L’Iran coinvolto nell’attentato all’ambasciata israeliana a Delhi?
Ad un mese dall’attentato all’ambasciata israeliana a Nuova Delhi, la National Investigation Agency (NIA) ha diffuso un rapporto che identifica come mandante dell’attacco la Forza al-Quds, componente operativa per le operazioni all’estero del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (IRGC) iraniano.
Nel rapporto viene stilato un elenco di sospetti appartenenti ad una locale cellula terroristica sciita che di fatto avrebbe materialmente condotto l’attacco. Secondo quanto riferisce il quotidiano Hindustan Times, la NIA sarebbe certa che lo Stato islamico sia stato centrale nella pianificazione e nella preparazione dell’attentato e che abbia operato per depistare le indagini su altri gruppi.
L’attentato, inquadrato nella campagna di guerra asimmetrica che l’IRGC conduce da anni contro Israele, sarebbe classificato come atto di ritorsione per l’assassinio dello fisico nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, ucciso il 27 novembre scorso ad Absard, e per la morte di due elementi di spicco della gerarchia sciita: Qassem Soleimani, generale iraniano capo della Forza Quds, e Abu Mehdhi Al Muhandis, capo della milizia irachena Kata’id Hezbollah e delle Forze di Mobilitazione Popolare sostenute da Teheran.
Entrambi vennero uccisi in un attacco statunitense il 3 gennaio 2020 a Baghdad. La rivendicazione sarebbe contenuta in una lettera ritrovata dagli agenti della NIA nei pressi del luogo dell’attentato, indirizzata all’ambasciatore di Israele in India, Ron Malka. Per gli specialisti del Mossad, che collaborano all’indagine indiana, la missiva sarebbe stata scritta di pugno da un iraniano e consegnata alla cellula terroristica da un agente sotto copertura diplomatica.
L’analisi sui resti dell’ordigno è ancora al vaglio dei laboratori forensi, ma dai primi risultati sembrerebbe che il dispositivo utilizzato nell’attacco non fosse un IED (Impruved Explosive Devaice) di bassa fattura, bensì una bomba con comando a distanza dotata di un detonatore elettrico o di un più sofisticato dispositivo PETN (tetranitrato di pentaeritrite), conteneva esplosivo a base di nitrato di ammonio e di olio combustibile ed armata con cuscinetti a sfera e con altro materiale destinato ad arrecare danni. In relazione ai depistaggi, sia prima che dopo l’attacco, dall’Afghanistan erano stati lanciati via internet falsi messaggi di rivendicazione, cyber marker finalizzati a proteggere la vera identità dei terroristi. Tutto questo confermerebbe come l’operazione sia stata pianificata nei minimi dettagli e che sia stata preceduta da missioni di ricognizione su un obiettivo diplomatico che, peraltro, in India gode del più alto livello di protezione.
Il governo Modi ritiene oltraggioso che la capitale indiana possa essere utilizzata da un paese amico per intraprendere una battaglia per procura contro un’altra nazione e per questo è pronto ad affrontare la questione con l’Iran. Non è, infatti, la prima volta che Teheran risulta coinvolta in azioni terroristiche su suolo indiano: il 13 febbraio 2012, a Nuova Delhi, tre agenti della Forza al-Quds presero di mira la moglie dell’addetto alla difesa israeliano in India con una bomba magnetica piazzata sull’auto diplomatica su cui viaggiava.
In quell’occasione il governo di Manmohan Singh non solo minacciò di espellere i diplomatici iraniani, ma declassò le relazioni con l’Iran ed aprì un’indagine che portò alla luce le ramificazioni del coinvolgimento iraniano nell’attentato. Questa volta le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi e non è escluso che Modi possa decidere di interrompere le relazioni con Teheran. (IT Log Defence)
Foto Hindustan Times