Il “Caso dei pompelmi avvelenati”: quando la politica colpì gli agrumi israeliani
Nel cuore della primavera del 1988, l’Italia fu travolta da un caso che mescolava geopolitica, attivismo radicale e frutta. I protagonisti? I celebri pompelmi Jaffa, simbolo dell’agricoltura israeliana. Quello che sembrava un allarme sanitario si rivelò presto una bufala orchestrata con precisione, in un clima di forte tensione internazionale.
Tutto cominciò con una telefonata anonima al ministero delle finanze italiano: i pompelmi israeliani sarebbero stati avvelenati. L’informazione passò al ministero della sanità, e i controlli alle frontiere si intensificarono. Sebbene le vendite non fossero ancora bloccate, i frutti vennero sottoposti ad analisi.
Il 19 aprile, a Roma, nuove chiamate anonime indicarono un supermercato dove si trovavano pompelmi “tossici”. Le autorità sanitarie intervennero, e nei giorni successivi la paura crebbe. Sei pompelmi macchiati di blu attirarono l’attenzione dei media. Il 26 aprile, senza attendere i risultati definitivi, l’Ufficio Sanitario Regionale del Lazio annunciò la presenza di tossine, basandosi sulla morte di cavie da laboratorio.
Preoccupato per l’impatto economico e diplomatico, il ministero dell’agricoltura israeliano inviò a Roma il dottor Israel Adato. Dopo un’analisi accurata, emerse che:
- Non era stato usato alcun veleno.
- La sostanza blu era semplice metilene blu, innocua.
- Le cavie erano morte per traumi da iniezione, non per tossicità.
Il 27 aprile, le autorità italiane confermarono che si trattava di una bufala. Ma il danno era fatto: vendite sospese, immagine compromessa, tensioni alle stelle.
L’episodio si inserisce nel contesto della Prima Intifada, la rivolta palestinese contro l’occupazione israeliana iniziata nel dicembre 1987. Le immagini di scontri tra soldati israeliani e civili palestinesi, soprattutto donne e bambini, suscitarono una forte ondata di solidarietà in Europa, e in particolare in Italia.
La sinistra italiana, storicamente vicina alla causa palestinese, intensificò le campagne contro Israele. Il partito Democrazia Proletaria fu tra i più attivi nel promuovere il boicottaggio dei prodotti israeliani. I pompelmi Jaffa, simbolo dell’economia israeliana, divennero bersaglio diretto.
Quando le pressioni politiche non bastarono, alcuni attivisti radicali passarono all’azione:
- Spruzzarono vernice rossa sui frutti nei supermercati.
- Distribuirono volantini che paragonavano Israele al regime di apartheid sudafricano.
- Diffusero false voci di avvelenamento.
- Il 23 maggio, due ordigni esplosivi furono piazzati vicino a un magazzino israeliano a Verona, causando gravi danni.
Secondo il ministro della sanità Donat Cattin, dietro l’operazione vi era un gruppo di estrema sinistra. Nessuna organizzazione palestinese ufficiale fu mai implicata.
Il caso dei pompelmi avvelenati, pur essendo una bufala, ebbe conseguenze reali:
- Danni economici all’export israeliano.
- Diffusione di sentimenti anti-israeliani.
- Rafforzamento della polarizzazione politica in Italia.
- Strumentalizzazione mediatica del conflitto israelo-palestinese.
Questo episodio dimostra come, in tempi di tensione politica, anche un semplice frutto possa diventare un simbolo di conflitto.
La vicenda dei pompelmi Jaffa ci ricorda quanto sia fragile la verità quando viene travolta da ideologie, emozioni e interessi geopolitici.
Fonti
- https://archivio.unita.news/assets/main/1988/04/27/page_005.pdf
- https://archive.org/stream/lastampa_1988-04-28/lastampa_1988-04-28_djvu.txt
- https://ilmanifesto.it/archivio/2003140256
- https://www.researchgate.net/publication/265359215_Why_So_Little_The_Palestinian_Terrorist_Organizations_and_Unconventional_Terrorism
Immagine: archivio Unità
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Nel cuore della primavera del 1988, l’Italia fu travolta da un caso che mescolava geopolitica, attivismo radicale e frutta. I protagonisti? I celebri pompelmi Jaffa, simbolo dell’agricoltura israeliana. Quello che sembrava un allarme sanitario si rivelò presto una bufala orchestrata…
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