Mezza Europa chiede (invano) alla Ue muri contro i migranti clandestini
Si ampliano in tutta Europa i fronti critici per l’immigrazione illegale. L’ultimo in ordine di tempo è quello bielorusso dove ieri due militari polacchi sono rimasti leggermente feriti quando un gruppo di circa 60 migranti illegali afro asiatici ha cercato di farsi strada attraverso il confine.
Il “fronte bielorusso”
L’incidente è avvenuto domenica vicino al villaggio di Usnarz Gorny. Le autorità hanno riferito che i migranti hanno lanciato pietre e hanno brandito rami. Quella parte del confine è in una fitta foresta con paludi all’interno. La maggior parte del confine con la Bielorussia corre lungo il fiume Bug. Un video che mostra uomini che cercano di rompere la recinzione di confine di filo spinato con un ramo e truppe polacche con elmetto che guardano da vicino è stato pubblicato sul sito web delle guardie di frontiera
Varsavia ha schierato ben 6mila militari per aiutare le guardie di frontiera a fermare i flussi migratori illegali utilizzati dal governo di Minsk come rappresaglia per le sanzioni imposte dalla Ue al regime di Aleksandr Lukashenko.
Il 19 ottobre il ministro della Difesa polacco, Mariusz Blaszczak ha precisato che “i soldati aiuteranno la Guardia di frontiera a proteggere il confine del Paese e a non consentire che venga attraversato in modo illegale”. Del resto solo il giorno prima erano stati registrati 600 tentativi di forzare i blocchi di confine.
A livello Ue “dobbiamo parlare anche di barriere fisiche ai confini, che sono estremamente utili per affrontare la crisi” in corso al confine Ue con la Bielorussia, “perché nessuno sa cosa succederà domani” ha dichiarato il 22 ottobre il presidente lituano Gitanas Nauseda, a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles. “Forse – continua – ci saranno 3-5mila migranti al confine contemporaneamente o che tentano di attraversare la frontiera in diversi punti. E così non siamo pronti ad affrontarlo. Per questo dobbiamo essere decisi”. “L’attacco ibrido” della Bielorussia nei confronti della Lituania e degli altri Paesi Ue confinanti, prosegue Nauseda, sta diventando “sempre più aggressivo. Vediamo sforzi per facilitare i visti e il regime bielorusso che cerca più collegamenti da Paesi del Medio Oriente, quindi il numero dei migranti che potrebbe dirigersi verso i confini Ue aumenta.
Servono azioni chiare, non possiamo semplicemente sempre parlare di questo problema. Va emendato il codice delle frontiere di Schengen per affrontare questa sfida organizzata dal regime bielorusso”.
“Purtroppo – prosegue – vediamo anche campagne di disinformazione, costruite su questi attacchi ibridi. Vediamo dare la colpa alla politica estera dell’Ue, il regime bielorusso dubita delle nostre capacità di affrontare la crisi migratoria e cerca l’escalation sul piano dei diritti umani. Servono decisioni e azioni, il prima possibile. Dobbiamo ripensare la nostra politica sulle migrazioni e sull’asilo, che risale a diversi anni fa. A quell’epoca le crisi erano umanitarie – conclude – non si utilizzava la migrazione come uno strumento contro l’Ue”.
Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha definito “inaccettabile la strumentalizzazione dei migranti per motivi politici” da parte di Minsk.
L’intesa Serbia-Ungheria
Lungo la riotta terrestre Balcanica dal 15 ottobre sono in azione pattuglie miste serbe e ungheresi per rafforzare i controlli e la sorveglianza lungo la frontiera e intensificare la lotta all’immigrazione illegale.
“Non consentiremo che la vita nel nostro Paese venga in qualche modo modificata” a causa dei migranti – ha detto il ministro dell’Interno Aleksander Vulin. “Per questo la collaborazione con la polizia magiara è molto importante”, Il ministro ungherese Sandor Pinter ha sottolineato che Ungheria e Serbia hanno la stessa posizione in fatto di immigrazione illegale, aggiungendo l’auspicio che altri Paesi europei si uniscano in tale collaborazione nel contrasto all’immigrazione illegale. I rapporti tra Budapest e Belgrado si sono molto rafforzati negli ultimi tempi, anche grazie all’amicizia personale e a gli stretti rapporti personali tra il presidente serbo Aleksandar Vucic e il premier ungherese Viktor Orban.
La situazione in Italia
Ben più grave la situazione in Italia dove il governo attuale e quello precedente non hanno fatto nulla per arginare i flussi.
Anzi, nonostante le continue proteste dell’opposizione di FdI e interne alla maggioranza espresse da Lega e da una parte di Forza Italia, si può affermare che Roma stia facendo di tutto per attrarre sulle sue coste i flussi migratori illegali del Mediterraneo che Malta, Grecia e Spagna stanno arginando invece con successo.
Sono ormai 53 mila i clandestini sbarcati in Italia via mare quest’anno, il doppio dello scorso anno e 5 volte in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Non occorre una sfera di cristallo per ipotizzare che quest’anno si concluderà con almeno 70 mila clandestini sbarcati, specie se le condizioni meteo marine resteranno buone.
Negli ultimi giorni si sono ingigantiti i flussi su Lampedusa dalla Tunisia e dalla Libia grazie anche a tre navi delle Ong (Sea Watch giù approdata, Ata Mari e Geo Barents in arrivo) cariche di clandestini anche se va rivelato che sulla rotta libica l’ottimo lavoro svolto finora dalla Guardia Costiera libica ha impedito quest’anno che altri 25 mila migranti illegali raggiungessero le nostre coste.
L’assenza di contromisure quali respingimenti in mare accordi bilaterali coi paesi di partenza di barchini e barconi per il blocco ai flussi o il rimpatrio immediato stanno trasformando l’Italia nell’unico approdo sicuro per tutti i trafficanti del Mediterraneo.
Non a caso sono esplosi quest’anno gli sbarchi sulla costa ionica della Calabria (800 arrivi in appena tre giorni tra il 21 e il 23 ottobre) che vedono qualche migliaio di iracheni, iraniani, siriani, pakistani, bengalesi e afghani salpare dalla Turchia alla volta dell’Italia a bordo di vecchie navi turistiche pilotate da equipaggi ucraini.
Un flusso che si è non a caso ampliato dopo le dichiarazioni di Mario Draghi che nella primavera scorsa definì il presidente turco Recep Tayyp Erdogan “un dittatore”.
Dopo mesi trascorsi a subire silenziosamente gli sbarchi dei clandestini inviatici dalla Turchia (che disporrebbe di mezzi aerei e navali sufficienti a blindare le proprie acque costiere) il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha reso noto di aver avuto un colloquio telefonico con il suo omologo turco, Suleyman Soylu, “sui temi di comune interesse e in particolare sulla collaborazione delle forze di polizia dei due Paesi per quanto riguarda il contrasto al terrorismo, al cybercrime, al narcotraffico e alle organizzazioni criminali che sfruttano e alimentano i flussi dell’immigrazione irregolare nel Mediterraneo orientale”.
I ministri Lamorgese e Soylu – spiega una nota del Viminale – hanno concordato l’agenda di un incontro bilaterale in presenza, che si svolgerà prossimamente a Roma, con una specifica attenzione anche alla prevenzione dei flussi migratori irregolari via mare. Vedremo con quali frutti….
A chi ama cogliere anche le sfumature geopolitiche nei fluissi migratori illegali non sarà sfuggito il boom di arrivi sulle coste ioniche calabresi e pugliesi di moltissimi egiziani, non a caso dopo che in Italia è iniziato il processo in contumacia dei vertici della sicurezza interna egiziana accusati della morte di Giulio Regeni.
La Ue decide di non decidere
Il Consiglio Ue del 21 e 22 ottobre ha dedicato 5 ore al tema delle migrazioni illegali al termine delle quali il presidente della Commissione ha annunciato che non vi saranno stanziamenti di fondi europei per la costruzione di muri al confine esterno dell’Unione Europea per rafforzare il contrasto ai traffici di clandestini.
“Si è parlato di infrastrutture fisiche ma sono stata molto chiara sul fatto che non ci saranno finanziamenti di reticolati di filo spinato o muri”, ha detto la von der Leyen.
Una decisione paradossale se si considera che in passato la Ue ha finanziato la costruzione dei reticolari nelle énclaves spagnole a Ceuta e Melilla e che i fondi Ue girati alla Turchia hanno finanziato anche il muro eretto da Ankara al confine iraniano per fermare i flussi di migranti illegali afghani.
In ogni caso la decisione priva di fatto la Ue da qualunque possibilità di esprimere una reale politica di contrasto al fenomeno illegale e di influenzare le decisioni dei singoli stati.
Mario Draghi ha espresso molta soddisfazione per l’esito del Consiglio, in cui è stata posta una dichiarazione generica di solidarietà verso le nazioni di primo approdo o comunque in prima linea sul fronte migratorio a fronte della pretesa di molti stati del Nord Europa di ottenere il trasferimento in Italia, Grecia e Spagna di molti clandestini sbarcati nei tre paesi mediterranei che poi hanno raggiunto le nazioni più settentrionali della Ue.
In realtà non c’è molto di cui essere soddisfatti: la Ue non è in grado di gestire nessuna ridistribuzione dei clandestini e del resto appare chiaro che ogni iniziativa del genere, peraltro sgradita a tutti gli stati che non sono sulle frontiere esterne esposti ai flussi illegali, non farebbe che ingigantire i flussi aumentando gli sbarchi soprattutto in Italia.
Mezza Europa vuole i muri
Viene quindi archiviata dalla Ue la richiesta presentata l’8 ottobre da 12 Paesi dell’Ue alla Commissione Europea di modificare il codice delle frontiere di Schengen per consentire agli Stati di erigere “barriere fisiche” per proteggere i confini esterni dell’Unione, finanziate dal bilancio Ue, è stata sostenuta dalla presidenza slovena del Consiglio Ue.
Nella lettera si chiedeva alla Commissione di consentire “agli Stati membri di agire rapidamente e proporzionalmente alla minaccia, in difesa della loro sicurezza nazionale e dell’intera Ue”, sostenendo che “in pratica la sorveglianza delle frontiere non impedisce alle persone di tentare illegalmente valichi di frontiera e sarebbe quindi utile integrarla con ulteriori misure preventive”.
“La barriera fisica sembra essere un’efficace misura di protezione delle frontiere che serve l’interesse dell’intera Ue. Questa misura legittima dovrebbe essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’Ue in via prioritaria. Per garantire una risposta efficace e immediata alla strumentalizzazione dei flussi migratori, abbiamo bisogno di soluzioni europee senza indugio. Siamo convinti che sia più pertinente e sostenibile concentrarsi in modo proattivo su una maggiore protezione delle frontiere, standard comuni per la sorveglianza delle frontiere esterne e la prevenzione degli attraversamenti illegali.
Abbiamo bisogno di nuovi strumenti che ci permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia della popolazione nella nostra capacità di agire con decisione quando necessario”.
Per i 12, cui va aggiunta la Slovenia che ha la presidenza di turno del Consiglio, andrebbe finanziata con fondi Ue anche una barriera lungo la Green Line a Cipro, che non è formalmente un confine esterno dell’Ue perché Bruxelles non ha mai riconosciuto l’occupazione turca della parte settentrionale dell’isola.
La lettera, rivelata da Eu Observer, è firmata dai ministri di Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia.
Nella lista non sono presenti gli Stati che fondarono la Ue, per lo più dell’Europa Occidentale e che pur subendo l’immigrazione illegale continuano a puntare su accoglienza e inclusione, ma al tempo stesso è evidente che tra i firmatari non vi sono solo le quattro nazioni del cosiddetto Gruppo di Visegrad ma, di fatto, la metà degli Stati membri dell’Unione.
Ci sono Paesi mediterranei, come Cipro e la Grecia che subiscono la pressione dei clandestini alimentata dalla vicina Turchia, come le nazioni europee poste lungo la cosiddetta “rotta balcanica” ma anche la Danimarca governata dal premier socialdemocratico Mette Fredriksen.
E’ apparso tuttavia chiaro fin da subito che la proposta dei 13 non era gradita alla Commissione sul piano dei principi, poiché intende sostenere l’idea di un’Europa che blinda i confini ai popoli del terzo mondo.
Inoltre la Commissione non riesce a far progredire il cosiddetto “patto per le migrazioni” proposto nel settembre 2020, un pasticcio politically correct sgradito a molte nazioni poiché non ferma gli ingressi illegali né attua rappresaglie sui paesi di provenienza dei clandestini.
Insomma, la solita Europa inconcludente e incapace di gestire i suoi problemi con misure razionali ed efficaci anche se, paradossalmente, ha benedetto pur non finanziandoli, i muri eretti da baltici e polacchi ai confini con la Bielorussia per fermare i clandestini afro-asiatici (da Irak, Congo Brazzaville, Camerun e Siria) che Minsk fa arrivare sul proprio territorio per poi mandarli ai confini con l’Unione. Ma si tratta di un gesto soprattutto politico nell’ambito del braccio di ferro in corso da mesi con Minsk dopo le sanzioni imposte dalla Ue al regime bielorusso.
“Abbiamo davvero bisogno – ha detto il commissario agli Affari Interni Ylva Johansson – di rafforzare la protezione dei confini esterni dell’Ue. Alcuni Stati membri costruiscono barriere e li capisco. Non ho nulla in contrario. Ma non penso che sia una buona idea usare fondi Ue”, che sono “limitati” e che servono per altre cose.
Conseguenze politiche
Per l‘Italia l’ipotesi dei “muri” è difficilmente praticabile (se non al confine sloveno) dovendo affrontare un’immigrazione clandestina che si muove in gran parte dalle sponde africane e turca del Mediterraneo, ma il concetto resta lo stesso: impedire l’arrivo, lo sbarco o il transito di chi non ha titoli per raggiungere l’Europa. Di fatto attuare respingimenti per scoraggiare e far cessare i flussi e con essi anche il dramma dei morti in mare.
In una Ue ormai in crisi profonda, anche per l’autogol delle pressioni esercitate sulla Polonia (che, esattamente come la Germania, pone le leggi nazionali al di sopra di quelle Ue) sostenuta dall’Ungheria e dal Gruppo di Visegrad, la spaccatura sui muri e sul contrasto all’immigrazione illegale rischia di imprimere una pesante spallata alla stessa Commissione von der Leyen.
A sostegno della “politica dei muri”, il ministro dell’Interno sloveno Ales Hojs ha osservato che “dopo il disastro del 2015 la Slovenia ha deciso di erigere barriere, a sue spese, su parte del confine della Croazia, e continuerà a farlo in futuro. E’ chiaro che, se fermiamo 14mila migranti irregolari l’anno a un confine interno dell’Ue, allora la protezione del confine esterno dell’Unione non è efficiente.
Ed è nostro dovere proteggere i confini. La Slovenia sosterrà questa proposta”. Le critiche tedesche alla Grecia per i presunti respingimenti illegali attuati dalle autorità di Atene hanno scatenato una dura risposta ellenica.
Il ministro dell’Interno greco Notis Mitarachi, ha affermato che la Grecia indagherà sui “presunti respingimenti” illegali, ma “ci aspettiamo che la Commissione Europea faccia molto di più per la dimensione esterna, per la tutela dei confini esterni, per i rimpatri di coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale” e per far rispettare gli accordi presi con la Turchia nel 2016. “Ogni gommone che parte dalle coste turche” viola quell’accordo”.
I benefici di una Ue inconcludente
Il Consiglio Europeo del 21 e 22 ottobre non ha toccato il tema della ridistribuzione dei migranti poiché troppo divisivo, né ovviamente di respingimenti che la Ue esclude a priori (come i muri) ma che alcuni stati membri stanno già applicando senza esitazioni.
La necessaria difesa dei confini esterni resta il tema prioritario anche se la Ue finge di non vederlo e questo contesto ha a ben guardare anche un aspetto positivo: lascia a ogni singolo stato membro la facoltà di agire in autonomia e come meglio crede per fermare i flussi illegali.
Muri, respingimenti, accordi bilaterali o trilaterali, cooperazione con i paesi vicini e rappresaglie contro gli stati che favoriscono i flussi illegali o fingono di non vederli.
Un’opzione che dovrebbe interessare anche l’Italia il cui governo, nonostante le dure critiche interne ed esterne alla maggioranza, continua però ad accogliere chiunque paghi criminali per raggiungerlo.
I dati di Frontex
Nei primi nove mesi del 2021 Frontex ha rilevato un incremento degli sbarchi sulla rotta del Mediterraneo Centrale (diretti in Italia) dell’87% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In generale, nei primi nove mesi del 2021, il numero di attraversamenti illegali alle frontiere esterne dell’Ue è aumentato del 68% a 133.900, secondo calcoli preliminari. Si tratta del 47% in più rispetto al 2019 prima dello scoppio della pandemia di Covid-19, quando il numero di attraversamenti illegali delle frontiere era pari a 91.000.
A settembre, ci sono stati 23.630 attraversamenti illegali delle frontiere sulle principali rotte migratorie europee, il 40% in più rispetto al 2020 quando erano in vigore le restrizioni alle frontiere legate alla pandemia. È anche un aumento del 17% rispetto a settembre 2019. L’aumento più significativo è stato registrato sulle rotte del Mediterraneo centrale e dei Balcani occidentali.
Sulla rotta del Balcani occidentali invece nei primi tre trimestri del 2021 ci sono stati circa 40.200 attraversamenti illegali, ovvero il 117% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel solo settembre, la rotta ha visto 10.400 attraversamenti illegali, con un aumento del 112% rispetto a settembre 2020. Le principali nazionalità dei migranti rilevati su questa rotta erano cittadini di Siria, Afghanistan e Marocco.
Foto Frontex, MMI, Mini. Difesa Lituano, Guardia Costiera libica, Min. della Difesa Lettone e Anadolu