L’Operazione Irini pretesto per un nuovo braccio di ferro tra Ue e Turchia
“L’operazione Irini è nata traballante ed è priva di solide basi di diritto internazionale” ha dichiarato il ministro turco della Difesa, Hulusi Akar, dopo la perquisizione del mercantile turco Roseline-A diretto nel porto libico di Misurata avvenuta la sera del 22 novembre ad opera del boarding team delle fregate tedesca Hamburg assegnata all’operazione europea Irini, che ha l’obiettivo di far rispettare l’embargo di armi verso la Libia.
“Intercettare una nave commerciale turca è totalmente contrario al diritto internazionale e viola la prassi”, ha aggiunto il 24 novembre nel corso di una conferenza stampa Akar, spiegando che questo passo richiede l’approvazione del Paese di cui la nave batte bandiera. Ribadendo che il mercantile trasportava cibo e rifornimenti in Libia (forse diretti alle forze militari turche e ai mercenari siriani che le affiancano in Tripolitania) Akar ha sottolineato che “le dichiarazioni dei nostri alleati, purtroppo, non riflettono la realtà in quanto alcuni fatti sono distorti”.
La Turchia ha condannato fin da subito l’ispezione (peraltro risoltasi senza che venissero riscontrati carichi proibiti o sospetti e quindi senza sequestri né addebiti nei confronti della nave e del suo equipaggio) e ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan, ha accusato i militari tedeschi di aver “molestato” l’equipaggio.
“Ci rammarichiamo della lunga deviazione della nave turca dalla sua rotta, in gravi condizioni meteorologiche, e del fatto che durante l’ispezione i membri dell’equipaggio siano stati trattati come criminali”, ha detto il 23 novembre il portavoce del ministero degli Esteri di Ankara, Hami Aksoy. Secondo il portavoce, ripreso dall’agenzia di stampa turca Anadolu, l’imbarcazione non aveva violato l’embargo sulle armi imposto in Libia, e Ankara protesta contro l’ispezione affermando che “è stata condotto con autorità e con l’uso della forza”.
L’incidente, ha aggiunto il rappresentante della diplomazia turca, potrebbe provocare una richiesta di compensazione o danni. “E’ essenziale ottenere il consenso dello Stato di bandiera per intervenire su navi commerciali in acque internazionali”, ha aggiunto il portavoce, secondo cui “le risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu sull’embargo sulle armi in Libia non eliminano quest’obbligo”.
Il comando dell’Operazione Irini ha fatto sapere che la fregata tedesca ha ispezionato il mercantile turco diretto in Libia “nel rispetto delle procedure concordate a livello internazionale, comprese quelle Nato” e il personale salito a bordo “ha agito con il massimo grado di professionalità e non c’è stato alcun incidente. Prima di intervenire, come previsto dalla risoluzione 2292 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’operazione Irini ha cercato di ottenere il consenso dello Stato di bandiera, concedendo al ministero degli Esteri turco 4 ore di preavviso nel rispetto della prassi marittima internazionale”.
La missione europea “ha persino accettato di concedere un’altra ora, su richiesta dell’ambasciata turca a Roma, sede del quartier generale dell’Operazioni Irini. Non avendo ricevuto risposta dalla Turchia dopo il tempo stabilito” il personale Irini è salito a bordo della nave e l’ha ispezionata “nel rispetto delle procedure concordate a livello internazionale, comprese quelle Nato.
L’ispezione è stata poi sospesa, quando la Turchia ha notificato in via ufficiale e con ritardo il suo rifiuto di concedere il permesso di ispezionare la nave – ha precisato il portavoce di Irini – fino ad allora, l’ispezione non aveva trovato alcuna prova di materiale illegale a bordo e la nave è stata autorizzata a proseguire la sua rotta”.
Il portavoce ha ricordato che il mandato della missione è quello di contribuire all’applicazione dell’embargo Onu e che “le risoluzioni delle Nazioni Unite sono vincolanti per tutti gli Stati membri, compresa la Turchia”. Inoltre, ha aggiunto, “la risoluzione 2292 chiede a tutti gli Stati di bandiera di cooperare con le ispezioni”.
L’ammiraglio turco in pensione Cem Gurdeniz (considerato il padre della dottrina marittima turca basata sulla rivendicazione di sovranità su 462 mila kmq di mare dall’Egeo alle acque cipriote nota come “Patria Blu”) ha definito in un’intervista all’Ansa l’ispezione al cargo turco “un atto di pirateria che apre la strada a un aggravamento della sfiducia tra Turchia e Ue”.
Per Gudeniz, il caso della Roseline-A riflette “l’approccio ostile” dell’Europa. “Visto che l’Ue ha agito sulla base di sospetti, senza chiare e innegabili informazioni di intelligence, questo episodio apre la via a futuri interventi manipolati. L’Ue ha aperto il vaso di Pandora”
Il ministero degli Esteri di Ankara aveva convocato per protesta gli ambasciatori di Ue, Italia (che ha il comando della missione) e l’incaricato d’affari tedesco, vista l’assenza dell’ambasciatore di Berlino.
Secondo Gurdeniz, l’episodio avrà comunque “effetti negativi e preoccupanti sul Mediterraneo Orientale e le dispute nell’Egeo” e “danneggerà anche la solidarietà all’interno della Nato”.
Nell’estate scorsa la Marina Turca aveva impedito in almeno due occasioni l’ispezione di un cargo che trasportava armi a Misurata proteggendolo con le proprie navi militari per impedire alle navi dell’Operazione Irini di avvicinarsi. In una circostanza una fregata turca aveva minacciosamente “illuminato” con il radar guida-missili una fregata francese assegnata a una Operazione NATO.
Finora l’unico carico sequestrato da Irini in violazione all’embargo sulla Libia è costituito da uno stock di carburante per aerei destinato alle forze dell’Esercito nazionale Libico del generale Khalifa Haftar (o ai cacciabombardieri Mig 29 e Su-24 della compagnia militare privata russa Wagner che li affiancano) rinvenuto in settembre dagli uomini della fregata tedesca Hamburg a bordo del cargo Royal Diamond 7 (nella foto sopra) salpato dagli Emirati Arabi Uniti e diretto nel porto della Cirenaica di Derna.
Il braccio di ferro tra Ue e Turchia intorno all’Operazione Irini potrebbe determinare rischi di pesanti “rappresaglie” da parte di Ankara la cui influenza in Tripolitania è ormai tale da poter determinare in modo rilevante gli orientamenti del governo di Tripoli nella cooperazione con la Ue e i suoi Stati membri soprattutto sul fronte del contrasto all’immigrazione illegale.
L’ammiraglio Fabio Agostini, comandante dell’Operazione Irini, ha presentato la missione europea il 23 novembre a Tripoli ai vertici del Governo di Accordo Nazionale (GNA) libico: il premier Fayez al Sarraj, il ministro della Difesa Salahedin Al Namroush, il ministro dell’Interno Fathi Bashagha, il ministro degli Affari Esteri, Mohamed Siala, e esponenti della commissione speciale sulla Libia.
“Durante l’incontro l’ammiraglio Agostini ha presentato il mandato, il ruolo e la cornice legale entro cui lavora l’Operazione Irini , sottolineando la sua imparzialità verso le parti in Libia mostrando l’evidenza dei risultati raggiunti”, riferisce un comunicato dell’operazione europea. L’ammiraglio ha sottolineato il fatto che Irini “è l’unico attore internazionale che sta implementando l’embargo Onu alla Libia in pieno supporto del Processo di pace di Berlino”.
La delegazione ha spiegato che l’operazione intende arginare ogni tipo di traffico illecito di armi perpetrato in mare, in aria e via terra – indipendentemente dagli autori – con l’obiettivo di fermare il flusso di armi e aprire la strada a una diplomazia efficace che porti alla stabilità, alla pace e alla prosperità’ del popolo libico.
In realtà proprio la violazione di tale embargo da parte degli sponsor del GNA (turchi e qatarini) e dell’LNA (russi, egiziani ed emiratini in primis) ha determinato lo stallo militare su cui viene faticosamente imbastita la trattativa in corso per stabilizzare la Libia. Per intenderci, senza le armi turche e i mercenari siriani al soldo di Ankara le truppe di Haftar avrebbero forse preso Tripoli o continuerebbero ad assediarla. Al tempo stesso senza i contractors russi le forze di Tripoli guidate dai turchi avrebbero già conquistato Sirte, al-Jufra e forse la “mezzaluna petrolifera” del Golfo della Sirte.
Quindi sono stati proprio gli sviluppi militari determinatisi grazie alle violazioni dell’embargo dell’ONU a creare un’occasione per la pace tra “le due libie”. Per questa ragione l’Operazione Irini appare inutile e soprattutto anacronistica a conferma di come l’Europa abbia giocato male e in clamoroso ritardo in una crisi libica in cui l’influenza reale è esercitata da potenze extra-Ue.
Ciò non toglie che i turchi possano oggi usare il pretesto di Irini per colpire gli interessi europei e italiani.
Il comandante di Irini ha invitato Tripoli a “riprendere le attività di formazione della Guardia Costiera e della Marina” curate dalla missione navale Ue già attivate ai tempi dell’Operazione Sophia ma attualmente sospese.
Dal 20 ottobre la Marina turca ha avviato attività addestrative con le forze navali di Tripoli, inclusa la Guardia Costiera mentre nel porto tripolino di Abu Sitta è ancora presente la missione della Marina Militare che supporta la Guardia Costiera libica nelle attività contro l’immigrazione illegale.
Sia la ripresa della cooperazione con Irini sia il futuro della missione italiana sembrano dipendere ornai dalla volontà di Ankara più che da quella di Tripoli.
Meglio non dimenticare che con l’iniziativa assunta in Tripolitani, grazie anche alla miope paralisi di Italia e Ue, Ankara si è garantita il controllo della rotta centro-Mediterraneo dell’immigrazione illegale oltre ad essere da tempo padrona assoluta di quella del Mediterraneo Orientale diretta verso le coste greche e della “rotta terrestre” che dall’entroterra balcanico punta ai confini sud orientali della Ue.
Un’egemonia sui traffici illeciti di esseri umani che costituisce una formidabile arma di ricatto nelle mani di Erdogan.
Foto: EunavforMed Irini e Anadolu