Risk management: proteggere il valore e la continuità dell’impresa
Il risk management – o “gestione del rischio” – è un processo aziendale fondamentale poiché consente di pianificare strategie mirate a prevenire e mitigare i rischi.
Il moderno approccio al risk management si sviluppò negli Stati Uniti tra gli anni Quaranta e Cinquanta, quando le aziende iniziarono a considerare il rischio non solo come un elemento da subire ma come un fattore da analizzare e governare. La sua funzione consiste nell’esaminare i potenziali fattori di rischio cui le imprese possono essere esposte, riducendone le possibili ripercussioni negative attraverso un approccio strutturato che comprende l’identificazione, la valutazione, la gestione e il monitoraggio dei rischi, con l’obiettivo di salvaguardare e garantire il raggiungimento degli obiettivi strategici.
I risk manager svolgono un ruolo centrale non solo nel mitigare le minacce ma anche nell’individuare le opportunità latenti connesse ai rischi, con l’obiettivo di favorire la creazione di valore per l’azienda. Un’accurata gestione del rischio supporta un impiego e una distribuzione più efficiente del capitale e delle risorse interne, contribuendo alla protezione degli asset patrimoniali, della reputazione aziendale – oggi considerata un elemento essenziale – e del know-how strategico, oltre a favorire un miglioramento complessivo dell’efficienza operativa.
Le imprese moderne operano in scenari sempre più dinamici e complessi e devono confrontarsi con una molteplicità di rischi di natura diversa che possono compromettere in modo significativo il raggiungimento degli obiettivi strategici, operativi e finanziari.
È possibile distinguere diverse categorie di rischio:
- Rischi strategici – Sono legati alla direzione strategica e alla posizione competitiva dell’azienda, sia sul mercato nazionale sia su quello internazionale. Riguardano scelte strutturali di medio-lungo periodo e sono influenzati da fattori come il posizionamento competitivo, l’evoluzione del settore di appartenenza, la composizione del portafoglio clienti e fornitori e l’efficacia del modello di business. Una scarsa capacità di adattamento alle trasformazioni esterne o un’analisi strategica mal calibrata possono compromettere la sostenibilità futura dell’impresa.
- Rischi finanziari – Si riferiscono alla capacità dell’azienda di gestire in modo sostenibile la propria struttura finanziaria. Possono derivare da fattori interni oppure esterni e influenzano la stabilità economico-patrimoniale. Si articolano principalmente in rischio di liquidità, rischio di credito e rischi di mercato (ad esempio variazioni nei tassi di interesse o nel valore delle valute).
- Rischi operativi – Riguardano l’efficienza dei processi interni e la capacità di mantenere la continuità operativa. Possono essere causati da malfunzionamenti nei sistemi informativi e gestionali, errori umani o procedurali, inefficienze nei processi produttivi e logistici, fino a eventi esterni imprevisti come calamità naturali o guasti tecnici.
- Rischi legal/compliance – Comprendono i rischi derivanti dal mancato rispetto di leggi, regolamenti o codici etici. Le conseguenze possono includere sanzioni pecuniarie o penali, danni di reputazione e impatti economici e legali significativi.
- Rischi reputazionali – Sono legati alla perdita di fiducia da parte di clienti, investitori, partner e opinione pubblica. Una crisi di immagine può avere effetti devastanti e duraturi: minore capacità di attrarre investimenti, perdita di clienti, indebolimento delle relazioni commerciali e istituzionali.
- Cyber risk – Con l’aumento della digitalizzazione e dell’interconnessione dei sistemi informativi, i cyber risk costituiscono una minaccia crescente. Rientrano in questa categoria violazioni dei sistemi IT, furto o perdita di dati sensibili, attacchi malware e ransomware, oltre a malfunzionamenti che possono bloccare attività critiche.

I rischi possono essere distinti anche in base alla loro origine. Quelli interni dipendono dai processi, dalle persone, dalla struttura organizzativa e dai sistemi tecnologici dell’impresa; quelli esterni, invece, sono connessi a fattori fuori dal controllo diretto dell’organizzazione, come l’andamento macroeconomico, il quadro politico e normativo, la concorrenza internazionale, i cambiamenti ambientali o sociali.
Per affrontare in modo efficace questi scenari, il risk management si basa su un processo strutturato che segue una logica sequenziale chiara. Tutto parte dalla definizione della propensione al rischio, ovvero il livello di incertezza che l’azienda è disposta a tollerare in relazione alla propria solidità finanziaria e al contesto competitivo in cui opera.
Successivamente si procede con l’identificazione dei rischi, mappando le minacce che potrebbero impattare le diverse aree aziendali: processi operativi, strategia, finanza, compliance normativa. Una volta individuati, i rischi vengono analizzati per comprendere la probabilità di accadimento e le possibili conseguenze, così da classificarli in base alla loro criticità.
L’organizzazione decide quindi come gestirli: ridurne l’impatto tramite azioni preventive o correttive, trasferirli a terzi (ad esempio con coperture assicurative), accettarli se rientrano nei limiti di tolleranza definiti o, se possibile, eliminarli del tutto.
Il processo si conclude con una fase di monitoraggio continuo, fondamentale per valutare l’evoluzione dei rischi nel tempo, verificare l’efficacia delle azioni intraprese e mantenere aggiornato il sistema di gestione, rendendolo reattivo ai cambiamenti interni ed esterni.
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