La prossima guerra fredda navale nel Mediterraneo e Mar Nero
Molti sono gli scenari del futuro confronto militare tra Russia ed Occidente. La Nato si preoccupa giustamente dello scacchiere nord europeo in cui maggiore è la contrapposizione tra i due blocchi. Il Mar Nero è oramai una zona di guerra.
Il Mediterraneo non è da meno essendo in corso una sua (ri)militarizzazione, anche nelle Zone economiche esclusive (ZEE) che un tempo erano aree di alto mare in cui si confrontavano Nato e Patto di Varsavia. Necessario quindi riservare attenzione all’arena marittima del Mediterraneo e del Mar Nero, teatro della vecchia Guerra Fredda sul mare ed ora scenario di un conflitto ibrido ed asimmetrico che coinvolge anche i traffici marittimi commerciali.
Ritorno al passato
Esattamente quarant’anni fa, il 22 febbraio 1982 un sommergibile – alllora identificato in un Classe “Victor” sovietico – violò la sovranità italiana nelle acque interne del Golfo di Taranto. Il caso, che ebbe larga eco alla Camera, può considerarsi il paradigma della vecchia Guerra Fredda navale che ora assumerà una nuova veste dopo il conflitto ucraino.
A quel tempo la nostra Marina si confrontava giornalmente con la “V Eskadra” (Sovmedron per la Nato), forza navale permanente dislocata in Mediterraneo che si avvaleva di varie forme di sostegno logistico, quali le basi di Tartus, in Siria (ancora oggi caposaldo navale russo in Mediterraneo) e di Tivat nelle Bocche di Cattaro (oggi Montenegro, a quel tempo Serbia) e, in mare aperto, negli ancoraggi di Kytera in Grecia e dei bassofondi di Hammamet e Sollum, rispettivamente in Tunisia ed Egitto.
In più, Sovmedron poteva disporre, in supporto alle proprie Unità di naviglio ausiliario, vale a dire navi di Stato con funzioni logistiche e/o di raccolta informazioni classificate dalla NATO come Auxiliary Gathering Intelligence (AGI), sempre presenti in vicinanza delle coste italiane ed in prossimità delle formazioni della Nato.
Il principale teatro di operazione erano, come detto, gli spazi di alto mare. Ma anche le acque territoriali italiane in cui le navi sovietiche non esitavano a passare per svolgere attività di intelligence contraria ai principi del transito inoffensivo codificati nella Convenzione del Diritto del Mare (Unclos), come tale contrastata dalla nostra Marina.
La militarizzazione delle ZEE mediterranee
Oggi lo scenario delle operazioni navali del Mediterraneo non è più l’alto mare ma le ZEE che rivestono lo status di acque internazionali: al loro interno non è consentita la pesca e vige la protezione ambientale, ma la navigazione continua ad essere libera; le flotte militari, come dimostrato dal recente caso delle esercitazioni navali russe nella Zee irlandese, possono condurre attività non incompatibili con i diritti funzionali dello Stato costiero. Nelle Zee del Mediterraneo centrale, poco prima dell’inizio delle ostilità in Ucraina, la Nato ha svolto operazione aeronavali e subacquee di grande portata. Nuove esercitazioni sono ora preannunciate nella Zee greca dello Ionio con la partecipazione di Portaerei Usa e francesi ed Unità elleniche.
E’ chiaro a tutti che un capitolo della partita in corso nel Mar Nero a breve inizierà in Mediterraneo dove le Forze Russe cercheranno di insidiare da vicino la superiorità strategica della Nato. L’Italia sarà nuovamente al centro del gioco: la nostra Marina dovrà sorvegliare le acque interne e territoriali presidiando nel contempo la ZEE nazionale ed esercitando libertà di navigazione nelle ZEE altrui.
Non è ancora ben chiaro quale sarà in Mediterraneo la contrazione dei traffici commerciali; si pensa tuttavia che possa essere di notevole portata. Lo scalo di mercantili russi in porti italiani sarà vietato. L’export italiano verso la Russia in ogni caso sarà ridotto ai minimi termini, per via delle sanzioni commerciali; perciò è irrealistico pensare che mercantili che battono la nostra bandiera o riconducibili a interessi russi imbarchino in porti italiani di prodotti destinati alla Russia.
Vi è già stato un episodio di applicazione in mare, al largo delle acque territoriali francesi, di misure sanzionatorie nei confronti di un mercantile russo. Le Forze navali dovranno anche vigilare che le sanzioni non siano aggirate con “triangolazioni” o con navigazioni sottocosta nelle acque territoriali di Paesi filorussi. Certo è che tornerà in auge il controllo del traffico mercantile in ambito Nato ( Naval Cooperation and Guidance for Shipping- NCAGS)
Un aspetto da non sottovalutare è infine l’ipotetico ricorso di Mosca, in Mediterraneo, alla prassi bellica del “Contrabbando di Guerra”. Secondo la dottrina del War Contraband, un belligerante può fermare, ispezionale ed eventualmente sequestrare mercantili “neutrali” sospetti di trasportare carichi di beni utili allo sforzo militare del nemico.
Mar Nero in tempo di guerra
Al momento non esiste alcuna libertà di navigazione né nel Mar Nero né nelle sue vie di collegamento col Mediterraneo, vale a dire gli “Stretti” (Dardanelli, Mar di Marmara e Bosforo) regolamentati dalla Convenzione di Montreux del 1936. La Turchia, con provvedimenti ad hoc, ha impedito il passaggio negli Stretti sia a navi da guerra russe che ad Unità di Paesi litoranei del Mar Nero e non.
Il versante russo-ucraino è direttamente interessato da ostilità, sicchè l’area è stata dichiarata da Mosca war zone. I porti ucraini sono bloccati dalla Marina Russa e navi da carico dirette in Ucraina, considerate obiettivi militari o incappate in campi minati, sono affondate.
In sintonia con questa situazione, la Turchia ha quindi vietato l’accesso di qualsiasi navi da guerra, dando per scontata l’esistenza di un “time of war”: questo è infatti il presupposto, ex art.19 di Montreux, perché Ankara possa adottare misure interdittive verso navi di Paesi con cui la Turchia non sia “belligerante”.
La libertà di navigazione dei mercantili è invece incondizionata sia in tempo di pace che di guerra, tranne che la Turchia sia essa stessa “belligerante”. Allo stato attuale, a prescindere dai citati episodi di diretto coinvolgimento nelle ostilità, il traffico mercantile è comunque a rischio.
Il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia Costiera ha diramato il 4 marzo 2022 un warning che configura una situazione di “Marsec 3” ipotizzando danni collaterali per le navi mercantili nella parte nord occidentale del Mar Nero lungo le coste ucraine. Pare che al momento ci siano ancora in Mar Nero alcune navi di bandiera italiana adibite a trasporto di petrolio e gas da porti russi in attesa di ordini.
Altre navi, riconducibili ad interessi italiani, sarebbero in porti rumeni. Non tutti i Paesi europei hanno dichiarato lo stesso livello di pericolo (Malta, ad esempio ha stabilito il “Marsec 2”), lasciando la possibilità a proprie navi di fare scalo in porti russi – come Novorossisk – non adiacenti all’Ucraina. In questo modo, tra le flotte Ue, si starebbe creano un’asimmetria dannosa per gli interessi commerciali italiani.
Tutte le restrizioni militari e commerciali alla navigazione nel Mar Nero sono presenti nel Mar di Azov, bacino interno il cui status è in discussione presso una Corte arbitrale incaricata di decidere la questione delle acque della Crimea: Mosca ritiene che il Mar di Azov sia geograficamente una baia sulle cui acque possa dimostrare di possedere titoli storici; Kiev sostiene invece che l’insenatura sia soggetta al regime generale dell’Unclos e quindi abbia acque territoriali ed acque internazionali. Stante l’attuale regime di occupazione delle città portuali ucraine, il Mar di Azov è in ogni caso inaccessibile al traffico estero perché sotto completo controllo russo.
Foto TASS e Russia Beyond