Perché gli USA vogliono mettere un freno a Google (e alle altre “Big Five”)
Dopo Microsoft, ora tocca a Google. “Ha mantenuto il suo potere di monopolio attraverso pratiche di esclusione dannose per la concorrenza”: è questo quanto ha dichiarato ai giornalisti Jeff Rosen, vice procuratore generale degli Stati Uniti, nel commentare l’atto di accusa.
La medesima conclusione a cui è giunta una commissione antistrust della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti che, al termine di un lungo processo, ha sottolineato il potere monopolistico delle Big Five, evidenziando il monopolio di Google nel mercato dei motori di ricerca (circa il 90% delle ricerche degli utenti passano dal suo motore).
Prima dei consueti spunti di analisi e riflessione, vale la pena ricordare che:
- Google, che a Wall Street è presente come Alphabet Inc., ha un valore di mercato di poco più di 1.000.000.000.000 (un milione di milioni) di dollari
- La maggior parte dei ricavi di Google è generata dalla vendita di pubblicità;
- Google ha reagito (via Twitter) all’incriminazione sostenendo che le “persone usano Google perché scelgono di farlo e non perché sono obbligate o perché non trovano alternative”.
- Google, negli ultimi 20 anni, ha acquistato oltre 250 aziende (tra queste YouTube, Waze, Nest) ed è alla continua ricerca di nuove tecnologie in grado di arricchire il suo portafoglio di offerta;
Dopo queste premesse, alcuni commenti:
- Sono undici gli Stati americani, tutti con procuratori generali repubblicani, che si sono uniti al Governo Centrale nella causa contro Google.
Repubblicani e Democratici hanno incrementato, talvolta con iniziative bipartisan, le loro critiche ai cinque Tech Giants (Alphabet/Google, Amazon, Apple, Facebook, Microsoft), anche se a volte per ragioni diverse. Ma mancano meno di due settimane al giorno delle elezioni e non è chiaro, se e come, tale iniziativa potrebbe essere supportata o meno da un (eventuale) nuovo governo guidato da Biden.
- Google ha sottolineato più volte come “la maggioranza dei suoi servizi sono offerti gratuitamente in cambio di informazioni personali che aiutano Google a ottimizzare la vendita di pubblicità”. Chi ci segue sa che solo pochi giorni fa abbiamo descritto il rovescio della medaglia proprio su questa rivista.
- Secondo il deputato democratico David Cicilline, “è sbagliato concentrarsi solo sul monopolio della ricerca internet. Le pratiche anti competitor di Google sono presenti anche in altre aree di applicazione (video, mappe, browser, assistente vocale).
- Molti altri rappresentanti bipartisan della politica americana ritengono necessario “tenere a freno” tutte le cinque Big Tech, limitando il loro monopolio e le loro politiche di acquisizione per salvaguardare la concorrenza.
Le multe multimiliardarie e le norme imposte dai legislatori americani ed europei non hanno finora sortito gli effetti sperati. Appare ragionevole, quindi, definire nuove regole a garanzia di “cambiamenti strutturali”, affinché i cinque Tech Giants modifichino le loro condotte e i loro metodi.
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