L’impatto dell’accordo tra Turkmenistan e Azerbaijan sulla regione del Mar Caspio
Dopo trent’anni termina la querelle tra Azerbaigian e Turkmenistan riguardo alle questioni energetiche. Baku e Asghabat hanno firmato il 22 gennaio un accordo per lo sviluppo congiunto di un giacimento offshore di gas e petrolio nel Mar Caspio a lungo conteso. Una svolta epocale con possibili ripercussioni oltre la regione.
Il presidente dell’Azerbaigian Aliyev e il presidente del Turkmenistan Berdymukhamedov hanno firmato, curiosamente tramite videoconferenza, un memorandum d’intesa (MoU) riguardo l’esplorazione congiunta di un giacimento che d’ora in avanti sarà conosciuto come ‘Dostluk’ (che significa letteralmente amicizia). L’accordo è stato definito dal presidente azero stesso come un ‘evento storico che avvicinerà ancor più i due paesi e le due popolazioni’.
La parte del Mar Caspio in cui si trova il giacimento è stata oggetto di controversia fin dall’indipendenza dei due paesi. Il contenzioso aveva raggiunto l’apice nel 2008 quando navi da guerra era state schierate da entrambe le parti con lo scopo di impedire l’esplorazione petrolifera da parte del concorrente.
I primi tentativi di accordo in materia erano stati intrapresi da Baku e Asghabat ancora negli anni ‘90 quando era stato avviato il progetto per un gasdotto che avrebbe dovuto trasportare il gas del Turkmenistan attraverso il Mar Caspio verso l’Azerbaigian fino a raggiungere la Turchia e l’Europa.
L’Azerbaigian aveva però interrotto lo sviluppo del gasdotto a causa della scoperta del giacimento di gas di Shah Deniz, a 70 km dalle coste azere, molto più conveniente per gli interessi nazionali.
A facilitare la conclusione dell’accordo di gennaio sono stati, tra l’altro, la caduta dei prezzi globali del petrolio e del gas durante la pandemia COVID-19 e le crescenti incertezze delle economie centro asiatiche.
Per il momento i dettagli dell’accordo di sviluppo congiunto rimangono confidenziali. Quali che siano i negoziati preliminari sulla spartizione dei dividendi, sulle questioni logistiche e sui tempi di realizzazione, il nuovo accordo rappresenta una svolta notevole in Asia centrale.
Il giacimento di Dostluk riveste un’importanza strategica a causa di diversi fattori. Da un punto di vista strettamente redditizio non è un giacimento particolarmente ricco e infatti la compagnia statale dell’Azerbaijan l’ha paragonato al giacimento Karabakh su cui sta lavorando da agosto. Prima della guerra con l’Armenia, proprio il capo di stato aveva affermato che ‘nei prossimi anni il Karabakh e altri giacimenti saranno sfruttati con successo e porteranno grandi benefici’.
Pur considerata la relativa importanza del nuovo giacimento rispetto a Shaz Deniz e Absheron, da un punto di vista politico-strategico l’accordo segna un primo passo verso la normalizzazione dell’area, a pochi mesi dalla guerra che ha coinvolto Armenia e Azerbaijan.
L’accordo rappresenta una sorta di cornice per una cooperazione che dovrà necessariamente diventare sempre più stretta nel momento in cui comincerà l’attuazione vera e propria del progetto. Infatti lo sviluppo congiunto del giacimento richiede anche lo sviluppo congiunto di un’infrastruttura necessaria per portare petrolio e gas dal giacimento ai mercati di esportazione.
Lavori congiunti potrebbero riguardare anche l’infrastruttura per il trasporto di gas da altri giacimenti turkmeni compreso quello di Galkynysh, il secondo più grande al mondo. Per quanto sia ancora ad uno stato embrionale, l’accordo ha notevoli implicazioni in termini di sicurezza regionale e non solo. La notizia fa innanzitutto pensare ad un passo ulteriore verso la realizzazione del sogno del Gasdotto Transcaspico (TCP) che potrebbe diventare parte del Corridoio Meridionale del Gas (SGC).
Il Corridoio Meridionale è operativo nella sua interezza dalla fine del 2020, quando è stato completato il Gasdotto Transadriatico (TAP) che ha consegnato per la prima volta il gas proveniente dal bacino del Caspio in Grecia, Bulgaria e Italia il 31 dicembre.
L’accordo tra i due paesi si inserisce anche in una serie di manovre e accordi bilaterali iniziati già l’anno scorso. Sempre in dicembre, la compagnia di stato azera, la SOCAR, aveva vinto l’appalto per la fornitura di 40 mila tonnellate di petrolio al mese prodotte da ENI Turkmenistan.Il nuovo giacimento si trova sostanzialmente nell’area in cui avrebbe dovuto esser sviluppato il progetto congiunto risalente agli anni ‘90 e sarà solamente il nome a cambiare da Kepez/Serdar a Dostluk.
Il memorandum sembra così sancire anche la conclusione dell’annosa disputa relativa a Kepez/Serdar, sorta perché il giacimento – pur trovandosi in relativa prossimità delle coste turkmene – sarebbe stato scoperto inizialmente da esperti azeri quando entrambi i paesi erano ancora repubbliche dell’Unione Sovietica.
Solo nel 2018 la Convenzione sullo Status Legale del Mar Caspio aveva chiarito lo status legale delle acque del Mar Caspio. Sebbene le negoziazioni non abbiamo ancora raggiunto risultati definitivi su molte questioni, esse hanno sicuramente un merito nell’aver accelerato la risoluzione della disputa riguardo al confine marittimo tra Baku e Ashgabat. Il recente accordo viene così a dar forza alle risoluzioni del 2018.
La questione si inserisce naturalmente in un contesto geostrategico-energetico più ampio. Nello stesso 2018 un memorandum molto simile a quello concluso tra Azerbaijan e Turkmenistan era stato firmato tra Azerbaigian e Iran riguardo alla disputa energetica di Araz-Alov-Sharg. Tale documento non ha però portato fin qua a grandi sviluppi ed è servito più che altro a congelare il contenzioso tra i due paesi.
Mentre le questioni più spinose riguardo al Caspio del nord (confini marittimi e sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas da parte di Russia e Kazakhistan) erano già state in buona sostanza risolte prima della Convenzione del 2008 grazie ad accordi bilaterali e trilaterali, la parte meridionale del Caspio, divisa tra Azerbaijan, Iran e Turkmenistan, ha continuato ad essere oggetto di apre contestazioni.
La Convenzione del 2018 lascia alle parti il potere di risolvere le dispute a livello bilaterale. Di fatto, quindi, nè il contenzioso Alov-Sharg nè quello di Serar/Kapaz sono mai stati risolti dal diritto internazionale. Rimane quindi attiva la disputa tra Iran e Turkmenistan riguardo la demarcazione del fondale marino e del sottosuolo.
Dopo la costruzione del gasdotto Asia Centrale-Cina alla fine degli anni 2000 la Russia aveva perso influenza nella regione. Le relazioni la Russia, una volta primo importatore del gas turkmeno, ed il Turkmenistan hanno ricevuto nuovo impulso nel 2019. Da allora, Asghabat ha da allora reiniziato a esportare quantità rilevanti atttraverso la via russa.
Marinaio Turkmeno con il fucile d’assalto Beretta ARX 160
L’interesse di Asghabat è ora duplice: mantenere un buon livello di esportazioni verso Mosca e allo stesso tempo diversificare il più possibile le rotte al fine di diminuire la dipendenza dalla Russia come paese di transito e/o di importazione del del gas turkmeno. Il Gasdotto Transcapsico è quindi particilarmente interessante per Turkmenistan in termini di diversificazione delle sue rotte energetiche, attualmente molto dipendenti dalla Cina. Lo sviluppo del giacimento congiunto, soprattutto se connesso al progetto TCP, porterebbe tra l’altro il Turkmenistan tra i primissimi esportatori di gas nel mondo (attualmente Asghabat oscilla tra la quarta e la quinta posizione).
Anche per l’Azerbaijan l’attuazione del Gasdotto Transcaspico è una delle priorità. Esso porterebbe a Baku i dividendi che gli spetterebbero in quanto paese di transito. Se Baku e Asghabat trovano terreno per una strategia comune in campo energetico, Mosca e Teheran si pongono come fattori geopolitici chiave e in questo senso l’accordo azero-turkmeno può essere anche visto come un passo verso un fronte comune nei confronti di queste variabili.
Gazprom è ovviamente preoccupata dalle forniture dei corridoii verso il sud-est europeo che bypassano la Russia. Teheran, da parte sua, ha messo negli ultimi anni in atto una serie di meccanismi per approfondire le relazioni economiche e non solo con le ex repubbliche sovietiche.
Soldati Turkmeni con il fucile Beretta-ARX-160
I rapporti sono particolarmente fiorenti con Tagikistan e Kyrgyzistan tanto che nel 2019 due commissioni economiche con rappresentanti dei due stati erano state ospitate a Teheran. I rapporti sono invece tesi con Asghabat a causa della mai completamente risolta disputa energetica. L’Iran è anche promotore della Turchia in Asia Centrale, cosa che ha anche favorito la dipendenza della Turchia stessa dalle vie di transito iraniane verso l’Asia Centrale. L’Iran si pone quindi nei confronti della regione come ponte per il commercio turco con le ex repubbliche. Dispute energetiche, seppure minori, non sono mai state risolte nemmeno tra Iran e Azerbaijan.
L’opposizione di Russia e Iran al Gasdotto Transcaspico e al nuovo progetto azero-turkmeno, dunque, è un ostacolo da non sottovalutare anche considerata la relativa debolezza geostrategica delle due ex repubbliche rispetto ai due colossi rivieraschi. La Convenzione di Teheran del 2003, ancora valida, legittima tutti e 5 gli stati del Mar Caspio a sollevare obiezioni ambientali verso la TCP o qualsiasi altro progetto sia suscettibile di modificare lo status quo.
Un’altra variabile che potrebbe influenzare la nuova amicizia è il diverso grado di flessibilità dei due stati nei confronti delle compagnie straniere nei rispettivi settori energetici.
Mentre Baku ha accettato a più riprese di assegnare i diritti di esplorazione e produzione a società esterne (in cambio di una quota dei profitti), Asghabat richiede che tutte le attività nel settore energetico passino dalla compagnia statale Turkmengaz.
Oltre all’opposizione russo-iraniana verso una maggior protagonismo azero-turkmeno in vista della possibile attuazione del Gasdotto Transcaspico e alle contrapposizioni nel Caspio del sud riguardo ai diritti di sfruttamento tra Iran e Azerbaijan e Iran e Turkmenistan, rimane poi il dubbio circa la volontà di Pechino di partecipare alla realizzazione di un gasdotto che le farebbe perdere a Pechino il monopolio sulle esportazioni dalla regione, Turkmenistan in particolare.
Al di là della firma dell’accordo su Dotsluk, l’Azerbaigian e il Turkmenistan non hanno di fatto ancora una strategia comune su come procedere in merito allo sviluppo del giacimento nè una politica comune nei confronti di Russia, Iran e Cina. All’indomani della conclusione del conflitto in Nagorno-Karabakh il memorandum, seppur orientato ad un reale spirito di collaborazione, non risolve le questioni legate alla sicurezza energetica nella regione che resta strettamente legata alla sicurezza tout court.