Radar giapponesi per la difesa aerea delle Filippine
Il Giappone ha concluso con le Filippine la sua prima vendita di materiali da difesa firmando un contratto per la fornitura di radar di sorveglianza aerea fissi e mobili che servirebbero a coprire una serie di punti strategici tutt’attorno al paese e lungo le sue coste nel Mar Cinese Meridionale.
Il Segretario alla difesa filippino, il generale (in pensione) Delfin Negrillo Lorenzana, ha firmato l’accordo del valore totale di oltre 103 milioni di dollari il 14 agosto e il Dipartimento della Difesa ha reso nota la notizia il 28 agosto. Fornitore giapponese è la società Mitsubishi Electric Corporation che era già stata dichiarata vincitrice del programma di acquisizione che riguarda sistemi tridimensionali a scansione elettronica (AESA) J/FPS-3ME per i siti fissi e J/TPS-P14ME installati su autocarri.
I radar saranno forniti da Tokyo nell’ambito del programma Horizon 2 Air Surveillance Radar System ma arriveranno a destinazione solo a partire dal 2022.
Le trattative avrebbero dovuto essere completate in marzo ma i negoziati dopo l’emergenza COVID sono ripresi solo quest’estate, rallentando cosi anche il processo di trasferimento.
L’accordo tra i due Stati si inserisce negli stretti rapporti militari bilaterali che aveva già portato Tokyo a donare a Manila 5 aerei da pattugliamento marittimo Beech King Air TC 90 dispiegati da un paio d’anni nelle attività di sorveglianza nelle acque contese del Mar Cinese Meridionale raddoppiando così le capacità di sorveglianza delle forze filippine.
La vendita dei radar è quindi significativa sotto diverse prospettive. Innanzitutto si tratta della prima volta che Tokyo esporta prodotti per la Difesa completi dopo l’alleggerimento delle restrizioni sulle esportazioni di armi avvenuto nel 2014. Quindi la prima volta in assoluto dal 1967, anno in cui in piena guerra fredda il bando alla vendita di armi giapponesi all’estero era diventato effettivo.
Le esportazioni legate al settore della difesa prima del 2014 erano limitate a pezzi di ricambio. Dal 2014 a questa parte il Giappone aveva fatto ripetutamente domanda per una serie di progetti in varie parti del mondo e concluso pre-accordi di trasferimento di attrezzature militari ma con magri successi anche a causa della scarsa competitività dei prezzi nipponici specie agli occhi dei partner dell’area ASEAN.
L’ultimo accordo significativo in materia con le Filippine era stato siglato nel 2018 e prevedeva l’installazione di quattro sistemi radar e corsi di addestramento per personale specializzato nella lotta contro la pirateria nelle acque che si trovano tra le Filippine e l’Indonesia.
In passato il Giappone aveva fornito a titolo gratuito alle Filippine aerei da addestramento basico T-34 Mentor prodotti da Fuji (oggi non più in servizio nell’Aeronautica di Manila) ma mai aveva autorizzato contratti della portata di quello appena concluso.
L’alleggerimento delle restrizioni sulla vendita di armi all’estero fa parte della strategia varata dal primo ministro Shinzo Abe (nella foto a fianco con il presidente filippino Duterte) volta a rivitalizzare l’industria della difesa nazionale anche a fronte della modernizzazione delle forze cinesi e della crescente assertività di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e non solo.
Nell’accordo con Manila questa strategia trova per la prima volta la sua attuazione concreta. In questo senso la notizia delle dimissioni del primo ministro Shinzo Abe il giorno stesso dell’annuncio del Dipartimento delle Difesa filippino sembra coronare il successo nipponico chiudendo l’era di rafforzamento della postura strategica per aprirne un’altra caratterizzata da un possibile rafforzamento del ruolo militare nipponico.
I radar venduti a Manila, gli stessi impiegati dalle forze nipponiche) saranno utilizzati per la sorveglianza dello spazio aereo sopra la parte sud del mare cinese meridionale, le isole a sud dell’arcipelago delle Filippine e lo strategico Benham Rise, caldera che si trova sul fondo del mare ad est dell’isola di Luzon, dove lo stesso ministro Lorenzana aveva suonato l’allarme per le attività cinesi nella zona ricca di gas.
Si sospetta che le navi cinesi tuttora facciano ricerche oceaniche illegali volte al reperimento delle risorse naturali e la questione è particolarmente preoccupante per il governo filippino anche a causa della prossimità delle basi di Subic Bay, che era un tempo la più grande base navale americana nel Pacifico a ovest delle Hawaii.
Del resto Manila ha firmato un accordo per la costruzione di un parco industriale cinese attorno alla base aerea di Clark, nell’ambito del China Industrial Park Development Program.
Secondo quanto riportato da Japan Times, ci si aspetta che ‘i sistemi radar aumentino le capacità di sorveglianza e monitoraggio di Manila’. Il ministro della difesa giapponese Taro Kono ha affermato che il trasferimento ‘rafforzerà [anche] l’industria della difesa nazionale’. Vi è d’altra parte un riferimento alla pace e alla stabilità regionale in una nota dello stesso ministro, come richiamo alla ‘cooperazione internazionale’ in nome della quale soltanto le esportazioni di armi sarebbero permesse al Giappone.
Giappone e Filippine sono accomunate dall’alleanza con gli USA ed entrambi hanno un certo grado di tensioni marittime con Pechino nel mare cinese meridionale : Manila – più accondiscendente con i cinesi nel campo degli insediamenti industriali, come dimostrano i citati accordi – reclama parte delle isole Spratly dove la Cina persegue nei suoi progetti militari, mentre tra Tokyo e Pechino è ancora viva la disputa territoriale sulle isole Senkaku, un’area ricca di risorse naturali e attorno alle quale a maggio vi era stato un incidente tra un peschereccio giapponese e una nave della Guardia costiera cinese.
Vi è inoltre la preoccupazione per la sempre viva questione nordcoreana. I radar J/FPS3 sono infatti capaci di identificare jet da combattimento e missili balistici e da crociera e vengono abitualmente usati dal sistema di difesa giapponesi contro le minacce missilistiche di Pyongyang. Le Filippine insieme a Singapore sono infatti secondo gli Stati Uniti uno dei possibili bersagli dei missili che la Corea del Nord sta sviluppando.
Il 4 settembre è emerso che, sulla base di immagini satellitari rilasciate dal Center for Strategic and International Studies statunitense, Pyongyang si starebbe preparando a nuovi test dl lancio di missili balistici da sottomarini. Lo scorso ottobre un simile missile di medio raggio avrebbe percorso una traiettoria di 450 chilometri anche se la sua portata utile poteva arrivare fino a 1300.
Sia Tokyo che Manila sono diventati nel corso del tempo partner sempre più complessi per Washington che vede l’attivismo militare nipponico utile a controbilanciare le ambizioni cinesi e guarda con attenzione la politica estera oscillante del presidente filippino Rodrigo Duterte.
L’avvicinamento del presidente a Xi Jinping alla fine del 2016 si era accompagnato all’improvviso ammorbidimento dei toni nei confronti delle pretese cinesi nel mar cinese meridionale.
Ma le tensioni non si sono mai completamente sopite e un anno fa erano tornate alle stelle causa la presenza sempre più forte della Cina intorno all’avamposto militare più importante delle Filippine situato in prossimità di Mischief Reef, una delle isole dell’arcipelago Spratly di cui Pechino rivendica il 90 per cento del territorio.
Duterte si sente inoltre tranquillizzato dalle dichiarazioni dell’anno scorso del Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, secondo cui Manila si troverebbe ancora a tutti gli effetti sotto l’ombrello protettivo degli Stati Uniti avendo chiarito che un attacco della Cina su territorio filippino nel Mar Cinese Meridionale sarebbe coperto dal trattato di mutua difesa che lega i due alleati.
L’accordo di difesa tra Giappone e Filippine si inseris e in un contesto di più stretta cooperazione tra Tokyo e Manila in tutti i campi (in maggio è stata firmata un’intesa per cooperare sul fronte della lotta al Covid-9 tra i i rispettivi ministri degli esteri – nella foto sopra) testimonia come Cina e in maniera più indiretta Corea del Nord siano ormai nel mirino congiunto dei due alleati asiatici.
Per Tokyo, se Pechino dovesse raggiungere i suoi obiettivi nel Mar Cinese Meridionale, si aprirebbe uno scenario in cui la Cina potrebbe aumentare la pressione verso aree marittime e insulari sotto sovranità nipponica.