Maxi evacuazione da Kabul: il ponte aereo con il via libera dei talebani
Dopo l’arrivo a Roma del personale diplomatico dell’ambasciata a Kabul e dei residenti italiani nella capitale afghana, il primo volo con 85 persone, tra ex collaboratori afghani e i loro familiari, è atterrato nella giornata di ieri presso l’aeroporto di Fiumicino. Il personale a bordo è stato imbarcato all’aeroporto di Kabul su un C130J dell’Aeronautica Militare che era decollato dal Kuwait. Dopo uno scalo tecnico, l’aeroplano è giunto di nuovo in Kuwait, dove i passeggeri sono stati trasferiti sul KC-767 per essere trasportati in Italia.
Nella giornata di ieri altri due C130-J sono decollati dal Kuwait per imbarcare circa altre 150 persone a Kabul, che saranno trasportate in Italia con un KC-767.
“Il nostro impegno è lavorare col massimo sforzo per completare il piano di evacuazione dei collaboratori afghani, degli attivisti e di chi è esposto al pericolo” ha dichiarato il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini
La Difesa ha messo in campo per l’operazione Aquila Omnia, pianificata e diretta dal COVI (Comando Operativo di Vertice Interforze), comandato dal Generale Luciano Portolano, 8 aerei, 4 KC-767 che si alternano tra l’area di operazione e l’Italia e 4 C130-J, questi ultimi dislocati in Kuwait, da cui parte il ponte aereo per Kabul.
Sono oltre 1.500 i militari italiani del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI) impegnati in questa complessa operazione per il ponte aereo Roma-Kabul. Personale del Joint Force HQ (JFHQ), del Comando Operazioni Forze Speciali (COFS), della Joint Evacuation Task Force (JETF), della Joint Special Operation Task Force (JSOTF), del Comando Operazioni Aerospaziali AM (COA), della 46^ Brigata Aerea, del 14° Stormo dell’Aeronautica Militare, della Task Force Air di Al Salem (Kuwait), oltre a tutti i militari delle Forze Armate e dei Carabinieri preposti alla accoglienza e gestione al loro arrivo in Italia.
Tra questa mattina e venerdì tre voli, partiti contemporaneamente, atterreranno all’aeroporto di Fiumicino con a bordo altri cittadini afghani, l’attivista Zhara Ahmadi e personale della fondazione Veronesi.
“Al momento la situazione nell’aeroporto di Kabul è molto più tranquilla. Noi abbiamo una proficua collaborazione con le Forze degli Stati Uniti, della Gran Bretagna ma anche con quelle turche. Vi è una buona condizione di sicurezza all’interno dell’aeroporto. All’esterno la situazione è relativamente tranquilla anche se è caratterizzata da resse che si registrano all’ingresso dello scalo ma che vengono comunque controllate dai militari statunitensi, britannici e turchi”. Lo ha detto all’ANSA all’aeroporto di Fiumicino il colonnello Diego Giarrizzo, Direttore Joint operation center del Comando operativo di vertice e interforze (Covi).
“A Kabul abbiamo una task-force di evacuazione che ha il compito di individuare queste persone che già sono state riconosciute come collaboratori dell’Italia e a seguito di esse con una collaborazione che avviene anche in Italia verranno comunque identificate e imbarcate sugli aerei militari attraverso il ponte aereo che con velivoli C130 farà la tratta Kabul-Kuwait e successivamente con un’altra tipologia di aereo arriveranno a Roma.
L’operazione – ha continuato – proseguirà fino quando saremo in grado e le condizioni di sicurezza lo permetteranno continueremo comunque a portare in Italia cittadini afghani. Il numero iniziale che era stato individuato e per il quale avevamo già iniziato il trasferimento nel mese di giugno, era inizialmente stimato in diverse centinaia. Il numero man mano va incrementando perché le persone che si trovano in stato di bisogno sono sempre di più”.
Il ponte aereo internazionale teso a evacuare da Kabul occidentali e gli afghani che hanno cooperato con le forze alleate e con il governo decaduto con la vittoria talebana e la figa all’estera del presidente Ashraf Ghanì continuerà presumibilmente per diversi altri giorni con il via libera dei talebani che hanno il pieno controllo di Kabul ma non hanno occupato l’aeroporto “Hamid Karzai” presidiato da 4.500 militari statunitensi, 600 britannici e 500 turchi.
“Assicuriamo a tutte le ambasciate, missioni diplomatiche, istituzioni e cittadini stranieri a Kabul che non vi è alcun pericolo per loro” aveva annunciato il 16 agosto in un tweet un portavoce talebano, secondo cui “le forze dell’Emirato Islamico hanno il compito di mantenere la sicurezza a Kabul e in altre città del Paese”.
Ieri è partito per l’Afghanistan il quinto aereo militare A400M tedesco per il ponte aereo tra Kabul a Tashkent, in Uzbekistan, che da domenica a oggi ha portato in salvo in tutto 500 persone, tra cui oltre 100 di cittadinanza afghana: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas in una conferenza stampa sull’evoluzione della situazione. L’obiettivo è portare via “quanta più gente possibile in questo arco di tempo ma presumiamo che la finestra temporale sia limitata” ha aggiunto il ministro tedesco.
L’ambasciatore del Regno Unito in Afghanistan, Laurie Bristow, ha dichiarato a Sky News che i talebani “hanno deciso di sostenere” le operazioni di evacuazione del personale diplomatico britannico e dei collaboratori locali da Kabul. “La mia analisi è che i talebani ritengano nel proprio interesse contribuire a far sì che ciò avvenga in modo ordinato e sicuro”, ha sottolineato l’ambasciatore, “pertanto, stiamo lavorando con loro ove lo consideriamo necessario a livello tecnico e pratico”.
Bristow è rimasto nella capitale afghana per organizzare i rimpatri e conta sull’appoggio di almeno 600 militari e una squadra del ministero dell’Interno dispiegata per accelerare la concessione dei visti e altre operazioni burocratiche. Il tempo disponibile per le evacuazioni, avverte l’ambasciatore, si conta “in giorni, non in settimane”.
“Ieri abbiamo fatto partire circa 700 persone, stiamo cercando di accelerare il ritmo nei prossimi giorni, utilizzeremo tutti i mezzi a nostra disposizione per cercare di portare in salvo tutti quelli che ne hanno bisogno il prima possibile”, ha detto ancora Bristow in un video pubblicato su Twitter, “speriamo di evacuare almeno un migliaio di persone al giorno per riuscire a occuparci della gran quantità di britannici che dobbiamo evacuare e della grande quantità di afghani che hanno lavorato con noi che dobbiamo evacuare”.
Più di 200 cittadini turchi sono stati evacuati nel primo pomeriggio di ieri, come ha reso noto il ministero degli Esteri di Ankara, che ha specificato che il volo è decollato dall’aeroporto di Kabul e che l’evacuazione non ha riguardato i circa 600 militari e funzionari diplomatici in servizio nel Paese.
Ankara (come Mosca, Pechino e Teheran) non ha chiuso la propria ambasciata e riguardo i militari presenti su suolo afghano il ministro della Difesa Hulusi Akar, ha garantito che per la sicurezza di questi ultimi “sono state adottate tutte le misure e protocolli necessari”, confermando che gli uomini di Ankara per ora rimangono a Kabul.
Quanto agli statunitensi, “l’obiettivo è chiudere la missione entro il 31 agosto” ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby confermando la data, indicata nelle scorse settimane per il completamento del ritiro americano, entro la quale dovrebbe concludersi il ponte aereo per trasferire fuori dal Paese i cittadini americani e le decine di migliaia di afghani che possono ottenere il permesso speciale per aver lavorato con gli americani in questi 20 anni.
Kirby ha assicurato che il ritmo del ponte aereo “accelererà” nei prossimi giorni, arrivando ad un decollo ogni ora, per un totale di 9mila trasferimenti al giorno.
Il 14 agosto la CNN ha reso noto che l’Amministrazione Biden stava lavorando a un accordo con il Qatar per ospitare temporaneamente migliaia di afghani, con le loro famiglie, che hanno lavorato per gli Usa in Afghanistan. E’ quanto rivela una fonte citata dalla CNN precisando che l’iniziativa – in attesa del trasferimento negli Usa – potrebbe vedere coinvolti fino a 8.000 afghani, ma non c’è nulla di “definitivo”. “Stiamo valutando tutte le opzioni a disposizione”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato alla CNN.
Secondo la fonte, se si arriverà a un accordo, un primo gruppo di 1.000-2.000 afghani potrebbe arrivare “presto” a Doha.
Su richiesta degli Stati Uniti l’Uganda ospiterà temporaneamente 2.000 profughi afghani in fuga dal Paese asiatico. A comunicarlo è stato il ministro per i Soccorsi, la preparazione alle catastrofi e i rifugiati del Paese africano, Esther Anyakun. Il ministro, si legge sul quotidiano Daily Monitor, ha detto che il governo si aspetta di “ospitare temporaneamente” i rifugiati “prima che questi possano essere trasferiti dal governo degli Stati Uniti”. Anyakun ha specificato che l’iniziativa è il frutto di un richieste esplicita di Washington al presidente Yoweri Museveni.
Secondo le autorità di Kampala l’arrivo del primo gruppo di 500 cittadini afghani era previsto per ieri, ma non ha avuto luogo. Il governo ugandese ha reso noto che i profughi arriveranno sempre a gruppi di 500 e che rimarranno nel Paese per un lasso di tempo previsto di tre mesi. Tutti i costi per la loro permanenza nel Paese africano saranno coperti dall’Amministrazione USA.
L’Uganda, stando ai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ospita oggi la più grande popolazione di rifugiati di tutta l’Africa. I profughi o i richiedenti asilo che vivono nel Paese africano sono oltre 1,4 milioni. Più della metà, quasi 900mila, provengono dal Sudan.
Fonti: Ministero della Difesa Italiano US DoD, UK MoD,
Foto: Difesa.it, Twitter, Ministero della Difesa Francese e UK MoD