Il Trimarium per “completare l’Europa”: opportunità mancate e sfide per l’Italia
A dieci anni dal lancio, il Trimarium si rafforza con nuovi membri e progetti strategici, mentre l’Italia rischia di perdere rilevanza.
Nel lontano novembre del 2014 l’Atlantic Council pubblicava un’analisi dal titolo “Completing Europe: From the North-South Corridor to Energy, Transportation, and Telecommunications Union1. Nel rapporto, senza troppi giri di parole, l’influente Think Tank statunitense lanciava un allarme: la visione di un’Europa intera, libera e in pace è messa sotto pressione da una duplice tenaglia. Mentre forze politiche ed economiche centrifughe ne minano la stabilità e la coesione dall’interno, minacce quali quelle poste dal ritorno della Federazione Russa in veste di attore rivale, sommata alla crescita di altri centri economici globali, sfidano l’integrità e la centralità del progetto europeo.
Fra la parte occidentale dell’Europa e quella centro-orientale le disparità infrastrutturali e il divario economico rischiano di spaccare definitivamente il progetto europeo. Il percorso cominciato all’alba del nuovo millennio con l’adesione normativa e politica alle istituzioni economiche, finanziarie e politiche occidentali di diversi Paesi, un tempo inglobati nella sfera d’influenza sovietica, necessita ancora di un suo effettivo completamento. Una persistente disarticolazione infrastrutturale nei settori più critici (energia, trasporti e telecomunicazioni) impedisce all’Europa centro-orientale di integrarsi appieno all’interno del mercato unico europeo ed espone i singoli Paesi alle minacce provenienti da un contesto regionale e mondiale in rapido deterioramento. La vulnerabilità del settore energetico di molte nazioni stanziate nell’Europa centrale e orientale, nonché la crescente influenza cinese nelle infrastrutture logistiche e di trasporto a queste latitudini, preoccupa particolarmente gli analisti e gli apparati washingtoniani. La forte dipendenza di molti (Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia e Croazia per citare i casi più rilevanti) dalle importazioni di gas russo e gli investimenti mandarini in settori critici vengono considerati fattori in grado di minare il consenso interno in seno all’Alleanza Atlantica in una fase di profondi sconvolgimenti. Dopo la diagnosi, però, gli analisti dell’Atlantic Council offrono anche la terapia.
L’enfasi viene posta sul “completamento del Vecchio Continente” attraverso lo sviluppo di un insieme integrato di collegamenti infrastrutturali, energetici e digitali in Europa centrale che ne aumentino le capacità di resilienza. L’area che sarà maggiormente interessata dagli investimenti, ma che non sarà l’unica, dovrà unire il Mar Baltico, il Mar Adriatico e il Mar Nero in un unico sistema integrato di infrastrutture critiche: una spina dorsale di collegamenti stradali, ferroviari, energetici e digitali in grado di tagliare, verticalmente, da Nord a Sud l’Europa orientale (Estonia, Bulgaria). Stimolare la crescita economica e provvedere alla sicurezza energetica di questa fascia di Paesi rappresentano gli imperativi cui la comunità transatlantica, leggi Stati Uniti e satelliti, è chiamata a rispondere, pena il rischio del fallimento del progetto europeo.
Non devono passare in secondo piano le tempistiche della pubblicazione dell’elaborato dell’Atlantic Council; nel novembre dell’anno precedente iniziavano a palesarsi i primi sintomi della crisi russo-ucraina, sfociata poi nel febbraio del 2014 con la presa da parte della Federazione Russa della penisola della Crimea2 e l’inizio delle prime sanzioni occidentali nei confronti di Mosca. Sebbene nel rapporto non sia stato previsto uno scenario di guerra, le crescenti tensioni e il ritorno della percezione della minaccia russa sono state rilevate dagli analisti statunitensi quali fattori sufficientemente trainanti per offrire una nuova idea di Europa, più integrata a livello infrastrutturale, più vicina agli Stati Uniti e meno alla Federazione Russa e alla Repubblica Popolare Cinese.
A distanza di poco più di un anno e mezzo dall’uscita del rapporto, a Dubrovnik, in Croazia, il 25 e il 26 agosto 2016 gli avvertimenti provenienti Oltreoceano si sono concretizzati. È così che nasce l’Iniziativa dei Tre Mari o Trimarium (Mar Baltico, Mar Adriatico e Mar Nero). Nel primo vertice tenutosi nella città croata dodici Paesi membri dell’Unione Europea (Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia), tutti appartenenti anche all’Alleanza Atlantica, a eccezione di Vienna, hanno fissato la cornice entro cui sviluppare la propria collaborazione in diverse materie3. L’esaltazione della cooperazione nei settori energetico, dei trasporti, delle comunicazioni digitali e dell’economia quale espediente idoneo alla creazione di un’Europa centro-orientale più competitiva e sicura pare proprio calcare per filo e per segno il copione offerto dall’Atlantic Council nel novembre del 2014. Negli anni il Trimarium ha raggiunto risultati notevoli. Ha conosciuto un’espansione sia in termini di membri effettivi (nel 2023 ha aderito pure la Grecia4, offrendo così uno sbocco diretto sul Mar Egeo alla piattaforma economico-politica), sia di partner strategici del calibro di Stati Uniti, Germania, Giappone, Turchia e Spagna5, che di membri associati quali Ucraina6 e Moldova.
Merita un’osservazione la Grecia. La Repubblica Ellenica, dopo la crisi finanziaria di inizio millennio, ha stretto importanti legami economici con la Repubblica Popolare Cinese. I capitali mandarini in importanti infrastrutture critiche hanno trovato ampio spazio grazie alle privatizzazioni portate avanti dai governi ellenici, emblematica l’acquisizione nel 2016 di quote di maggioranza dell’autorità portuale del Pireo da parte di Cosco7, l’azienda controllata dal Partito Comunista Cinese. Nel 2018 Atene ha aderito alle “nuove vie della seta”, continuato a incrementare l’interscambio commerciale con Pechino e concesso sempre più appalti nel settore logistico e dei trasporti ad aziende statali cinesi8. Allo stesso tempo, per quanto attiene alle questioni securitarie, la Grecia ha continuato ad avere in Washington il principale punto di riferimento. In seguito al montare delle tensioni fra Stati Uniti e Cina negli ultimi anni, Atene ha dovuto ricalibrare la sua postura nei confronti delle due superpotenze e i suoi margini di manovra si sono bruscamente assottigliati. È in questa ottica che nel 2023 la Grecia, legandosi ulteriormente alla talassocrazia a stelle e strisce, ha aderito al Trimarium. A fronte di un declassamento della propria sicurezza regionale, dovuto in buona parte all’ascesa nel proprio estero vicino del principale rivale strategico, la Turchia, gli apparati ateniesi hanno optato per diluire i legami con Pechino e per rinsaldare quelli con Washington, l’unico soggetto in grado di provvedere alle garanzie securitarie di Atene.
Per rendersi conto di quanto l’iniziativa partita poco meno di dieci anni fa stia prendendo corpo nel tempo è indicativo osservare i dati in merito ai progetti presentati. Nel 2018 è stato stilato dai vari Paesi, per la prima volta, un elenco di infrastrutture da realizzare (autostrade, ponti, ferrovie, porti, gasdotti) che comprendeva 48 progetti, mentre nel 2024 ne sono stati inclusi 143. Il 51% di questi pertiene al settore dei trasporti, il 39% all’energia e il restante 10% alla digitalizzazione per un costo previsto di 111 miliardi di euro9.
Fra i progetti cardine del Trimarium vanno annoverati i seguenti: la Via Carpatia, corridoio economico in fase di completamento per connettere i termini portuali di Klaipėda (Lituania) e di Salonicco (Grecia)10; la via Baltica e la ferrovia Baltica, arteria stradale11 e ferroviaria12 che dal porto di Talinn raggiunge Varsavia; la Rail2Sea, nuova linea di trasporto su rotaie che nel prossimo futuro collegherà direttamente il porto polacco di Danzica a quello rumeno di Costanza13; il rigassificatore sull’Isola di Krk in Croazia14, già in funzione dal 2021; infine il gasdotto baltico che dalla Norvegia raggiunge la Polonia e che rende, potenzialmente, Varsavia snodo energetico della regione15.
Emerge una palese discrepanza fra la narrazione che i singoli governi aderenti all’iniziativa spendono nei confronti del progetto e le implicazioni dirette, ma latenti, che questa comporta. Nonostante venga posto l’accento quasi esclusivamente sulle ricadute economiche e sulle capacità di sviluppo che le diverse iniziative di investimento prospettano per l’area centro-orientale dell’Europa, il Trimarium è, anzitutto, un disegno geopolitico in cui l’aspetto strategico domina qualsiasi altro tipo di considerazione. Inoltre, affonda le radici nel passato.
Durante il periodo interbellico tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la Polonia, nella forma della Seconda Repubblica guidata dal Maresciallo Pilsudski, riapparve sulle mappe geografiche. L’implosione dell’Impero Austro-Ungarico, di quello Zarista e del Secondo Reich dette la possibilità a Varsavia di creare una propria sfera d’influenza. Germogliò così l’idea di Intermarium16, un progetto volto a sopperire alle fragilità intrinseche del (ri)nato stato polacco. Nell’intera area che attraversa il Mar Baltico e il Mar Nero gli strateghi polacchi, supportati dal Regno Unito, intendevano creare una sorta di cordone sanitario tra l’Unione Sovietica a Est e la Repubblica di Weimar, il Terzo Reich poi, a Ovest. L’appoggio dato da Londra affinché Varsavia emergesse quale polo regionale di potenza ricorda molto il ruolo svolto dagli Stati Uniti oggi. Tuttavia, l’opposizione di quei Paesi (Lituania, Bielorussia, Ucraina) che avrebbero dovuto garantire a Varsavia profondità strategica, nonché lo sbocco su entrambi i mari, fece naufragare qualsiasi tentativo di unione baltica e il disegno dell’Intermarium fallì.
Senza nascondersi nemmeno troppo la Polonia tenta di rivitalizzare, adattandola al mutato contesto regionale, tale piattaforma politico-economica confermandosi quale fulcro, non solo per mero calcolo tattico dato da stazza e ambizioni del Paese. L’inizio della crisi russo-ucraina nel 2013-2014 e, soprattutto, l’invasione su larga scala di Mosca nel febbraio del 2022, ha reso palese lo spostamento del baricentro dell’Alleanza Atlantica dall’Europa occidentale a quello centro-orientale. Varsavia cerca quindi di capitalizzare tale spostamento di risorse e attenzioni intestandosi gli oneri, ma anche gli onori, del Trimarium.
Gli Stati Uniti, nel ruolo di principale sponsor politico ed economico dell’Iniziativa dei Tre Mari, si prefiggono molteplici obiettivi: puntellare la prima linea difensiva in Europa orientale, antirussa più per vocazione che per convenienza; diluire la persistente influenza energetica della Federazione Russa nei confronti di Paesi un tempo parte del Patto di Varsavia; creare un nuovo blocco regionale che si frapponga fra Mosca e Berlino e che impedisca a queste di stringere eccessivamente le proprie relazioni economiche, industriali e politiche; infine, contenere l’avanzata cinese nelle infrastrutture logistiche e dei trasporti dell’Europa centrale, orientale e meridionale. È facile quindi intuire come la Polonia sia saltata velocemente sopra il carro del Trimarium e sgomiti per accrescere il proprio margine di manovra all’interno della sfera d’influenza statunitense. Tra l’aquila polacca e quella statunitense esiste, insomma, una forte convergenza di interessi.
Washington sta appaltando quote di responsabilità securitarie nel Mar Baltico, nel Mar Adriatico e nel Mar Nero a soggetti genuinamente intimoriti dalla minaccia posta dalla Federazione Russa – quindi vincolati alle garanzie securitarie statunitensi – disposti per questo a sacrificare i propri legami commerciali con la Repubblica Popolare Cinese in nome di un rinnovato giuramento di fedeltà. Polonia, Croazia e Romania si pongono quindi quali vertici di un triangolo securitario eterogeneo, dotati di una propria agenda geopolitica da perseguire ma accomunati dal desiderio di accrescere il proprio peso. Per “completare l’Europa”, pezzo dopo pezzo, Washington si affida oggi al Trimarium (e a Varsavia).
In conclusione, risulta impossibile non parlare del grande assente, l’Italia. La Penisola sconta un paradosso: il Paese che per più chilometri abbraccia il Mar Adriatico con le sue coste non partecipa (ancora) all’Iniziativa dei Tre Mari. Inoltre, con la recente aggiunta di Turchia e Spagna quali partner strategici del Trimarium Roma rischia di rimanere isolata anche nel Mare Mediterraneo. La marginalizzazione dal quadro delle nuove infrastrutture energetiche, digitali e dei trasporti comporta una perdita di investimento e di rafforzamento delle proprie reti.
L’Italia manca di una visione strategica per l’Adriatico e l’Iniziativa dei Tre Mari, almeno fino allo scoppio della guerra in Ucraina, è stata disdegnata dai vari governi succedutisi negli anni a Palazzo Chigi. Il timore che un’adesione di Roma fosse stata percepita dalla Federazione Russa, allora ancora importante socio commerciale e fornitore di materie prime, quale passaggio eccessivamente risoluto potrebbe aver fermato allora politici e funzionari italiani. Tuttavia, oggi il danno derivato dalla mancata adesione all’Iniziativa dei Tre Mari rischia di superare gli eventuali benefici.
Il porto di Trieste e l’intera fascia Nord-orientale del Paese potrebbero beneficiare degli investimenti necessari per rivitalizzare l’economia di molte regioni italiane affacciate sull’Adriatico. La capacità di stoccaggio di materie prime, soprattutto gas naturale, potrebbe garantire a Roma il ruolo di snodo energetico mediterraneo.
L’Italia, per paura di sganciarsi dai suoi storici partner europei (Francia e Germania), non si aggancia, per il momento, al Trimarium. È giunta l’ora di assumersi le responsabilità conferite dalla posizione geografica, dalla stazza e dalle potenzialità inespresse del nostro Paese, pena la definitiva perdita di rilevanza internazionale. Non voler vedere lo spostamento del baricentro dell’Alleanza Atlantica non sarà sufficiente ad arrestarne le conseguenze e gli effetti.
1 Completing-Europe_Report.pdf
2 Lessons from Russia’s Operations in Crimea and Eastern Ukraine
4 Che cos’è l’Iniziativa dei Tre Mari e perché si sta espandendo? – DW – 09/06/2023
6 L’Iniziativa dei Tre Mari e l’Ucraina – Investment Monitor
7 La cinese Cosco acquisisce il 51% del porto greco del Pireo | Reuters
8 China’s Belt and Road Initiative Expands Its Influence in Greece: From Ports to Energy
9 Selected Priority Projects Archives – Progetto intitolato Centro di Ricerca dell’Iniziativa dei Tre Mari
10 projects.3seas.eu/projects/via-carpatia-submitted-by-poland
11 projects.3seas.eu/projects/via-baltica-submitted-by-lithuania
12 projects.3seas.eu/projects/rail-baltica-submitted-by-estonia
13 projects.3seas.eu/projects/rail-2-sea-modernization-and-development-of-railway-line-gdansk(pl)-constanta-(ro)
14 Il nuovo rigassificatore croato di Krk ha ricevuto il 5° carico di GNL dall’inizio dell’anno | OilGas News
15 Inaugurato ufficialmente il Baltic Pipe – Trimarium
16 Il concetto dell’Intermarium
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