Russia–Azerbaigian: segnali di distensione dopo la crisi diplomatica
Dopo mesi di tensioni, Vladimir Putin e Ilham Aliyev si sono incontrati a Dushanbe, la capitale del Tagikistan, dove il presidente russo si trovava per una visita di Stato. A frenare il raffreddamento dei rapporti tra Russia e Azerbaigian sono state le scuse formali di Putin in relazione all’incidente aereo che ha coinvolto, lo scorso dicembre 2024, un velivolo dell’Azerbaigian Airlines diretto a Grozny, capitale della Cecenia. Secondo il presidente russo, il disastro in cui hanno perso la vita 38 delle 67 persone a bordo è stato dovuto all’esplosione di due missili della contraerea russa vicino all’aeromobile, schiantatosi poi in Kazakistan.
Per Murad Muradov, vicedirettore del Topchubashov Center di Baku, “Questo passo rappresenta un importante segnale della nuova realtà politica post-sovietica. Mosca ha dovuto fare un’inversione di rotta, e ciò evidenzia un cambiamento negli equilibri di potere in cui la Russia non può più comportarsi come egemone incontrastato nel Caucaso meridionale, ma deve considerare Baku un partner alla pari”.
La spirale di tensione tra i due paesi ha poi coinvolto il parlamentare azerbaigiano Azer Badamov, bloccato al confine russo mentre era diretto ad Astrakhan per la commemorazione della nascita di Heydar Aliyev, padre dell’attuale presidenze azerbaigiano, e il deputato russo Nikolai Valuev, dichiarato persona non grata da Baku dopo accuse sul coinvolgimento della diaspora azerbaigiana in attività criminali in Russia. Tuttavia, l’episodio più grave è avvenuto il 27 giugno ad Ekaterinburg, con l’arresto di decine di cittadini di etnia azerbaigiana e la presunta tortura di due fratelli, Huseyn e Ziyaddin Safarov, consegnati alle autorità azere con evidenti segni di lesioni. In risposta, Baku ha arrestato alcuni cittadini russi tra cui due giornalisti dell’agenzia Sputnik accusati di frode, evento che ha portato ad una pericolosa escalation tanto da suggerire eventuali ritorsioni militari da parte di Mosca.
“È un duro colpo per i media russi e le comunità di esperti che hanno minacciato l’Azerbaigian con un’altra ‘operazione militare speciale’ o con il rischio di un collasso economico. E sebbene le scuse di Putin apriranno la strada ad una de-escalation, le relazioni non torneranno come prima, ma piuttosto a una nuova normalità. Baku non smetterà di perseguire la sua sovranità strategica, e Mosca dovrà accettarlo”, ha affermato Muradov.
È la prima volta nella storia dell’Azerbaigian indipendente che le frizioni con l’ex potenza sovietica sono risultate in una sfida così aperta al suo ruolo nel Caucaso Meridionale. Tanto che il successo diplomatico che ha visto la firma di un accordo tra Armenia e Azerbaigian per l’apertura di un corridoio con l’exclave del Nakhchivan si deve al presidente statunitense Donald Trump e non a Putin, che fino all’anno scorso manteneva un contingente di peacekeepers in Karabakh.
Le scuse di Mosca sembrano rivelare una presa di coscienza dei costi di una perdita di influenza in Azerbaigian, strategico per le rotte energetiche e i commerci provenienti dalla Cina che bypassano il territorio russo. Nonostante ciò, Aliyev ha l’occasione di implementare una politica estera multivettoriale legittimando anche internamente un graduale disimpegno dalla sfera russa: sebbene non si assisterà né ad una completa ritirata della Russia dal Caucaso né ad un avvicinamento alla sfera occidentale da parte di Baku, la capacità del Cremlino di dettare le regole si è drasticamente ridotta, in favore di relazioni bilaterali che non abbiano più la Russia come garante.
Foto: Cremlino
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