Il generale Portolano (COVI) fa il punto sulla situazione in Afghanistan
L’operazione di trasferimento del personale afghano in Italia “non si è conclusa”. Lo ha annunciato questa mattina in audizione alle commissioni Esteri e Difesa della Camera, il generale Luciano Portolano, alla testa del Comando operativo di vertice interforze (COVI) che ha gestito le operazioni di evacuazione da Kabul.
“Siamo in contatto con quasi tutti i collaboratori della Difesa, ma anche con tutti coloro che hanno fatto richiesta di aiuto, ma che non è stato possibile evacuare a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza sul terreno e dalle limitazioni imposte dal breve arco temporale in cui si è svolta l’operazione. Ciò in previsione di eventuali attività future che dovessero svilupparsi al miglioramento delle condizioni.
A tale scopo – ha proseguito il generale – è stato creato ed è in continua evoluzione, un database che raccoglie tutti i dati disponibili per singolo richiedente/nucleo familiare che, una volta consolidato, verrà reso disponibile alle varie articolazioni interne ed esterne alla Difesa per eventuali ulteriori attività di controllo o di ricollocazione che il Governo vorrà indicare”.
Con l’operazione Aquila Omnia, conclusa il 31 agosto, ha concluso il comandante del Covi, “sono state trasferite in Italia 5011 persone, di cui 4.890 afgani (2145 uomini, 1.345 donne, 1.400 bambini). In totale, sono stati eseguiti 90 missioni di volo, attraverso un consistente spiegamento di mezzi aerei della nostra Aeronautica a cui si aggiungono le missioni di assetti aerei forniti da Paesi amici ed alleati (Canada, Qatar, Germania e USA), dei vettori commerciali contrattualizzati dalla Difesa e di quelli offerti da una organizzazione non governativa (Nove onlus)”.
“Il COVI, in Patria, ha anche assicurato il coordinamento interforze, interministeriale e inter-agenzia delle operazioni di ricezione ed accoglienza al terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino; il successivo trasferimento nelle 7 strutture di quarantena rese disponibili dalla Difesa, a cui si aggiungono le strutture civili assicurate dalla Protezione Civile, da 12 regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, fino al passaggio di responsabilità al Ministero dell’Interno, con il trasferimento degli afgani evacuati nei centri di accoglienza straordinaria e nelle sedi del sistema di accoglienza ed integrazione”
Circa il contesto in cui è maturata la vittoria talebana Portolano ha affermato che “la citazione, nell’ambito dell’accordo di Doha del 29 febbraio 2020, del ritiro delle truppe statunitensi entro 14 mesi dalla firma (1° maggio 2021) ha generato, di fatto, un clima di aspettative da parte talebana che ha condizionato fortemente l’ambiente strategico militare e operativo e lo sviluppo degli eventi successivi…
In buona sostanza lo sviluppo della missione è stato orientato ad un mero fattore temporale, con un approccio time-based, piuttosto che seguire il piano di transizione previsto, articolato su un percorso progressivo e controllato basato sul raggiungimento di determinate condizioni (ossia, un approccio condition-based)”.
Circa il futuro dell’Afghanistan in termini di sicurezza globale Portolano non ha nascosto la preoccupazione per i rapporti che i Talebani mantengano o cercheranno di mantenere rapporti con al Qaeda o elementi della Fratellanza Musulmana.
“Dallo sviluppo di queste relazioni dipende infatti la capacità di influenzare e di spingere all’emulazione i gruppi filo qaedisti presenti su diversi fronti – il Sahel, il Corno d’Africa, l’Asia – che in alcuni casi ci vedono impegnati sul piano operativo. Se i Talebani hanno avuto successo in Afghanistan possono averlo anche altrove”.
(con Fonti Ansa, AGI e Adnkronos)
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