande cooperazione regionale-
Il Primo Aspetto, riguarda il potenziamento delle consultazioni politiche. Tutti i Paesi dovrebbero intrattenere ampi scambi sulle strategie e le politiche di sviluppo economico, in linea con il principio di ricercare l’unità mantenendo le differenze;
Il Secondo Aspetto, riguarda il rafforzamento delle comunicazioni stradali. I paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai stanno negoziando stanno sviluppando un accordo per la facilitazione dei trasporti. In tale contesto si sta aprendo un grande corridoio di trasporto, che collegherà il Pacifico e il Mar Baltico.
Su questa base, siamo pronti a prendere attivamente in esame, insieme con le parti interessate, il perfezionamento delle infrastrutture dei trasporti transfrontalieri e a dare gradualmente forma a una rete di trasporti e comunicazioni, in grado di collegare l’Asia Orientale, l’Asia Occidentale e l’Asia Meridionale, al fine di facilitare lo sviluppo economico di tutti i Paesi e la circolazione di persone e merci.
Il Terzo Aspetto riguarda il rafforzamento di un commercio sena ostacoli. I Paesi lungo la cintura economica della Via della Seta contano in totale circa tre miliardi di abitanti, che costituiscono un mercato di un’ampiezza e un potenziale senza equivalenti. Il potenziale per la cooperazione tra tutti i Paesi, nei settori del commercio e degli investimenti è enorme.
Il Quarto Aspetto riguarda il rafforzamento della circolazione monetaria. La Cina ha condotto una cooperazione positiva con Paesi come la Russia per il commercio in valute locali, raggiungendo risultati soddisfacenti e accumulando una ricca esperienza. E’ necessario che questa buona pratica venga maggiormente diffusa. Realizzando la convertibilità e il saldo delle monete nazionali nelle operazioni correnti e in conto capitale, i Paesi coinvolti potranno ridurre considerevolmente i costi della circolazione monetaria, accrescere la competitività economica internazionale della regione.
Il Quinto Aspetto riguarda il rafforzamento della reciproca comunicazione tra i popoli. I rapporti tra Stati si basano sui legami affettivi tra i popoli. Per condurre bene la cooperazione nei settori summenzionati è necessario ottenere il sostegno dei popoli di tutti i Paesi, rafforzare i rapporti di amicizia tra i popoli, promuovere la reciproca comprensione e l’amicizia tradizionale e stabilire così solide fondamenta sociali e di consenso popolare, in grado di favorire la cooperazione regionale.
Conclusioni
La strategia di penetrazione cinese è quella di fare prestiti per lo sviluppo dei porti e collegamenti ferroviari, o mettere soldi per entrare nella gestione di aziende di stato, attraverso le loro società pubbliche. I soldi per fare le opere poi vanno restituiti. Lo Sri Lanka non ci è riuscito e ha dovuto cedere le infrastrutture ai cinesi, a rischio Pakistan e Malaysia. Più un paese è finanziariamente debole e più è propenso a passare sopra ai termini dei contratti. La Germania ha allo studio normative per frenare gli investimenti cinesi in società tedesche, acquisizione che non fanno parte della Belt and Road Initiative ma sono collegati. La reazione nasce a seguito dell’acquisto, nel 2016 di Kuka Robotic, da parte dei cinesi di Midea Group per 4,5 miliardi di euro.
Che le loro proposte possano essere opportunità di business è fuori discussione. Ma non si tratta mai di rapporti da pari a pari: i cinesi possono investire ed entrare nella gestione delle nostre infrastrutture, ma a nessuna azienda europea è concesso investire in una azienda di stato cinese.
Nel loro piano di espansione non trattano con l’Unione Europea, ma direttamente con ogni singola capitale o in forum da loro controllati. In prospettiva la “Via della seta” sarà un dominus con valori e metodi molto diversi di quelli europei. A Bruselles lo sanno e qualche anno fa (2018), in una lettera, 27 ambasciatori europei a Pechino (mancava l’Ungherese) hanno sottolineato che la Belt and Road Iniziative, “va contro il programma della UE “e favorisce esclusivamente le grandi imprese cinesi.
Pechino desidera investire in Italia: sarà fondamentale, se accordi si faranno, non solo scrivere contratti in linea con le pratiche europee, non solo stabilire chi realizzerà i lavori, se imprese italiane, cinesi o miste, ma soprattutto, avere chiaro quali sono gli interessi politici che muovono gli investimenti cinesi.
Nel 2020 i prestiti cinesi all’estero hanno subito un forte calo: Pechino sta riconsiderando la Belt and Road Initiative sembra intenzionata a mantenere un approccio morbido in questo frangente, acconsentendo al rinvio dei pagamenti degli interessi e rinegoziando i prestiti.
Ma l’esperienza e l’impatto anche geopolitico del Covid 19 stanno facebdo crescere su scala internazionale la diffidenza nei confronti dei vertici cinesi, che getta un’ombra pesante sul grande progetto della Belt and Road Initiative. Come ha scritto Jonathan Hillman, la Cina sta scoprendo che “sulla Nuova via della seta i rischi viaggiano in entrambi i sensi di marcia, e i problemi possono tornare indietro”.