Geopolitica dello Spazio: la nuova corsa globale
Il dominio spaziale, dopo quello terrestre, marittimo, aereo e cyber, ha ormai acquisito significativa importanza strategica.
Il crescente interesse economico per lo sfruttamento di giacimenti di materie prime che sono sul suolo lunare, infatti, e la rilevanza militare che il nostro satellite avrà quando sarà colonizzato, sotto forma di basi lunari permanenti o stazioni spaziali orbitanti attorno alla Luna, unito al fondamentale contributo dei satelliti artificiali che orbitano attorno al nostro pianeta, fanno ben comprendere il ruolo che lo spazio ha oggi assunto (leggi articolo “Dalla terra alla Luna (aspetti di sicurezza e difesa)“).
Per effetto dei progressi tecnologici è, inoltre, lo spazio diventato una parte integrante della nostra vita quotidiana. Basti pensare ai vari sistemi per la navigazione satellitare, che hanno reso obsolete (ma con ancora un loro ruolo) le cartine geografiche, alle miriadi di applicazioni che impiegano la geolocalizzazione, alle trasmissioni televisive via satellite e alle sempre più numerose antenne paraboliche nelle nostre case, alla possibilità di effettuazione di previsioni meteorologiche sempre più precise grazie proprio all’osservazione dal cielo dei fenomeni atmosferici, al monitoraggio dell’ambiente.
Quanto detto fa ben comprendere le profonde implicazioni strategiche e le potenzialità economiche che stanno alla base della corsa allo spazio (e alla sua militarizzazione) da parte delle principali potenze mondiali (leggi articolo “Spazio: geopolitica, economia e difesa”). In tale ambito, va sottolineata la convergenza tra gli interessi istituzionali dei governi e le esigenze delle imprese private, che hanno permesso i rapidi progressi registrati negli ultimi decenni e che continuano a spingere per una continua crescita tecnologica. Mentre i primi indicano scenari e regole entro i quali muoversi, le seconde forniscono risposte tecniche al meglio delle loro possibilità.
Oggi, quindi, stiamo assistendo a un altro grande salto epocale di una società che si estende verso lo spazio, dopo il passaggio dalla terraferma al mare e poi all’acquisizione della capacità di volare.
Dopo aver riempito l’orbita terrestre bassa di stormi di satelliti artificiali, ora ci stiamo allontanando ancor di più, “colonizzando” zone sempre più lontane, uscendo dall’atmosfera terrestre fino a toccare l’orbita lunare, gettando lo sguardo e l’immaginazione ancora più lontano, per il momento fino al pianeta che ci ha affascinato da sempre: Marte (leggi articolo “Spazio, la nuova frontiera”).
Ma, per il salto oltre la Luna, i tempi saranno ancora abbastanza lunghi, dato che lo spazio non è particolarmente amichevole verso la nostra forma di vita, essendo caratterizzato da condizioni complessive terribilmente ostili, da eventi estremamente violenti e da velocità cui non siamo abituati sulla Terra.
Dato che i progressi avvengono piuttosto velocemente, essendo in atto una vera e propria corsa strategica allo spazio, appare opportuno effettuare un aggiornamento in merito a quanto già illustrato in precedenza (leggi articolo “Geopolitica ed esplorazione spaziale”).
Cina
La Cina, non contenta di dominare il mercato dei chip, le filiere delle terre rare o l’intelligenza artificiale generativa, da tempo ha messo tra i suoi obiettivi strategici anche lo spazio, secondo un programma concreto, funzionale e, ovviamente, strategico. Il 14 maggio ha, quindi, lanciato in orbita bassa i primi 12 satelliti della costellazione Star Compute, un ambizioso programma condotto dalla start-up ADA Space sostenuto, tra gli altri, dal gigante Alibaba. L’obiettivo finale è quello di sistemare in orbita una flotta di 2.800 satelliti, che formeranno una nuvola elettronica denominata “Space Computing Constellation 021” ovvero una costellazione di calcolo che sostanzialmente sarà, in termini spicci, un supercomputer orbitante. Una sorta di elaboratore monstre in cui ogni satellite, e sottolineo ogni satellite, “…monta un modello AI da 8 miliardi di parametri, con una potenza computazionale da 744 TOPS…”i. I dodici satelliti già messi in orbita arrivano a complessivi cinque miliardi di miliardi di operazioni al secondo (5 petaflopsii), mentre l’obiettivo finale dichiarato è 1.000 petaflops con l’intera costellazione. Il tutto insaporito da interconnessioni laser da 100 Gbps e 30 terabyte di storage condiviso. Per i profani, un normale PC è in grado di eseguire poche migliaia di operazioni in circa otto oreiii.
In sostanza, questo sistema sarà in grado di trattare dallo spazio calcoli fondamentali, riducendo drasticamente la dipendenza da infrastrutture informatiche collocate sulla superficie terrestre. Una capacità autonoma che proietterà la Cina ai primi posti nelle capacità di elaborazione con i computer.
Sotto il profilo dei viaggi spaziali, la Cina prosegue il suo programma per lo sviluppo di lanciatori spaziali riutilizzabili, un segmento attualmente dominato dal Falcon 9 dell’azienda statunitense SpaceX. La compagnia privata cinese LandSpace Technology Corporation, che nel luglio 2023 è stata la prima a inviare in orbita un razzo alimentato a metano liquido, lo Zhuque-2 (ZQ-2), sta sviluppando lo Zhuque-3, un nuovo lanciatore il cui secondo stadio ha molte similitudini con analoghi progetti USA di SpaceX e che nel gennaio e settembre 2024 ha concluso con successo attività di decollo e atterraggio verticali. Nel frattempo, la sturt-up Space Epoch (SEPOCH) nel maggio 2025 ha annunciato di aver condotto con successo un test del suo razzo riutilizzabile Yuanxingzhe-1, lanciato da una piattaforma galleggiante sul Mar Giallo, al largo della costa della provincia orientale di Shandong.
India
L’Agenzia spaziale indiana ha trasmesso un nuovo calendario per il proseguimento del programma di volo umano denominato “Gaganyaan”. Già a suo tempo ritardato a causa della pandemia da Covid-19, il primo volo umano autonomo è oggi previsto per il 2027. Allo scopo di testare i sistemi di emergenza, nel 2026 verrà lanciato in orbita bassa il modulo destinato a ospitare l’equipaggio, che imbarcherà un robot umanoide.
In aggiunta, New Delhi ha programmato l’assemblaggio di una stazione orbitale propria entro il 2035, quale premessa all’avvio del suo programma lunare.
A giugno, intanto, si è registrato il ritorno nello spazio – dopo 41 anni – di un secondo astronauta indiano, che ha partecipato alla missione Ax-4 (Axiom Space-NASA) verso la Stazione Spaziale Internazionale.
Russia
Quasi a simboleggiare un abbassamento delle capacità complessive spaziali di Mosca, frutto di problemi economici, di mancanza di visione e di enormi energie sottratte alla ricerca spaziale da una guerra di aggressione condotta ai danni dell’Ucraina, lo scorso 10 maggio la sonda spaziale russa Cosmos 482 è rientrata in maniera incontrollata nell’atmosfera terrestre, inabissandosi nell’Oceano Indiano. Concepita durante la Guerra Fredda, era previsto che tale sonda viaggiasse verso Venere ma, dopo il lancio, un’avaria al lanciatore Soyuz l’ha imprigionata nell’orbita terrestre fin dal 1972. È così finita, in maniera poco edificante, la sua storia.
USA
A riprova del fatto che la presenza nello spazio ha importanti implicazioni sulle questioni strategiche sulla Terra, gli Stati Uniti lo scorso 20 maggio hanno selezionato l’architettura finale del cosiddetto Golden Dome che, ideato dal Dipartimento della Difesa e da numerose industrie del settore si basa di una significativa componente spaziale costituita da una megacostellazione di satelliti che consentirebbero la rilevazione e l’intercettazione degli eventuali attacchi contro il territorio statunitense condotti con missili da crociera e/o ipersonici.
Un programma che richiama alla mente le famose “guerre stellari” di reaganiana memoria e lo “scudo spaziale” del progetto noto come National Missile Defence (NMD), che ha tenuto banco agli inizi di questo secolo. Tuttavia, per la “nuova” iniziativa oggi sono prevedibili costi che fanno tremare i polsi economici anche della prima potenza militare e spaziale del mondo, dato che si stima una spesa di circa 175 miliardi di USD. Una cifra che molti osservatori ritengono largamente sottovalutata, ritenendo più credibile una spesa complessiva di circa 500 miliardi di USD. Costi faraonici a fronte di una situazione economica americana non felicissima. E non saranno sufficienti i “risparmi” dovuti ai licenziamenti di massa dei dipendenti della pubblica amministrazione o la scellerata politica dei dazi a risollevare il PIL USA, anzi.
Il calendario, comunque, prevede il raggiungimento delle prime capacità operative nel 2029, ma anche ciò ha fatto sollevare dei dubbi, ritenendo tale data troppo ottimistica in confronto alla complessità del programma e ai numerosi problemi pratici correlati all’intercettazione dei missili strategici che costituiscono la minaccia.
Ciò nonostante, l’ambizioso programma ha suscitato l’interesse del complesso militare e industriale statunitense, con almeno 180 aziende che si sono mobilitate, anche se non mancano le critiche per presunti favoritismi verso alcuni rappresentanti della Silicon Valley.
Sotto il profilo del ritorno sulla Luna, le turbolenze politiche avvenute dall’insediamento dell’Amministrazione Trump 2.0 hanno fatto sorgere dubbi circa il futuro del programma “Artemide” (Artemis). La NASA, infatti, sta attraversando uno dei peggiori momenti della sua storia, che fa presagire tempeste ancora peggiori. A seguito dell’azione (quanto disinteressata?) di Elon Musk, poi entrato in rotta di collisione con Trump ma recentemente riappacificatosi (?), il 31 maggio il presidente USA ha rimosso dal suo incarico Jared Isaacman perché “non in linea con la politica della Casa Bianca”. Uno dei molti licenziamenti di cariche di vertice avvenuti in modo alquanto brutale nel corso dei primi otto mesi dell’Amministrazione Trump 2.0. A ciò si è aggiunta una riduzione del 24% del budget, cosa che con molta probabilità avvantaggerà Pechino, ormai lanciata (è proprio il caso di dirlo) alla ricerca della parità tecnologica con Washington. Ciò comporta che il programma Mars Sample Return (MSR), condotto in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e pensato per l’invio di sonde per il recupero di materiale marziano da analizzare sulla Terra, sia messo in grave pericolo, come anche il contributo USA alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Ma la tempesta politica che si è abbattuta sugli USA ha messo in pericolo anche gli altri programmi della NASA, dallo sviluppo di un nuovo lanciatore pesante, al volo umano nello spazio, alla stazione spaziale “Gateway”, i cui primi elementi sono già stati assemblati in Europa. Su questo poco esaltante sfondo sta prendendo piede un acceso dibattito al Congresso, dove si sta cercando di impedire che le scelte della Casa Bianca condizionino negativamente la corsa allo spazio e il primato statunitense, riportando indietro di sessanta anni le capacità della NASA.
Blue Origin, invece, sembra mantenere i propri obiettivi di allunaggio senza equipaggio (ma con almeno tre tonnellate di carico utile) nella zona del polo sud lunare, utilizzando un prototipo del sistema Human Landing System (HLS) conosciuto come “Blue Moon Mark 1”. La missione studierà anche l’interazione tra azione dei motori e regulite lunare. La versione Mark 2 sarà sviluppata nell’ambito del programma “Artemide” a partire dalla quinta missione, oggi prevista per il 2029.
Turchia
Dopo aver rafforzato le sue capacità marittime, la Turchia prosegue il suo cammino autonomo verso lo spazio rilanciando nel 2024 un progetto di porto spaziale in Somalia che, iniziato nel 2021, aveva conosciuto una flessione. Il progetto, stimato in 350 milioni di USD, dovrebbe consentire ad Ankara di sviluppare proprie attività tecnologiche e commerciali ma, soprattutto, di accedere allo status di potenza spaziale. Un programma ambizioso che, tuttavia, presenta una lacuna sostanziale: la mancanza di un proprio lanciatore.
Europa
L’Europa, la cui capacità decisionale non permette di esprimersi in maniera tempestiva, guarda agli eventi statunitensi con le dita incrociate e, nel frattempo, pur in un quadro di difficoltà economiche e politiche (anche indotte dalla dissennata politica trumpiana dei dazi) cerca una propria identità spaziale, trainata dalle sue industrie d’avanguardia in Italia, Francia e Germania, che vantano esperienza e capacità di primissimo ordine.
Tuttavia, al di là dei rapporti diretti tra le aziende del settore, manca una efficace capacità di coordinamento, conseguenza soprattutto di assurde e infantili antipatie personali tra leader politici, che li rendono più somiglianti ai capponi di Renzo che a dei veri statisti.
Per l’Italia e la UE, visto che non è possibile lanciare dal territorio, dal Mediterraneo o dal mare del Nord (per i vincoli della traiettoria) la soluzione sarebbe quella della disponibilità di un sistema di lancio sea-based, che offre un vantaggio economico enorme rispetto alle strutture situate sulla terraferma in quanto i missili possono essere lanciati da una posizione ottimale (leggi equatoriale), aumentando considerevolmente il carico pagante e riducendo significativamente i costi dell’operazione.
Al fine di permettere l’ottenimento dell’accesso indipendente allo spazio da parte dell’UE e fornire il proprio qualificato contributo ai lanci equatoriali a basso costo (al momento la Francia garantisce solo lanci sub-equatoriali abbastanza costosi), già nel 2021 in ambito nazionale si era pensato a una soluzione che ipotizzava l’impiego dell’Incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi quale base galleggiante per la messa in orbita di satelliti militari e commerciali, in attesa di una nuova costruzione dedicata.
Un’idea che copriva un gap europeo e che presentava numerosi aspetti di novità e interesse geopolitico ed economico. La disponibilità di una piattaforma semovente idonea al controllo e al lancio e in grado di portarsi autonomamente e con relativamente poca spesa in acque internazionali (quindi non soggette ad alcuna autorizzazione da parte di autorità straniere) laddove più opportuno per il lancio del vettore rappresenterebbe, infatti, un elemento di cambiamento sostanziale nel gioco spaziale italiano ed europeo, e darebbe all’unità navale una nuova lunga vita in un contesto dual-use.
In tale ambito, la Marina Militare ha condotto un apposito progetto denominato “SIMONA” (Sistema Italiano Messa in Orbita da NAve). Avere una piattaforma di lancio di piccoli satelliti rappresenterebbe, infatti, un passo importante verso l’esplorazione di soluzioni innovative per conferire al Paese (e all’Europa) una capacità autonoma di accesso allo spazio, oltre che un elemento di grande interesse anche per le positive ricadute in termini di progresso delle capacità industriali nazionali. Lo studio di fattibilità si è concluso ma, nonostante gli interessanti e favorevoli aspetti economici e geopolitici, l’idea è stata accantonata dalla Difesa.
Africa
Lo spazio sta diventando importante anche per il continente africano. Il 20 aprile, infatti, l’Agenzia Spaziale Africana (AfSA) ha inaugurato la sua sede a Il Cairo. L’AfSA è stata fondata allo scopo di concretizzare le ambizioni continentali, coordinando i lavori dei ricercatori, armonizzando le politiche degli Stati membri e la creazione di programmi comuni. Uno degli obiettivi chiave è quello di migliorare le missioni spaziali in tutta l’Africa, garantendo un accesso ottimale ai dati, alle informazioni, ai servizi e ai prodotti derivati dello spazio.
Come riportato sul proprio sitoiv, l’AfSA intende rappresentare il principale punto di contatto per la cooperazione dell’Africa con l’Europa e altri partner internazionali in materia di ricerca spaziale.
In tale ambito, nel corso della New Space Africa Conference del 2025 è stata ufficialmente lanciata l’iniziativa Africa-EU Space Programme, un ulteriore passo verso il rafforzamento della cooperazione tra i due continenti nelle tecnologie spaziali e nei servizi correlati.
L’Italia ha sottolineato l’impegno italiano nel contesto del Piano Mattei per l’Africa. Nel corso dell’inaugurazione della sede dell’AfSA è intervenuto il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Italiana, Luca Vincenzo Maria Salamone, affermando che l’AfSA “…rappresenta non solo un passo in avanti per l’Africa nel panorama dell’esplorazione spaziale, ma anche è un segnale chiaro dell’ambizione, della visione e della capacità del continente africano di essere protagonista delle grandi sfide del nostro tempo…”v e ha sottolineato il legame tra Italia e Africa nel campo spaziale, ricordando la lunga storia di cooperazione avviata negli anni ’60 con il “Luigi Broglio Space Center” di Malindi (Kenia), emblema di un partenariato che ha saputo unire scienza, innovazione e diplomazia. Ha, infine, illustrato le collaborazioni già attive con 22 Stati africani “…per definire una serie di iniziative congiunte nel campo della formazione e del capacity building…”vi.
Conclusioni
Da quanto detto, appare evidente che, a livello geopolitico, la tecnologia continuerà a essere un elemento determinante della competitività globale e, dunque, del potere contrattuale di ciascuno Stato. In tale quadro, secondo quanto riportato nella Relazione 2025 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, “…l’Unione Europea spende in ricerca e sviluppo meno degli Stati Uniti e, a partire dal 2018, anche della Cina…”. Ciò significa che, continuando di questo passo, la UE rischia di non riuscire a migliorare il proprio posto nelle catene globali del valore tecnologico.
E tra i settori ad alta innovazione in cui emerge con maggiore chiarezza l’accesa competizione nel campo tecnologico tra attori globali vi è proprio lo spazio.
L’attuale corsa vede, infatti, vari protagonisti (statali e privati) che, pur con diversa intensità e capacità, ambiscono a un posto di rilievo nel settore. Una corsa caratterizzata da accesa rivalità e da obiettivi non sempre trasparenti e spesso distanti dalla ricerca della “semplice” conoscenza scientifica, obiettivo certamente seducente e intrigante, ma geopoliticamente secondario rispetto alla dimensione militare (che non significa desiderio di aggredire ma volontà di difendersi efficacemente dalle eventuali aggressioni).
Una corsa che è una conseguenza diretta delle sfide geopolitiche sul nostro pianeta, acuite dalla profonda incertezza dell’attuale sistema di relazioni internazionali.
In tale ambito, il vantaggio strategico, energetico ed ecologico degli orbital data center è troppo forte per essere ignorato ma, mentre gli USA fanno una guerra commerciale contro il resto del mondo (a partire dai partner) e avanzano rivendicazioni territoriali a scapito degli alleati, in Europa si discute ancora di regole sull’intelligenza artificiale … che la Cina sta già mandando in orbita.
Sempre dalla citata relazione 2025 si apprende anche che “…l’apertura del mercato a operatori privati e l’introduzione di nuove tecnologie stanno alimentando una corsa che riguarda tutti i segmenti, dai lanciatori all’esplorazione, con l’effetto sia di moltiplicare le ricadute in termini di applicazioni – civili e militari – sia di spingere verso l’alto le stime di crescita della Space Economy…”. Rimanere ai margini della corsa perché troppo legati a schemi logici del passato, che stanno mutando rapidamente, oppure intenti oltre il dovuto a stabilire delle regole che poi non verranno rispettate da tutti non è, quindi, solo un approccio improbabile e superfluo, ma gravemente autolesionistico.
Ma non è tutto. La Cina sta dimostrando di aver ben compreso il collegamento strategico tra mare e cosmo. Non esiste, infatti, capacità spaziale se non accompagnata da una forte ed efficace presenza sui mari. E non si tratta solamente dello spazio necessario verso est per poter lanciare in sicurezza i vettori spaziali. Il dominio del mare è funzionale a quello dello spazio, non viceversa.
Un concetto che taluni, anche in Occidente, fanno ancora fatica a comprendere nelle sue implicazioni strategiche, a partire dalle nuove sfide sia per gli operatori del settore sia per le istituzioni, tenute ad agire sul piano securitario a tutela dell’interesse nazionale.
Lo spazio rappresenta, infatti, un ausilio importantissimo per la situation awareness su terra, ma anche per la compilazione della situazione marittima, giacché ci troviamo in un ambiente tridimensionale in cui l’ampiezza del teatro operativo lascia perplessi. Basti pensare all’estensione degli oceani.
E siccome le linee di comunicazione marittime sono e resteranno per moltissimi anni ancora le vie privilegiate – perché più economiche – per il trasporto delle merci è proprio sul controllo di tali vie di comunicazione e sulla indispensabile libertà di navigazione che si giocheranno i futuri equilibri geopolitici e strategici. Senza contare l’importanza delle cosiddette “autostrade informatiche” che collegano il mondo e che corrono sul fondo dei mari.
Per quanto finora illustrato, l’Europa sarà sempre più chiamata a uno sforzo condiviso, volto a creare un ambiente che incoraggi la crescita tecnologica, senza sacrificare i diritti fondamentali dei cittadini e soprattutto mettendo da parte infantili antipatie personali, a favore del raggiungimento di ambiziosi obiettivi comuni. Ma per assurgere a effettiva potenza spaziale, oltre alla tecnologia è indispensabile acquisire una capacità marittima che permetta di imporre il proprio ruolo geopolitico e di accedere in maniera indipendente allo spazio.
E qualora servano ulteriori prove della stretta correlazione tra presenza nello spazio e capacità marittime, basti ricordare che i manuali cinesi in dotazione alle scuole primarie e medie, con i quali si illustra il pensiero di Xi Jinping, menzionano esplicitamente “…i progressi spaziali cinesi, insieme a quelli compiuti sul piano navale…”vii.
Mentre gli obiettivi interplanetari sono esercizi di potenza destinati ancora a pochi attori, l’attuale corsa allo spazio con le costellazioni di satelliti è, invece, diventata una necessità vitale per le economie dei Paesi avanzati e risponde a un aspetto strategico che, per molti versi, é sconosciuto all’opinione pubblica ma che è conseguenza diretta delle sfide geopolitiche globali. In una fase storica che vede il formarsi di nuovi equilibri attraverso un percorso piuttosto caotico, il raggiungimento degli obiettivi strategici nazionali (o comunitari) sarà assicurato dall’accesso allo spazio, a sua volta garantito dal domino dei mari.
Si tratta, in estrema sintesi, di imporre il proprio ruolo geopolitico sul pianeta e nello spazio attraverso un efficiente contrasto alle minacce dal mare, sopra il mare, sul mare e sotto il mare, fino alle profondità oceaniche.
Per l’Europa è, quindi, indispensabile procede in maniera coerente ed efficace sui due binari, avendo bene in mente la stretta relazione tra le due dimensioni operative.
i Star Compute. Quando l’intelligenza si fa orbitale: la Cina riscrive il concetto di supercomputer, Rivista AI, 18 maggio 2025
ii Il prefisso Peta indica 1.000 trilioni (1015). Il termine Flop sta per Floating-point operations. Un Petaflop, quindi, indica che il computer esegue mille trilioni di operazioni al secondo.
iii https://techovedas.com/what-are-petaflops-the-future-of-supercomputing-and-gpus/
iv https://africanspaceagency.org
v https://www.asi.it/2025/04/inaugurata-in-egitto-la-sede-dellagenzia-spaziale-africana/
vi idem
vii Giorgio Cuscitto, Per ambire al cosmo Pechino deve controllare i mari cinesi, Limes 12/2021
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Il dominio spaziale, dopo quello terrestre, marittimo, aereo e cyber, ha ormai acquisito significativa importanza strategica. Il crescente interesse economico per lo sfruttamento di giacimenti di materie prime che sono sul suolo lunare, infatti, e la rilevanza militare che il…
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