Macron chiama alle armi: la Francia prepara i giovani alla guerra. L’Europa si sveglia?
Ogni cosa ha un destino; la Marseillaise, nella storia francese, scandisce i momenti più importanti. Il presidente Macron, di fronte alla Nazione, con il suo discorso, l’ha cantata con tutto il sentimento e la partecipazione possibili. Aux armes, citoyens! Di fatto, Macron ha suonato concretamente una chiamata alle armi, raddoppiando il budget per la difesa e richiamando al dovere i giovani non solo per i prossimi due anni della sua permanenza all’Eliseo, ma anche per il futuro, visto che nel suo discorso il presidente è arrivato a parlare di ultimo sacrificio indispensabile per difendere la Patria. Non è escluso che incremento del bilancio e richiamo dei giovani desiderino anticipare il ripristino del servizio di leva, magari su base volontaria, per preparare la Francia ad un conflitto simmetrico.
Già nel 2017 Monsieur le President aveva separato il più vieto nazionalismo dall’indispensabile patriottismo, con ciò certificando l’esistenza di una faglia sempre più profonda tra Francia e USA, sempre più avvinti ai loro soli interessi. Concetti fatti sinergicamente propri dall’establishment dell’Armée nel 2017 con l’affermazione della necessità di un esercito europeo, ed ora estesi dal capo di stato maggiore, generale Thierry Burkhard che, poco ritualmente, ha affrontato i pericoli a 360 gradi, dal terrorismo alla Russia, alla pirateria informatica. Il generale ha parlato di minaccia russa permanente, del disimpegno americano, della querelle ucraina, che mette in gioco anche il posto dei paesi europei nel mondo di domani, aggiungendo che fare finta di niente non risolverà nulla.
L’attuale frangente, probabilmente il più coinvolgente dal 1945, avrebbe indotto George Kennan ad un telegramma forse ancora più drammatico di quello inviato nel 1946 a seguito del discorso del Bol’šoj di Stalin. Per arrivare alla Dottrina Truman e al Containment, 80 anni fa ci è voluto poco; oggi il quadro è inesplicabilmente diverso, forte di nuove e pericolose forme di isolazionismo transatlantico e di revisione storico-politica.
Per il presidente francese non ci sono dubbi: insieme con gli alleati dell’UE, la sicurezza va garantita in solitudine. Ecco che il piano di riarmo francese da 74 miliardi nel 2026 diventa una logica ed ineludibile conseguenza, volta a contrastare il nuovo imperialismo tracimato ad ovest con l’invasione dell’Ucraina.
Nei 40 minuti di discorso, Macron ha avuto il coraggio di sfidare qualsiasi pacifismo asserendo che, quando non ci sono più regole, prevale la legge del più forte, parole politically incorrect, purtuttavia crudamente veritiere alla luce delle forme di incertezza introdotte da Washington e che lasciano l’Europa in balia di un arco di crisi che parte dal Golfo di Guinea, attraversa il Sahel fino a giungere all’Iran.
Dopo le ultime notti ucraine intessute di missili e terrore, l’affermazione presidenziale per cui per essere liberi in questo mondo, bisogna incutere timore. E per incutere timore, bisogna essere forti, lascia il segno, come lascia il segno rammentare, tardivamente, lo scomodo ma razionale detto latino, per cui si vis pacem para bellum. Vissuti nella colpevole convinzione che nulla avrebbe potuto turbare le tranquille quotidianità occidentali, bisogna sperare che le parole del capo dell’Eliseo non cadano nel vuoto pneumatico dei diafani distinguo e delle ritirate diplomatiche, utili solo per le avanzate dell’aggressore più risoluto, quello che, come sempre più spesso asserito da Medvedev, vuole la vittoria, non la pace. È per questo che nel 2027 il bilancio francese della difesa salirà a 64 miliardi di euro, ovvero il doppio della disponibilità del 2017.
Il presidente ha poi chiarito che il governo si concentrerà sulla modernizzazione dell’esercito eliminando le vulnerabilità, a cominciare dal munizionamento, dal potenziamento dei sistemi di lancio multipli, dalle armi di precisione, dall’ampliamento della riserva militare. Nel contesto va annoverato anche il ritorno della deterrenza nucleare, specialmente dopo i recenti accordi con l’unica altra potenza nucleare europea, la Gran Bretagna. Macron intende dirigere verso una manovra di bilancio responsabile e verso una precisa chiamata alla responsabilità collettiva. Per chi desiderava un nuovo ordine, ecco ri-prendere forma strutturazioni che plasmano equilibri posti a rischio dalla tentennante affidabilità americana.
Al pari di Macron, Keir Starmer ha dichiarato: siamo direttamente minacciati da stati dotati di forze militari avanzate, quindi dobbiamo essere pronti a combattere e vincere. Affermazioni quanto mai controtendenti rispetto al normale sentire, specie parlando di ammodernamenti nucleari. Oltre alla formazione di una nuova Guardia nazionale, destinata alla difesa infrastrutturale interna, sir Keir si è impegnato ad incrementare la spesa fino a giungere nel 2027 al 3% del PIL.
John Healey, ministro della Difesa inglese, non ha temuto di dichiarare che la nuova dottrina militare costituisce un messaggio per il Cremlino, nonché un rilancio economico nazionale in accordo con le richieste statunitensi in tema atlantico. Anche la Germania, guardando al di là dei caccia polacchi in volo, ha di fatto dismesso i panni pacifisti aumentando per il 2029 la spesa per la difesa al 3,5% del PIL. Il timore più che fondato di una guerra ha di fatto consentito di superare la più stretta regolamentazione unionista sul controllo del debito.
All’appello mancano gli ondivaghi USA, soggetto politico di incertezza quanto mai pervasiva. In altri tempi e con altri uomini, nel 1953 Washington ha strutturato il Progetto Solarium, un’esercitazione di sicurezza nazionale attuata durante i primi mesi della presidenza di Eisenhower, un eccezionale esempio di pianificazione innovativa strategica purtroppo mai più ripetuto, ed in grado di dare un’impronta politica stabile fino alla fine della Guerra Fredda. Le prospettive fornite dalle ultime amministrazioni, non hanno garantito alcuna ampiezza concettuale tale da replicare l’efficacia del Solarium.
Da notare: solo i Paesi di più consolidata politica egemonica discutono apertamente di guerra e di chiaro posizionamento del nemico incombente; mentre su altri palcoscenici le prolusioni politico militari estere non trovano spazio, benché interessanti temi securitari comuni, del presidente Macron piace sintetizzare un preciso pensiero: À l’heure des prédateurs, nul ne peut rester immobile, all’ora dei predatori, nessuno può rimanere immobile, ora che si sta correndo incontro a quella che, ancora una volta, potrebbe essere l’ora più buia.
Foto: Ministère des Armées
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