Francia senza governo: Lecornu si dimette dopo appena 836 minuti
La Francia conosce traumaticamente l’esigua entità temporale del governo Lecornu, attualmente detentore del più breve mandato nella storia della 5 Repubblica: 836 minuti.
Solo un giorno fa, durante quello che doveva essere un giorno di rassicurante tranquillità domenicale, era stata diramata la contestatissima lista dei 18 ministri, teoricamente già votati ad affrontare, entro il 7, appuntamenti istituzionali di rilievo, pur alla luce di una latente inconsistenza della maggioranza e sotto la spada di Damocle di una possibile mozione di sfiducia da parte delle opposizioni. Ecco dunque l’inevitabilità di dimissioni puntualmente giunte dopo il ritiro dell’appoggio di parte della maggioranza, dei centristi e di parte della destra moderata.
Unanimi le critiche dalla destra della Le Pen e dalla sinistra di France Insoumise. Peccato che dal 2022 la Francia ha assistito alla nomina ed alla contestuale caduta di 5 governi, evidenziando un’inedita instabilità, mentre il debito pubblico ha raggiunto una quota pari al 115,6% del PIL, accompagnato da un deficit pubblico che ha toccato il 5,8% del PIL, molto vicino a quello che è il doppio del 3%, fissato dai trattati europei.
Il presidente Macron non ha potuto che accettare le dimissioni di un presidente che ha denunciato la carenza di condizioni per tenere una posizione già di suo difficilissima e che ha indicato negli interessi partitici di parte la causa dell’ennesimo fallimento. Per una volta, apparentemente, la visione olistica del benessere nazionale politicamente trasversale, non è giunta a coronamento pur a fronte di aperture a possibili compromessi da parte del premier.
Lecornu, nel suo messaggio alla Nazione, ha accusato i partiti di non vedere la crisi provocata dal mancato utilizzo dell’art. 49.3 della Costituzione, che permette di approvare leggi senza voto parlamentare, fatte salve le possibili mozioni di sfiducia; un riferimento all’artificio che ha consentito ai vari governi macroniani di approvare manovre finanziarie prive del vaglio parlamentare, con l’ovvia ira delle opposizioni.
Pesante la reazione sia di Melenchon sia dei neo gollisti, che ha chiesto di procedere con la rimozione del presidente, considerato il primo responsabile della situazione con l’ex ministro Le Maire riciclato come ministro delle Forze Armate, mentre la destra richiede lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale prodromica ad elezioni anticipate, tutte ipotesi peraltro non di esclusivo appannaggio delle ali politiche più estreme.
Intanto, la situazione finanziaria, con il sempre più probabile arrivo di misure di austerità, ha inciso sulla Borsa parigina, non immune dagli effetti del richiesto ma mancato rinnovamento, stigmatizzato dal leader socialista Vallaud, che punta l’ostinazione di Macron, condannato da quelli che avrebbero dovuto essere l’ago della bilancia, i Repubblicani.
L’impasse è grave, e di fatto mette sotto accusa sia un sistema di governo probabilmente da rivedere, sia una conduzione più squisitamente politica che non è riuscita a resistere all’onda delle difficoltà oggettive. Forse, il problema politico francese, questo pomeriggio, sta nelle parole di Lecornu, che ha parlato di compromessi necessari, ma non di compromissioni. Il problema è semantico, e di responsabilità politica, fiaccata dal contrasto tra voto presidenziale e voto legislativo.
L’UE, nel frattempo, non esprime né commenta quella che è una delle situazioni politiche più delicate degli ultimi anni.
Nel frattempo, le reti tv trasmettono le immagini di un presidente a piedi sul lungo Senna, sempre più solo. Titoli di coda su Renaissance.
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