Per la prossima guerra non temiamo il noto ma rassegniamoci all’ignoto
Ogni volta che l’umanità è precipitata in un conflitto globale, lo ha fatto portandosi dietro convinzioni, dottrine e strumenti ereditati dal passato. Ogni volta ne è uscita sconvolta da innovazioni che, fino a poco prima, apparivano fantascienza.
La Prima guerra mondiale è stata il laboratorio in cui la modernità si è fusa con la morte su scala industriale. Fino al 1914 i generali immaginavano battaglie manovrate, cavalleria e colpi di baionetta. La realtà delle trincee portò invece alla nascita del carro armato, macchina corazzata capace di superare reticolati e crateri, all’impiego dell’aviazione, evolutasi in pochi anni dalla semplice ricognizione a duelli tra caccia e bombardamenti sulle città, e alla diffusione della guerra chimica, con gas che avvelenavano interi settori del fronte. L’artiglieria divenne scienza pura: meteorologia, calcoli matematici, tiro indiretto regolato dall’osservazione aerea. La radio e l’intercettazione dei messaggi inaugurarono la dimensione invisibile della guerra, mentre la medicina militare inventava il triage, le trasfusioni, nuove protesi e perfino la chirurgia plastica per ridare un volto ai mutilati. Nessuno, alla vigilia del conflitto, avrebbe potuto immaginare un simile salto.
La Seconda guerra mondiale, appena due decenni più tardi, ampliò e superò quel solco. Arrivarono il radar, che trasformò la difesa aerea e la guerra navale, le V-2 e le prime bombe a guida radio come la Fritz-X (affondò la corazzata Roma), i jet e i turboelica che ridefinirono l’aviazione, le reti logistiche colossali come i porti artificiali Mulberry e gli oleodotti sotto la Manica, fino all’arma definitiva: la bomba atomica, figlia di un programma scientifico-industriale senza precedenti. Non minore fu la rivoluzione dei calcolatori: macchine come Colossus ed ENIAC, nate per decifrare o calcolare traiettorie, aprirono l’era dell’informatica. Anche la medicina cambiò volto: la penicillina prodotta su scala industriale salvò centinaia di migliaia di soldati, mentre nuovi materiali – nylon, teflon, adesivi strutturali – entrarono nell’equipaggiamento.
Sul piano psicologico, la Seconda guerra mondiale spezzò barriere che sembravano invalicabili: i bombardamenti strategici sulle città normalizzarono la morte dall’alto, i missili e le bombe volanti instillarono la paura del colpo improvviso e inarrestabile, mentre radar e sonar insegnarono a fidarsi di strumenti che “vedevano” ciò che l’occhio umano non poteva percepire.
Ogni guerra mondiale ha dunque spalancato porte sull’“inimmaginabile”, modificando non solo le tecniche di combattimento ma la mente dei combattenti e dei civili.
Se un conflitto globale dovesse esplodere domani, difficilmente lo shock nascerebbe dalle armi nucleari: queste appartengono ormai a un arsenale concettuale vecchio di ottant’anni, con deterrenza e retoriche ben codificate e – perché no? – contromisure inedite.
Il vero “inimmaginabile” sarà ciò che ancora non sappiamo temere? Alcuni indizi (forse) già emergono: dalle neurotecnologie capaci di alterare percezioni, emozioni e decisioni – soffocando domani le coscienze come ieri il gas del 1915 soffocava i polmoni – alle armi algoritmiche autonome che selezionano e colpiscono obiettivi con tempi incompatibili con la presenza umana; dalle reti cognitive globali che, attraverso satelliti e intelligenze artificiali distribuite, sostituirebbero l’intuizione del comandante con la mente collettiva della macchina, alle biotecnologie avanzate in grado di colpire gruppi genetici specifici o destabilizzare intere filiere alimentari; fino al controllo ambientale, con la manipolazione di clima e risorse naturali come arma strategica, alla manipolazione della realtà digitale, dove deepfake, simulazioni immersive e intossicazione informativa renderebbero indistinguibile ciò che è reale da ciò che è costruito, e all’inevitabile diffusione dei robot da combattimento, pronti a sostituire persino i boots on the ground, rimpiazzando la carne umana col metallo.
La Grande Guerra ha insegnato a convivere con la maschera antigas, la Seconda con l’incubo del bombardamento improvviso. Forse la prossima imporrà la normalizzazione dell’inganno cognitivo, con soldati e civili costretti a vivere in un ambiente in cui la percezione stessa della realtà sarà – ancor più di oggi – manipolata. L’ansia non nascerà più dalla paura di un’esplosione o di un fungo atomico, ma dall’impossibilità di distinguere il vero dal falso. La fiducia collettiva verrebbe così minata dall’arma più subdola: la confusione.
La storia insegna però che l’“inimmaginabile” arriva sempre senza preavviso: illudersi di prevederlo è vano. Rassegniamoci dunque a questa certezza e, se vogliamo prevalere, prepariamoci a reagire ed adattarci con rapidità. Anche gli avversari dovranno stupirsi.
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Ogni volta che l’umanità è precipitata in un conflitto globale, lo ha fatto portandosi dietro convinzioni, dottrine e strumenti ereditati dal passato. Ogni volta ne è uscita sconvolta da innovazioni che, fino a poco prima, apparivano fantascienza. La Prima guerra…
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