Libia: pescherecci italiani in pericolo mentre turchi e Haftar si rafforzano
Pescherecci di Mazara del Vallo ancora a rischio sequestro al largo delle coste della Cirenaica. All’alba del 3 maggio, la fregata Alpino della Marina militare, impegnata nell’Operazione Mare Sicuro, ha ricevuto la comunicazione via radio da un gruppo di 7 pescherecci italiani, intenti in attività di pesca nelle acque della Cirenaica all’interno della zona definita dal Comitato di Coordinamento Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture “ad alto rischio” (a 26 miglia nautiche da limite esterno delle acque territoriali libiche)
Acque internazionali del Golfo della Sirte ma di cui la Libia rivendica arbitrariamente e unilateralmente il controllo fino a 72 miglia dalla costa fin dai tempi del regime di Muammar Gheddafi.
Il comunicato della Marina Militare precisa che “un gommone proveniente dalla costa Cirenaica dirigeva ad alta velocità verso i pescherecci. Prontamente la nave riduceva le distanze e lanciava in volo l’elicottero di bordo ed il proprio gommone a mare, per fornire eventuale assistenza.
In relazione alla pericolosità dell’area, tutti i pescherecci si allontanavano dall’area e veniva mantenuto l’elicottero in volo per assicurare che non si verificassero incidenti”.
Il 1° settembre 2020 due pescherecci vennero sequestrati con l’equipaggio per ben 108 giorni dalle forze del generale Khalifa Haftar e furono liberati solo dopo la visita a Bengasi, il 17 dicembre, dell’allora premier Giuseppe Conte con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
“Come ho avuto modo di dire nei giorni scorsi, non possiamo più permettere che i nostri pescherecci, che svolgono legittimamente l’attività di pesca in acque internazionali, possano essere minacciati o addirittura sequestrati dalle autorità libiche, così come accaduto il 1° settembre 2020 ad opera di una motovedetta libica delle forze di Haftar” ha dichiarato ieri il sottosegretario alla Difesa, Stefania Pucciarelli (nella foto a sinistra).
“Grazie alla visita del Presidente del Consiglio Draghi, avvenuta lo scorso 6 aprile a Tripoli, che ha rafforzato il dialogo con le autorità esecutive neo-elette della Libia, credo che oggi ci siano le condizioni per lavorare ad un possibile accordo con la Libia per definire il perimetro delle acque internazionali antistanti le coste della Cirenaica.
Rinnovo, quindi, un appello al nostro Ministero degli Affari Esteri al fine di aprire un tavolo tecnico con gli altri Ministeri per definire il testo dell’accordo da proporre alla Libia” – ha concluso il sottosegretario della Lega.
In attesa di un’iniziativa della Farnesina la sicurezza dei pescherecci di Mazara del Vallo resta legata alla speranza che si tengano lontani dalle acque rivendicate dai libici e alla presenza delle unità navali dell’Operazione Mare Sicuro.
Avviata il 12 marzo 2015 a seguito dell’evolversi della crisi libica, prevede il dispiegamento di un dispositivo aeronavale per garantire attività di presenza, sorveglianza e sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale e nello Stretto di Sicilia, in applicazione della legislazione nazionale e degli accordi internazionali vigenti. Con la delibera del Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2017, dal 1° gennaio 2018, i compiti della missione sono stati ampliati e includono le attività di supporto e di sostegno alla Guardia Costiera e alla Marina Militare libiche per il contrasto dell’immigrazione illegale e del traffico di esseri umani.
Sono assegnati all’Operazione fino a 6 mezzi navali, (dal DM2018 ”con l’impiego di 6 mezzi navali, di cui uno dedicato all’assistenza tecnica della Marina/ Guardia Costiera libica e di 5 mezzi aerei”) impiegati prevalentemente nelle attività di presenza e sorveglianza in Mediterraneo Centrale, ed un’Unità navale ausiliaria impiegata per il supporto alla Guardia Costiera e Marina Militare libiche.
Le unità d’altura incluse nel dispositivo aeronavale operano in un’area di mare di circa 160.000 km quadrati, situata nel Mediterraneo centrale, che si estende al di fuori dalle acque territoriali di stati terzi ed è delimitata a sud dal limite delle acque territoriali libiche, mentre l’unità ausiliaria opera prevalentemente rimanendo ormeggiata in porto a Tripoli.
A proposito di cooperazione con la Libia in termini di Difesa e Sicurezza, ieri è giunta a Tripoli una delegazione turca ad altissimo livello guidata dai ministri degli esteri Mevlut Cavusoglu e della Difesa Hulusi Akar (nella foto sotto).
Siamo venuti “a Tripoli per dimostrare il nostro sostegno alla Libia, sviluppare ulteriormente la nostra partnership strategica e parlare di relazioni bilaterali” ha detto Cavusoglu.
La Turchia è presente militarmente in Libia in due basi navali (Misurata e al-Kohms) e in tre aeroporti (la base aerea di al-Watya e gli aeroporti di Misurata e Tripoli) schierandovi circa 1.500 militari oltre a migliaia di mercenari siriani.
A sottolineare la rilevanza degli aspetti militari sul tavolo delle trattative va evidenziato che della delegazione fanno parte anche il capo dell’intelligence turca (MIT) Hakan Fidan e il capo dello Stato maggiore della Difesa, generale Yasar Guler.
Una visita che ha fatto seguito a quella di metà aprile ad Ankara del premier del governo libico ad interim, Abdul Hamid Dbeibah, con 14 ministri.
Il comando militare delle milizie di Misurata (Operazione “Vulcano di Rabbia”), ha denunciato il rafforzamento dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Haftar grazie a ben 67 voli effettuati dopo l’accordo per il cessate il fuoco dell’ottobre 2020 dalla compagnia siriana “Cham Wings Airlines”. Voli che avrebbero trasportato mercenari dalla Siria alla regione orientale della Libia a sostegno dell’LNA.
L’ufficio stampa di “Vulcano di Rabbia” ha riferito, in un post su “Facebook”, che gli aerei sono decollati dagli aeroporti di Damasco e dalla base russa di Hmeimim (Latakia) e atterrati all’aeroporto Benina di Bengasi o alla base di al-Khadim (utilizzato anche da militari e contractors degli Emirati Arabi Uniti) a sud della città di al-Marj nella Libia orientale. La Cham Wings Airlines, di proprietà di un imprenditore siriano vicino a Bashar al-Assad, è soggetta a sanzioni da parte del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti per il suo coinvolgimento nel trasferimento di armi e mercenari tra Russia e Siria.
Mercenari siriani, arruolati dai turchi tra le milizie del nord che si oppongono in armi al governo di Damasco, sono ben presenti anche a Tripoli e Misurata. Si tratterebbe di circa 6.500/7.000 combattenti (nella foto sopra) secondo le valutazioni dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus).