Navi, aerei e marines per proteggere il ritiro delle forze USA dalla Somalia
L’annunciato ritiro (o ridispiegamento) delle forze statunitensi dalla Somalia ha visto la mobilitazione di un ampio strumento interforze di supporto e protezione.
Il Carrier Strike Group 11 guidato dalla portaerei statunitense USS Nimitz ha lasciato nei giorni scorsi le acque somale dopo aver garantito dal 21 al 31 dicembre scorso la copertura aerea al ritiro del personale militare americano dalla Somalia deciso dall’Amministrazione Trump nei mesi scorsi.
I cacciabombardieri Hornet, Super Hornet e Growler del Carrier Air Wing 17 imbarcato sulla Nimitz (CVN 68) hanno fornito copertura aerea alla Joint Task Force – Quartz (JTF-Q) costituita dallo US Africa Command intorno al suo comando per le forze speciali per l’operazione di “riposizionamento” della forze schierate in Somalia battezzata Operation Octave Quartz (OOQ).
La portaerei era scortata dagli incrociatori lanciamissili USS Princeton (CG 59) e USS Philippine Sea (CG 58) e dal cacciatorpediniere lanciamissili USS Sterett (DDG 104) oltre che da un sottomarino d’attacco.
Anche altri assetti navali sono stati mobilitati per appoggiare l’operazione Octave Quartz incluse la portaelicotteri da assalto anfibio USS Makin Island (LHD 8) (classe Wasp, nella foto a lato) dotata anche di cacciabombardieri F-35B, le navi da sbarco San Diego (LPD 22) e USS Somerset (LPD 25) con a bordo i marines della 15a Marine Expeditionary Unit e la Expeditionary Sea Base USS Hershel “Woody” Williams per un totale di 5mila marines e marinai.
Il supporto aereo ha visto anche la presenza di almeno una cannoniera volante AC-130W Stinger II, basata a Gibuti.
L’operazione ha visto il trasferimento dalla Somalia ad altri stati alleati della regione dell’Africa Orientale di circa 700 militari impegnati nelle operazioni contro i miliziani qaedisti di al-Shabab in appoggio al governo di Mogadiscio e alle forze alleate e dell’ONU schierate in Somalia.
“Per essere chiari, gli Stati Uniti non si stanno ritirando o disimpegnando dall’Africa orientale. Rimaniamo impegnati ad aiutare i nostri partner africani a costruire un futuro più sicuro.
Restiamo anche in grado di colpire al-Shabaab nel momento e nel luogo che abbiamo scelto: non dovrebbero metterci alla prova “ aveva di chiarato il 19 dicembre, il generale Stephen Townsend (nella foto a lato), alla testa dell’Africa Command.
Gli ultimi raid aerei condotti da forze statunitensi contro basi di al-Shabab sono stati effettuati il primo giorno del 2021 ma, al di là dei giochi di parole, il disimpegno statunitense dalla “prima linea” somala conferma la volontà dell’amministrazione americana uscente di ridurre l’impiego bellico delle truppe nella lotta ai jihadisti: solo il tempo confermerà o meno se l’Amministrazione Biden confermerà o modificherà questa impostazione.
Il generale Townsend ha visitato a fine dicembre Gibuti e Kenya, che ospitano le basi statunitensi di Camp Lemonnier e Manda Bay, dove sono stati rischierati gran parte dei militari ritirati dalla Somalia.
(con fonte Africom)
Foto US Navy e Africom