Francia in crisi: la legge di bilancio implode e Macron crolla al minimo storico
La musica serve, fa compagnia, segna i momenti. Dopo anni di rara durezza e di presidenti un tempo ridanciani, cominciamo da uno scomodo paracarro con uno squillante Ta-ta-ra-zaz che annuncia l’arrivo in curva della promozione de les italiens targata Moody’s, dopo oltre due decenni.
Roma non ha certo risolto tutti i problemi ma, almeno per quest’anno, è la legge di bilancio francese ad attirare le attenzioni.
L’assemblea nazionale, con un solo voto a favore, ha rigettato diverse parti della legge di bilancio, lasciando aperta la possibilità che un parlamento frammentato non riesca a raggiungere un accordo entro la fine dell’anno. Dopo la bocciatura della regolamentazione relativa alle entrate fiscali, il testo dovrà ora essere valutato al Senato, che presumibilmente casserà molti degli emendamenti aggiunti dall’Assemblea Nazionale. Una volta concluso l’esame da parte della Camera alta, una commissione mista cercherà di mediare un compromesso. Le parole d’ordine, fin dall’inizio, sono state austerità e visione strategica accompagnate da un pericoloso rischio politico.
Con un’ipotesi di risparmio da 43,6 miliardi di euro, la manovra francese intende ridurre il deficit pubblico e mettere un freno al debito, con un forte appello all’impegno collettivo.
Punti cardine: due giorni festivi in meno da forte impatto simbolico (lunedi dell’Angelo e lunedi 8 maggio) e potenziali resistenze sindacali e culturali; riduzione del deficit (Parigi ha sfondato il tetto dei 3.300 miliardi di debito pubblico); stabilizzazione del rapporto debito PIL cercando di evitare derive italo-greche.
L’inversione di rotta condurrà ad un anno bianco per welfare, stipendi, sanità e pensioni. Di fatto un congelamento totalizzante che vuole colpire l’inflazione ma che punirà famiglie e pensionati, eccezion fatta per la Difesa che, nel 2030, raggiungerà i 64 miliardi da inserire nel più ampio contesto geopolitico europeo.
In arrivo poi la lotta senza quartiere a frodi fiscali e sociali ed alle “nicchie”, tutte misure volte a riequilibrare il carico fiscale ma che susciterà forti resistenze trasversali. Il rischio di instabilità è concreto, vista la mancanza di una maggioranza autonoma e malgrado l’appoggio presidenziale. Non è da escludere l’ennesimo ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione che permette l’approvazione della finanziaria senza vaglio parlamentare che però aprirebbe l’ipotesi di un voto di sfiducia all’ombra dell’aumento delle aliquote dell’imposta sul reddito.
In ogni caso, nessun rischio di shutdown all’americana: i pagamenti non si fermeranno. Lecornu, del resto, ha promesso di non ricorrere ad alcun potere speciale.
Elemento cruciale rimane il blocco socialista, fondamentale per la sospensione dell’impopolare ma necessaria riforma delle pensioni.
La sensazione, tuttavia, è che la resa dei conti sia solo rimandata. Sostanzialmente la Francia corre il rischio di chiudersi deliberatamente in una trappola, dove le lobby sono condizionanti come i sindacati e dove l’impresa gode di privilegi radicatissimi, un sistema che non ha consentito il successo della scommessa del rinnovamento macroniano, privo di centro politico.
Non è pessimismo, ma razionalità; se è vero che la Francia ha più possibilità dell’Italia 2011, è anche vero che rigidità e frammentazione impediscono qualsiasi compromesso per una situazione che l’Europa soffre più delle asperità greco italiane. Soluzioni facili non ce ne sono, a meno che non si razionalizzino i traumi, con costi sociali lievitanti e sovranità a rischio.
Anche se Le Pen e Bardella conquistassero la maggioranza, il pareggio di bilancio resterebbe comunque difficile. Le stime di Asterès hanno previsto che che i tagli su welfare, migranti, frodi e sanità non coprirebbero né i tagli fiscali né le altre misure espansive programmate, senza contare la riduzione del contributo UE (5 miliardi) tutto da negoziare pensando ad un nuovo quantitative easing. In fondo di tratta di una crisi da cui potrebbe sorgere la fenice di una nuova Repubblica, la Sesta.
Il primo risultato riguarda tuttavia il presidente, sempre più impopolare. Nel caos Macron crolla al 16% certificando così la fine della sua parabola da “Mozart della finanza”; i dati francesi testimoniano una debacle sistemica oltre che finanziaria che può portare a fondo chiunque, Lecornu in primis, mentre si guarda più alle fughe estere in avanti che ad un interno fortemente compromesso anche dal narcotraffico. Nonostante tutto, l’ipotesi più probabile, è che si debba ricorrere a una legge speciale per prolungare il bilancio 2025, confermando però una paralisi politica.
Il tempo sui paracarro in curva vola; aspettiamo il nostro prossimo Ta-ta-ra-zaz. Chissà cosa pensano ora i francesi.
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