I russi colpiscono le basi nell’Ucraina Occidentale
Nelle ultime ore le forze di Mosca hanno preso decisamente di mira con i missili da crociera lanciati da grande distanza le basi aeree e i depositi militari ucraini a ovest del Dnepr a pochi chilometri dai confini polacchi.
Infrastrutture lontane dalle aree dei combattimenti (quasi tutte a est del fiume se si escludono le operazioni in atto intorno a Kiev e a Odessa) ma dove affluiscono o potrebbero affluire dalla Polonia i carichi di armi che gli stati membri di Ue e NATO hanno donato agli ucraini (la Ue ha portato la spesa per armare Kiev a 950 milioni di euro) e le migliaia di volontari che da tutto l’Occidente vengono a combattere sotto le insegne ucraine.
I russi considerano legittimo giuridicamente e prioritario sul piano militare colpire i convogli che trasportano queste armi e le basi dove vengono immagazzinate: inoltre la distruzione delle piste di volo e delle infrastrutture degli aeroporti impedirà a quel che resta dell’Aeronautica ucraina di poter impiegare i propri aerei o quelli che dovessero venire forniti dai paesi della NATO.
Negli ultimi giorni gli attacchi missilistici russi hanno distrutto la base aerea di Vasylkiv a sud di Kiev, l’aeroporto militare di Lutsk, a nord est di Leopoli non lontano dal confine polacco e la base aerea di Ivano-Frankivsk mentre nei giorni scorsi sono stati colpiti anche obiettivi industriali a Zytomyr.
Colpita con ben 30 missili che hanno provocato secondo fonti ucraine 35 morti e 138 feriti anche la base Starychy a Yavoriv (vicino a Leopoli e a 25 chilometri dal confine con la Polonia) sede del Centro internazionale per il mantenimento della pace e la sicurezza (IPSC) dove operano molti consiglieri militari della NATO che addestrano le truppe ucraine nell’ambito del Joint Multinational Training Group-Ukraine (JMTG-U) in cui gli statunitensi schierano la Task Force Gator che dipende dal Training Command della Settima Armata dell’US Army.
A Yavoriv viene impartito da istruttori americani, britannici e di altre nazioni della NATO l’addestramento alle truppe ucraine (anche all’impiego delle armi donate da NATO e UE) e in questa base tra settembre e ottobre 2021 si sono svolte le esercitazioni militari ucraine/Nato, Rapid Trident che coinvolsero 4.000 militari ucraini e 2.000 della NATO.
Mosca ha fatto sapere sabato che i convogli di armi straniere per l’Ucraina saranno considerati “bersagli legittimi” e il generale Igor Konashenkov ha reso noto che a Yavoriv il bombardamento di precisione russo ha ucciso “180 mercenari stranieri” e distrutto “un grande ammontare di armi straniere”.
L’Olanda sembra aver ammesso la presenza di propri militari tra i feriti mentre il portavoce del Pentagono, John Kirby ha ricordato detto che “abbiamo detto molto chiaramente alla Russia che il territorio NATO sarà difeso, non solo dagli Stati Uniti, ma da tutti gli alleati”.
Non ci sarebbe da stupirsi se la presenza di consiglieri militari USA e NATO dovesse emergere anche in alcune aree di prima linea come Kharkiv e Mariupol, dove contractors e militari alleati potrebbero trovarsi al fianco di alcuni reparti ucraini incluso il famigerato Reggimento Azov, che si richiama anche nella simbologia alle SS ucraine alleate del Terzo Reich, accusato dalle Nazioni Unite di aver compiuto crimini di guerra sulle popolazioni russofone del Donbass e già in passato addestrato ed equipaggiato dagli Stati Uniti.
I fronti di guerra
Le ultime notizie dai diversi fronti riportano che i russi stringono la morsa intorno a Kiev cercando di completarne l’assedio, penetrano alla periferia di Mariupol e Kharkiv e avanzano nel Donbass dove i migliori reparti dell’esercito ucraino sono ormai circondati e probabilmente a corto di rifornimenti e nel sud ovest cercano di aggirare la roccaforte ucraina di Mikolayv ( dove secondo Kiev sono morte almeno 11 persone a causa dei bombardamenti russi) per isolare la città portuale di Odessa e aprire un corridoio verso la Transnistria, la repubblica russa stretta tra Moldavia e Ucraina presidiata da 1.500 militari di Mosca.
Sui fronti a est del Dnepr le forze filorusse del Donbass hanno assunto il controllo di quasi tutta la regione di Luhansk (fonti ucraine riconoscono che il 70 per cento del territorio è in mano al nemico) mentre viene segnalato intorno a Kiev ormai assediata l’arrivo di diversi reparti di artiglieria pesante e pesanti combattimenti a Irpin, sobborgo occidentale della capitale.
Colpito anche lo stabilimento dell’industria aeronautica Antonov, nei pressi dell’aeroporto di Sviatoshyn, a circa dieci chilometri dal centro di Kiev.
Finora l’artiglieria pesante russa è stata impiegata soprattutto per martellare le fortificazioni ucraine nel Donbass ma il progressivo accerchiamento di diverse città (Kharkiv, Sumy, Kiev, Mariupol…) insieme alla evacuazione di molti civili attraverso i corridoi umanitari, avrebbero indotto i russi ad impiegare più intensamente queste armi, oltre ad aerei ed elicotteri da attacco, per favorire la resa delle guarnigioni ucraine o la loro riturata oltre il fiume Dnepr.
L’11 marzo fonti del hanno commentato in modo ottimistico le condizioni delle forze aeree ucraine spiegando che hanno ancora 56 aerei da combattimento operativi, circa l’80% dei velivoli ad ala fissa a disposizione prima dell’inizio dell’invasione. Gli ucraini condurrebbero tra le 5 e le 10 sortite al giorno contro le 200 dei russi.
Le perdite
In quella che rappresenta la prima guerra convenzionale su vasta scala combattuta in Europa dal 1945, l’impiego di mezzi corazzati, velivoli e artiglierie capaci di un grande volume di fuoco hanno già provocato migliaia di morti tra i belligeranti e circa 600 tra i civili secondo le valutazioni rese note ieri dalle Nazioni Unite.
Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani (Ohchr) sono almeno 596 i civili uccisi dall’inizio del conflitto in Ucraina, 18 giorni fa. Tra questi, 43 sono bambini. I civili feriti sono saliti a 1.067, di cui 57 bambini.
Numeri molto inferiori a quelli annunciati da Kiev che riferisce di oltre 1.200 civili uccisi solo a Mariupol e vanta anche di aver ucciso oltre 12 mila soldati russi distruggendo 362 carri armati, 1.205 mezzi corazzati, 135 sistemi d’artiglieria, 62 lanciarazzi multipli, 33 sistemi di difesa antiaerea, 58 aerei, 83 elicotteri, 585 veicoli, 3 unità navali, 60 cisterne di carburante e 7 droni.
Kiev ha ammesso di aver avuto 1.300 caduti mentre le perdite di Mosca venivano stimate dal Pentagono l’11 marzo in circa 5/6 mila morti.
I russi non hanno reso noto un bilancio delle proprie perdite dopo il primo comunicato al termine della prima settimana di guerra e che riferiva di quasi 500 caduti ma ha fornito dati recenti sulle perdite umane inflitte agli ucraini annunciando il 13 marzo un bilancio dei bersagli distrutti in termini di mezzi e infrastrutture.
Si tratta di 3.593 obiettivi militari ucraini distrutti dall’inizio dell’offensiva militare come ha riferito il portavoce del ministero della Difesa russo, generale Igor Konashenkov: 99 aerei militari, 61 elicotteri e 126 droni ucraini sono stati abbattuti o distrutti al suolo, 1.150 carri armati e mezzi corazzati, 118 lanciarazzi campali, 436 pezzi d’artiglieria e 973 veicoli sono stati distrutti.
L’impressione è che i russi non intendano rivelare il numero dei loro soldati morti o feriti per l’impatto che potrebbe avere sul fronte interno ma neppure di calcare la mano sul numero dei soldati ucraini uccisi poiché l’obiettivo di Mosca resta quello di vincere la partita spargendo memo sangue possibile in un Ucraina la cui terra e il cui popolo sono strettamente legati alla Russia.
Molti armamenti ex sovietici sono in dotazione sia alle forze russe che a quelle ucraine anche se i russi in genere dispongono di versioni più moderne e aggiornate. Una ragione che ha contribuito a indurre Vladimir Putin ad annunciare di voler trasferire alle forze militari ucraine filorusse delle repubbliche di Donetsk e Luhansk mezzi e armi di preda bellica catturati all’esercito ucraino, incluse le armi occidentali antiaeree e anticarro fornite da NATO e UE agli ucraini e in parte catturate.
Lo riferisce Sky News, sottolineando come Putin abbia partecipato a una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale. Secondo l’emittente, durante la riunione il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ha proposto di consegnare i sistemi anti-tank Javelin e Stinger di fabbricazione americana alle forze di Luhansk e Donetsk. Putin ha espresso il suo appoggio alla proposta e ha dichiarato che dovrebbe essere permesso combattere ai volontari che vogliono aiutare le forze russe in Ucraina.
Volontari e mercenari
Dopo le notizie sulle migliaia di volontari in arrivo in Ucraina per combattere i russi e sui combattenti cecini schierati su entrambi i lati della barricata (gli insorti con Kiev, le forze regolari del presidente Kadyrov con Mosca), dai social media russi come VK sono emerse notizie circa il reclutamento di migliaia di volontari nei paesi dell’ex URSS.
Gli annunci riguardano la ricerca di “guardie di sicurezza” per una missione “vicino” e cui si aggiungono i contractors delle compagnie private come il Gruppo Wagner e altre migliaia ((forse 16 mila quelli già arruolati secondo quanto dichiarato dal Cremlino) di volontari siriani necessari, secondo il ministero della Difesa britannico, per affiancare le “forze regolari russe già sovraccariche”. “La Russia questa settimana è stata anche costretta a riconoscere l’uso di soldati di leva nelle sue operazioni contro l’Ucraina e con l’aumentare delle perdite, sarà costretta ad attingere a fonti alternative per rafforzare le proprie forze regolari sovraccariche” recita la nota di Whitehall.
Rappresentanti russi in Siria (dove Mosca schiera ancora un considerevole dispositivo militare) avrebbero arruolato un buon numero di veterani di guerra che hanno combattuto con le forze di Assad contro gli insorti jihadisti.
Negli ultimi anni Russia e Turchia si sono serviti dei combattenti siriani (miliziani ribelli per lo più delle milizie jihadiste arruolati da Ankara, i governativi da Mosca) da impiegare in Libia e nel Caucaso. Secondo alcune fonti Mosca offrirebbe ai volontari siriani un contratto da mille dollari al mese per un impegno in Ucraina di sette mesi. Altre fonti citate dall’ANSA hanno riferito di compensi limitati a 400 dollari al mese, senza impegni prolungati.
Il governo di Kiev, che pure arruola volontari stranieri, ha ammonito i combattenti stranieri che intendono unirsi alle forze russe in Ucraina saranno giudicati come criminali di guerra e non come prigionieri.
Negoziati e “isolamento” di Mosca
In questo contesto che vede i russi conseguire successi non eclatanti ma progressivi, cominciano a definirsi anche i termini dei negoziati tra i belligeranti. Leonid Slutsky membro della delegazione di Mosca al tavolo negoziale, ha dichiarato ieri all’agenzia Ria Novosti che nei colloqui fra Russia e Ucraina sono stati fatti progressi sostanziali. “Se pensiamo alle posizioni all’inizio del negoziato possiamo dire che oggi sono stati fatti progressi sostanziali mi aspetto che possano continuare e che le parti possano trovare un posizione comune”.
I colloqui sono ripresi questa mattina ma in un video Mykhailo. Podoliak, negoziatore e consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha ribadito le richieste di Kiev.
“Le nostre posizioni non sono cambiate: pace, cessate il fuoco immediato, ritiro di tutte le truppe russe, e solo allora potremo parlare dei nostri rapporti di vicinato e delle nostre divergenze politiche”, ha detto Podoliak.
Mosca punta invece a negoziare da una posizione di forza determinata non solo dagli sviluppi sul campo di battaglia ma forse anche dal fatto che, nonostante il bombardamento mediatico a cui assistiamo in Occidente dica l’opposto, la Russia non è stata isolata dalle iniziative diplomatiche ed economiche di USA e UE.
Come ha ricordato all’agenzia Adnkronos di Marc Innaro, capo dell’ufficio corrispondenza Rai a Mosca e grande conoscitore del mondo russo ed ex sovietico, tra le nazioni che la Russia considera “ostili” per le sanzioni applicate e le forniture di armi all’Ucraina “non c’è né il centro America, né il sud America, nessuna nazione africana, la Cina, India, Pakistan, Egitto mondo arabo, Turchia, Arabia Saudita, Israele, Mongolia, ex repubbliche sovietiche.
Facendo la somma, stiamo parlando di una popolazione che supera i 4 miliardi di persone, più del 60% del pianeta. Parlare di isolamento della Russia mi sembra francamente un po’ azzardato. I russi hanno preso decisioni epocali di cui stiamo solo cominciando ad immaginare le enormi conseguenze. Prima o poi, questo è un paese con il quale immancabilmente dovremmo avere a che fare, come europei. Ma più andiamo avanti, più stanno riorientando in senso autarchico e orientale il loro sguardo. E questo fa parte dell’antica tradizione di questo paese, che da sempre alterna lo sguardo da Est ad Ovest”.
Foto: Twitter, Stars and Stripes e TASS,
Mappa: Institute for the study of the war