La riconquista bizantina della Siria (961-1084)
La rapida avanzata dei ribelli islamisti dal confine turco fino a Damasco nel dicembre 2024 ha sorpreso tutti per la sua rapidità. Lanciata dalle forze del Governo di Salvezza Siriano (SSG) e dai gruppi ribelli del Governo ad Interim Siriano (SIG) sostenuti dalla Turchia e nota come offensiva di Hama (ma combattuta anche nella parte sud del Governatorato di Idlib), ha conquistato Damasco e messo fine dopo 24 anni al governo di Bashar-al-Assad.
Ebbene, storicamente non è la prima volta che dal confine sud-occidentale della penisola anatolica parte un’operazione militare per la riconquista della ricca provincia siriana, ponte tra l’impero persiano (oggi Iran) e il Mediterraneo. In termini geopolitici, le dinamiche restano costanti: la Turchia, erede territoriale dell’Impero romano medievale d’Oriente (c.d. bizantino), penetra nelle province nord della Siria, mentre la Repubblica islamica dell’Iran perde la congiunzione con Siria e Libano. Questa egemonia se la sono giocata per secoli le dinastie islamiche in Siria, Iraq e Iran, alternando Damasco, Baghdad e Teheran come centro di gravitazione politica ed economica.
La Siria era stata conquistata dagli Arabi nel VII secolo d.C. in quella che non era più una serie di scorrerie ma l’obiettivo geopolitico di uno stato islamico organizzato. La sconfitta sul fiume Yarmuck (636), lungo l’attuale confine tra Siria e Giordania, segna la data del ritiro dei “Romani” – così si definivano e così li chiameremo noi – dalla Siria, provincia romana dal 415.
La Siria storica era molto più estesa dell’attuale stato, coprendo la parte mediana del bacino dell’Eufrate fino al Mediterraneo ed estendendosi per un ampio tratto di costa da Antiochia a Beirut fino a Gerusalemme. Copriva dunque anche Libano e Palestina, una posizione strategica di tutto rispetto lungo le direttrici est-ovest e nord-sud all’incrocio di tre continenti.
Da lì gli Arabi riusciranno a minacciare direttamente quanto restava dell’Impero Romano d’Oriente e ad assediare più volte la capitale fra il 674 ed il 678, e nel 717 e 718. I Romani, grazie alla loro flotta, riuscirono sempre a respingere il nemico.
Quasi due secoli dopo, approfittando anche delle divisioni all’interno del mondo arabo, riparte una strategia di recupero delle ricche zone mediorientali. Stranamente questa vittoriosa operazione militare è poco citata, mentre le successive Crociate restano da secoli argomento di studio e polemiche ideologiche, pur essendo anch’esse una reazione di contrasto dinamico a un’occupazione militare.
La spiegazione è nella diversità strutturale fra i due eventi: le Crociate sono classificabili come operazioni militari in area esterna condotte da attori geopolitici estranei. Costituiscono una Zeitbruch, una rottura temporale, laddove la riconquista “romana” della Siria rientra nella dinamica interna di un impero già radicato nel territorio. In sostanza, riprendersi quanto è stato sottratto da un’altra potenza è considerato normale, mentre intervenire dall’esterno in aree geopolitiche estranee alla propria area è imperialismo coloniale. Problema tuttora attuale.
Ma andiamo per ordine. L’offensiva “romana” e nel Mediterraneo si sviluppa dal 961 al 969 e comprende la conquista di Creta, di Cipro, di Antiochia e Aleppo. Dopo un periodo di guerre ai confini, lente e non decisive, una serie di vittorie nel tardo X e all’inizio dell’XI secolo permisero a tre imperatori, Niceforo II Focas (963-969), Giovanni I Tzimiskes (o Zimisce) (969-976) e Basilio II Bulgaroctono (976-1025) di riconquistare parte dei territori perduti nel corso delle guerre contro gli Arabi del VII secolo sotto la declinante Dinastia Eracliana.
All’inizio dell’XI secolo dunque le truppe “romane” sconfiggono gli arabi e riconquistano tutta la Siria. L’esercito imperiale era di fatto l’unica forza armata permanente documentata nel medioevo, mantenuta da una tassazione esosa ma necessaria alla difesa di frontiere e commercio.
Sia pur trasformato nel corso del tempo per adattarsi alle nuove realtà, esso era l’erede delle legioni imperiali: manteneva un’organizzazione centrale, aveva un regolare corpo di ufficiali e sottufficiali, regolari arsenali, reclutamento e addestramento gestiti da strutture collaudate da anni di guerre ai confini. L’uso di mercenari e irregolari ruotava attorno al nucleo dei tagmata, i reggimenti di cavalleria e fanteria metropolitani, integrati nelle campagne dalle truppe dei themata (o temi), i distretti militari di confine presidiati da soldati-contadini.
Per il periodo che trattiamo vigeva questo sistema misto, frutto di evoluzioni successive. In particolare lo sviluppo dei themata permise di affiancare accanto all’esercito di manovra una serie di unità leggere adatte all’esplorazione e alla guerriglia, come si vede nel coevo trattato De velitatione bellica (circa 965, attribuito a Niceforo Focas) e nel poema epico Dighenis Akritas, mentre i secoli successivi avrebbero visto una percentuale maggiore di mercenari.
Quanto all’organico completo, non era elevato l’organico: max 150.000 uomini, in linea con l’epoca. Grazie al comando di Niceforo Focas, le operazioni militari ebbero un’accelerazione col sacco di Aleppo e di Homs e la resa di Antiochia (969), che dopo tre secoli di dominio musulmano ritorna in ambito romano.
Lo stesso imperatore fece redigere un manuale di campagna, i Praecepta Militaria, dove in effetti è superata la precedente impostazione difensiva a favore delle possibilità offensive di un esercito di campagna organizzato, equipaggiato ed addestrato con grande rigore.
Al comando succederà Giovanni Tzimiskes, altro valente stratega. Alla sua morte (976) il comando viene preso da Basilio II Bulgaroctono, il quale però si troverà impegnato nei Balcani contro i Bulgari. Condurrà comunque nel 995 una campagna in soccorso di Aleppo contro gli arabi Fatimidi già stabili nel Maghreb.
Ma all’orizzonte avanza un nuovo invasore nomade più forte di Arabi e Persiani messi insieme. Nel 1045, solo Antiochia è ancora nelle mani dei Romani, ma cade sotto la pressione dei Turchi nel 1084, la futura potenza regionale musulmana.
Come si vede, il dividendo strategico della riconquista della Siria dura poco più di un secolo, ma è importante sapere che nella sua millenaria storia la realtà dell’Impero Romano d’Oriente va ben oltre l’immagine di decadenza alla quale la storiografia europea l’ha relegata.
Bibliografia:
La grande strategia dell’Impero bizantino / Edward Luttwack. Milano, Rizzoli, 2009. E anche Il Grande Medio Oriente: Viaggio al centro della storia tra impero e anarchia / Robert D. Kaplan, Marsilio, 2024
Il manuale De velitatione bellica e i Praecepta Militaria sono disponibili in edizioni accademiche. Il Dighenis Akritas è stato riedito in italiano nel 1995.
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