Mar Cinese: Pechino rende più aggressiva la Guardia Costiera
A fine gennaio il Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo cinese ha emanato una legge, entrata in vigore il 1° febbraio scorso, sull’uso delle armi da parte della Guardia Costiera Cinese (CCG) contro navi straniere, in determinate condizioni, in acque sotto la giurisdizione cinese.
La legge autorizza il CCG “ad adottare tutte le misure necessarie, compreso l’uso di armi, quando la sovranità nazionale, i diritti sovrani e la giurisdizione vengono violati illegalmente da organizzazioni e individui stranieri in mare, o si trovano a fronteggiare un pericolo imminente a causa di violazione illegale”.
Autorizza inoltre il CCG a demolire “costruzioni, strutture e vari dispositivi fissi o galleggianti” di organizzazioni e individui stranieri situati “nelle aree di mare e nelle isole sotto la nostra giurisdizione”, stabiliti senza il permesso di Pechino.
Secondo il governo cinese, la nuova legge velocizza le procedure per l’uso della forza ed è in linea con una pratica comune tra le guardie costiere di altre nazioni, tra cui Giappone e Corea del Sud.
Nel 2001, il Giappone ha autorizzato la sua Guardia Costiera a usare armi, inclusi cannoni e mitragliatrici, contro navi non identificate nelle acque nipponiche.
La Corea del Sud ha approvato nel 2016 una legge che autorizza l’uso di armi portatili e cannoni ad acqua contro le navi straniere che operano illegalmente nelle sue acque.
Negli ultimi dieci anni, secondo il Dipartimento della Difesa americana, la Cina ha più che raddoppiato il numero di grandi pattugliatori della Guardia Costiera con stazza superiore alle 1.000 tonnellate, da circa 60 nel 2010 a oltre 130 nel 2020, inclusi due grandi cutter da q12mila tonnellate. Numeri che rendono la Guardia Costiera di Pechino, definita da alcuni come “la seconda marina cinese”, la più grande del mondo.
La maggior parte di queste nuove navi è equipaggiata non solo con elicotteri e cannoni ad acqua, ma anche con artiglierie da 30 mm e 76 mm, cioè armi più potenti di quelle solitamente imbarcate dalle unità delle guardie costiere degli altri paesi rivieraschi del Mar Cinese Meridionale e Mar Cinese Orientale.
I pattugliatori più grandi possono operare anche lontano dalla costa cinese continentale e per lunghi periodi di tempo. La guardia costiera cinese può anche utilizzare 70 navi di oltre 500 tonnellate per operazioni offshore più limitate, oltre a più di 400 motovedette costiere.
Per molti anni, la GCC è stata sotto il controllo dell’Amministrazione statale oceanica cinese, un organismo civile ma dal 2018 è stata posta sotto il comando della Commissione militare centrale, il principale organo politico militare cinese, guidato dal presidente Xi Jinping.
Come le Filippine e il Vietnam, il Giappone ha espresso grave preoccupazione per la nuova legge cinese attraverso il ministro degli Esteri Toshimitsu Motegi che accusa Pechino di violare le convenzioni internazionali.
Toshinari Matsuo, direttore dell’ufficio legale operativo presso il Maritime Command and Staff College della Maritime Self-Defense Force, ha scritto che la nuova legge va oltre le norme stabilite dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS – United Nations Convention on the Law of the Sea).
Secondo l’articolo19 “Il passaggio è inoffensivo fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero. Tale passaggio deve essere eseguito conformemente alla presente Convenzione e alle altre norme del diritto internazionale”.
La Cina afferma che la sua guardia costiera ha il diritto di operare nelle aree sotto la giurisdizione cinese mentre, l’UNCLOS consente una giurisdizione funzionale limitata al di fuori delle acque territoriali e solo dove la sovranità territoriale è riconosciuta a livello internazionale e non come nel caso delle Isole Senkaku (160 isole, di cui 47 abitate) o degli arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale, dove la sovranità territoriale è contesa.
L’amministrazione USA ha confermato che l’arcipelago delle Senkaku è coperto dall’Articolo 5 del Trattato di sicurezza USA-Giappone, che impone a Washington di intervenire in caso di aggressione al territorio nipponico. L’area delle Senkaku è monitorata da navi e velivoli dell’11° Regional Coast Guard Headquarters nipponico con sede a Naha, a Okinawa.
Lo scorso anno il Giappone ha avvistato navi appartenenti ad amministrazioni governative cinesi all’interno di acque contigue e territoriali vicino alle Senkaku per ben 333 giorni su 365.
Foto: Guardia Costiera Cinese
Approfondimenti: vedi l’articolo di Marco Leofrigio sulla Guardia Costiera Cinese pubblicato da Analisi Difesa nel dicembre 2019