Flotta russa in crisi: tra parate annullate, droni ucraini e navi fantasma
Il potere marittimo russo subisce una battuta d’arresto significativa in occasione della preannunciata e tradizionale parata navale prevista a San Pietroburgo. I rischi connessi alla più che possibile presenza di droni ucraini ha dissuaso le autorità russe che, tuttavia, come da tradizione, non hanno fornito particolari dettagli; non si può tuttavia escludere quanto esposto dal Centro per il Contrasto della Disinformazione sul conflitto russo-ucraino per cui il Cremlino non può più trascurare il fatto che il conflitto non tocchi il fronte interno, cosa che ha messo sull’avviso anche la flotta, non più completamente sicura nemmeno entro i suoi porti. Meglio, dunque, evitare di esporre vulnerabilità e vuoti creati dalle recenti perdite belliche.
Putin, apparso in un video messaggio, se da un lato osanna coraggio e forza dei marinai russi, dall’altro opta per una presenza operativa connessa all’ultima parte dell’esercitazione Tempesta di Luglio, in chiusura nel Baltico. Putin ha voluto comunque rammentare, con un finale a colori, come la Russia abbia sempre attribuito particolare importanza alla sua flotta ed alla forza strategica globale che rappresenta. Una forza tuttavia intimorita da 51 droni di Kiev che, nelle stesse ore dell’evento, si facevano strada nei cieli russi verso l’ex Leningrado. L’aeroporto di Pulkovo è stato dunque chiuso per diverse ore, salvo riaprire dopo i ringraziamenti profusi anche alla Marina ed in particolare alla fregata Admiral Grigorovich, che avrebbe difeso attivamente la zona.
E proprio sulla Marina si rivolge l’attenzione, specie dopo le perdite subite nel Mar Nero, una Forza Armata che persegue, come può, programmi di modernizzazione e allestimento navali concentrati – come sempre – su sommergibili lanciamissili e d’attacco1, e navi di superficie di minore dislocamento ma particolarmente equipaggiate2. Interessanti e da analizzare i progetti di modernizzazione di navi già esistenti, che potrebbero chiarire meglio il quadro, visto che interessano navi di stazza e rilevanza maggiori come gli incrociatori nucleari da battaglia Pyotr Velikiy e Admiral Nakhimov da 28.000 tonnellate, ambedue appartenenti alla vetusta classe Kirov, senza contare l’Admiral Kutnetsov (foto seguente), portaerei – l’unica – famosa per le sue densissime fumate nere e per gli incidenti di volo.

Stando a quanto è possibile analizzare, la strategia russa è concentrata sulla produzione seriale di battelli a propulsione nucleare e di navi di superficie più piccole, benché dotate di armi avanzate come i missili ipersonici, indirizzate a garantire, quanto meno nelle intenzioni, proiezione di potenza e deterrenza.
Secondo alcuni statement russi, i reattori dell’Admiral Nakhimov, attualmente nel cantiere navale di Sevmash a Severodvinsk sul mar Bianco, sono attivi, tanto da essere pronti per le prove in mare, asserzione tutta da verificare alla luce di debacle e molteplici precedenti ritardi. Per anni il Nakhimov è rimasto in bacino per un impegnativo refit, forte della promessa che sarebbe tornata a battere l’onda come fondamentalmente nuova e dotata di un’intera gamma di nuove armi e sensori, tutte ambizioni sostanziali oggetto di revisione. Al momento, in attesa di tempi migliori, la Marina federale russa gestisce effettivamente un singolo incrociatore classe Kirov, il Pyotr Veliky dotato di armi e sensori di epoca sovietica. Di fatto il Nakhimov è rimasto inattivo per oltre un decennio, con date di consegna perennemente posticipate. Il problema rimane nel vedere se l’ambizione di rinnovamento è pari alla reale auspicata operatività. Originariamente l’aggiornamento era destinato a garantire non meno di 174 tubi di lancio verticali VLS, dove 80 di questi tubi avrebbero dovuto ospitare missili da crociera, tra cui il subsonico Kalibr, il supersonico Oniks e l’ipersonico Zircon, schierato al momento solo sulle fregate classe Gorshkov.

Il quadro rimane ancora più complesso in funzione di quanto noto a proposito dell’unica portaerei russa, l’Admiral Kutnetsov, per la stessa Izvestia pronostica un destino così incerto da valutare la possibilità di demolire l’unità, dai i costi insostenibili, con lavori ormai fermi da anni e con incidenti tali da compromettere la struttura stessa della nave. Anche qui, la portata di ambizioni e promesse non è stata alla pari con gli scarsissimi risultati conseguiti3. I problemi derivano dallo stato delle piattaforme e cosa consentono di fare, insieme con l’efficienza e l’efficacia del sistema di combattimento, inteso nei termini di volumi, potenze elettriche, raffreddamento e condizionamento, tutte attività tecnologiche che trovano origine nel secolo scorso e che si scontrano con il coordinamento e la disponibilità dei materiali, aspetti questi oggetto di sanzioni che, nel tempo, potrebbero star producendo i loro effetti; la realtà industriale russa, fatta di problemi tecnici, ritardi, carenza di manodopera qualificata, per rimanere nell’attualità sta facendo pagare il suo dazio.
Operativamente il Kuznetsov è troppo obsoleto per avere una valenza operativa, ma è politicamente troppo iconico per una rapida radiazione che segnerebbe il prestigio navale russo, a meno che non la si legga come un nuovo inizio tuttavia molto difficile. L’unica soluzione sensata potrebbe essere quella di realizzare una nuova portaerei di minore stazza con unità propulsiva standard (turbine a gas o nucleari) e con aerei imbarcati come il J-35 cinese. Ad ogni modo, la criticità della situazione sarebbe confermata dalle relazioni della russa VTB Bank, proprietaria della United Shipbuilding Corporation, per demolire la nave, ormai priva dei requisiti essenziali.
Ammesso che l’aggiornamento sia andato a buon fine, rimane sul piatto l’incrociatore Admiral Nakhimov è pronto a tornare in mare; c’è solo da comprendere se si tratta di un simbolo o di un’unità operativamente e strategicamente valida dopo oltre 10 anni di lavori. Pur con i dovuti distinguo, non può non tornare alla memoria il Moskva, affondato pur dopo la prevista e lunghissima trafila di aggiornamenti.

Che succede ora in Mediterraneo? Ci sono segnali di una significativa riduzione della presenza navale russa, sommergibili compresi; Mosca ha perso l’appoggio della base siriana di Tartus, unico porto logistico permanente russo nel Mediterraneo. L’assenza di un attracco fisso obbliga Mosca ad accordi temporanei, magari in Algeria, o ad operazioni di rifornimento in mare, compromettendo la possibilità di sostenere missioni a lungo termine. È utile ricordare che, in questo frangente, Ankara ha bloccato Bosforo e Dardanelli, impedendo alla Flotta del Mar Nero di muoversi e tagliando la principale via di rifornimento.
Malgrado la presenza russa si sia ridotta, non è possibile parlare di abbandono irreversibile, dati gli interessi strategici regionali perseguiti. Sta di fatto che la capacità operativa russa è decisamente limitata, condizionata dal declino di un numero consistente di unità navali e dalla condotta bellica dell’Ucraina, di certo non una potenza marittima, che ha permesso l’affondamento o il danneggiamento di diverse unità d’altura russe4 nonché la compromissione della base di Sebastopoli.
1 Classe Borei-A: sommergibili lanciamissili balistici a propulsione nucleare (SSBN); Classe Yasen-M: sommergibili d’attacco a propulsione nucleare (SSGN) a bassa segnatura radar, sono armati con missili ipersonici Zircon e missili da crociera Kalibr.
2 Fregate classe Admiral Gorshkov; Corvette classe Buyan-M e Karakurt; Cacciamine classe Alexandrit; Navi da sbarco classe Ivan Gren; pattugliatori artici
3 Gli interventi migliorativi prevedevano l’installazione di radar e sistemi di comunicazione, il rinnovo completo dell’apparato propulsivo, la sostituzione delle turbine e l’aggiornamento dei generatori. Era inoltre prevista l’integrazione di missili di ultima generazione e sistema di difesa aerea a corto raggio
4 Si stima circa 1/3 della flotta russa del Mar Nero
Foto: Cremlino / RIA Novosti / TASS / X
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