Verso la revisione del modello di Forze Armate?
Da tempo, presso la Commissione Difesa della Camera dei Deputati erano in discussione diversi progetti di Legge concentrati su due temi istinti: sulla riforma cioè del sistema di reclutamento per le carriere iniziali nelle Forze Armate e sul differimento dei termini della Legge 224/2012 per il conseguimento degli organici da essa previsti.
Per raccordare le proposte per ciascuno dei due “filoni” erano stati così creati altrettanti comitati ristretti. Il loro compito era quello di arrivare alla definizione di due testi unificati, che raccogliessero senso e contenuto dei temi in discussione.
Nella seduta del 27 ottobre scorso, è emerso che la Commissione aveva deliberato di fondere il tutto, procedendo dunque con la costituzione di un nuovo comitato ristretto in sostituzione dei due precedenti.
A quest’ultimo viene perciò assegnato il compito di elaborare un altrettanto nuovo testo base unificato che, per l’appunto, riunisca tutti gli aspetti trattati. Compito che viene assolto in tempi rapidi, visto che il 25 novembre è giunto all’esame della stessa Commissione Difesa.
Il “nuovo testo unico” delle proposte di Legge recanti “Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell’Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell’Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale” finisce con il prevedere interventi su temi tra loro diversi, peraltro neanche mai emersi nel corso del dibattito precedente.
Ma quale elemento ancora più rilevante, in esso si ritrova anche una delega al Governo per la revisione dello Strumento Militare che ne amplia significativamente la portata.
Prendiamo in esame gli articoli più rilevanti della proposta di legge licenziata il 28 dicembre scorso dalla Commissione Difesa e la cui discussione è stata appena avviata alla Camera.
Articolo 1 – Proroga del termine per la riduzione delle dotazioni organiche dell’Esercito Italiano, dalla Marina Militare, escluso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e dell’Aeronautica Militare
Come era apparso da tempo inevitabile, la riduzione degli organici prevista dalla Legge 244/2012 (o c.d. “Legge Di Paola”), che entro la fine del 2024 avrebbe dovuto veder completato il passaggio a un Modello di Difesa basato su 150.000 militari e 20.000 civili, non è raggiungibile secondo i termini temporali da essa previsti.
Di conseguenza, l’unica cosa da fare è un loro differimento, come prevede l’articolo 1, che vara perciò una proroga dal 2024 al 2030.
I numeri parlano da soli: quando mancano infatti tre anni alla scadenza fissata, le Forze Armate Italiane presentano ancora una consistenza di oltre 165.000 unità. Decisamente migliore invece la situazione per il Personale civile, ormai prossimo al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Ma il numero appena citato con riferimento ai militari in servizio è solo una parte della questione: l’altra (non meno rilevante) è rappresentata dal pesante squilibrio fra i ruoli del Personale.
La “Legge Di Paola” prevedeva infatti anche una nuova ripartizione tra ufficiali, marescialli, sergenti e volontari di truppa ma l’eccesso di ufficiali e soprattutto di marescialli penalizza i numeri fra i sergenti e i volontari di truppa.
Quindi se un simile provvedimento era inevitabile desta perplessità l’approccio seguito poiché non è stata avviata un’analisi dei limiti di quella Legge e dei correttivi da apportare ma si semplicemente spostato più in là i termini temporali di completa applicazione.
Peccato che di fronte alla profondità degli squilibri esistenti, senza specifici interventi mirati in particolare a una più rapida uscita del Personale in eccesso rispetto alle tabelle organiche previste, anche la scadenza del 2030 potrebbe non essere rispettata col rischio di un processo quasi senza fine che mortifica lo sforzo di avere Forze Armate efficienti.
Nel 2012, ultimo anno di teorica applicazione del Modello di Difesa precedente (quello cioè a 190.000 militari e 30.000 civili), gli organici effettivi erano di circa 180.300 unità di personale per i primi (comprensivi degli allievi di Accademie e Scuole) e quasi 30.250 per i secondi. Quell’anno la spesa per il Personale era complessivamente pari 9,612 miliardi di euro.
Esattamente 10 anni dopo, cioè nel 2021 e sempre a parità di perimetro considerato, il Personale Militare è sceso a poco più di 167.000 unità e quello Civile a poco meno di 22.700 unità. In totale dunque, si parla di quasi 20.800 “stipendi” in meno a carico del Ministero della Difesa.
Un calo significativo rispetto al quale sarebbe stato lecito aspettarsi una qualche riduzione delle spese per questa voce che invece sono salite a 10,356 miliardi con una tendenza a crescere ancora.
Articolo 2 – “Rimodulazione dei Sottufficiali e dei Volontari dell’Esercito Italiano, dalla Marina Militare, escluso il Corpo delle Capitanerie di Porto, e dell’Aeronautica Militare”
Rispetto infatti al dettato della 244/2012, peraltro successivamente modificato dal Decreto Legislativo 27 dicembre 2019, n. 173 (il c.d. “riordino delle carriere”), si propone ora un aumento per 3.330 unità complessive rispetto all’assetto vigente con riguardo ai sottufficiali (1.230 dell’Esercito Italiano, 1.000 della Marina e 1.100 dell’Aeronautica) con una corrispondente riduzione sempre per 3.330 unità complessive rispetto all’assetto vigente, dei volontari.
Con i volumi finali per ogni ruolo del Personale conseguentemente illustrati nella tabella sotto riportata. Circa i volontari di truppa già il D.Lgs. di “riordino delle carriere” aveva visto uno spostamento di 1.500 unità dalla Ferma Prefissata (FP) al Servizio Permanente (SP) rispetto all’impianto introdotto dalla “Legge Di Paola”.
Ora, con questo provvedimento sia pure di poco, i volontari in SP sono ancora in aumento e con le variazioni al rialzo anche per marescialli e sergenti ecco che per compensare sul numero finale (fermo a 150.000) l’intera riduzione si concentra su quelli in FP (meno 4.900 unità).
Con il risultato finale che alla fine poco più dell’80% dei militari in servizio saranno a “tempo indeterminato” quando è noto da tempo che uno dei problemi più evidenti sul fronte del Personale è esattamente rappresentato da un’età media elevata, riflesso di un sistema “sclerotizzato” da un insufficiente ritmo di ricambio.
Questo problema era emerso con il Libro Bianco della Difesa del 2015 tanto che nella sua stesura finale sotto forma di Disegno di Legge (ancora depositato al Senato) era stato posto l’obiettivo di una graduale sostituzione di un contingente di personale in Servizio Permanente con un corrispondente contingente di personale in servizio a tempo determinato, in misura non superiore al 50% delle dotazioni organiche complessive.
Tendendo di fatto a un (quasi) equilibrio fra le due modalità di servizio nelle Forze Armate. Con questo progetto di Legge invece si andrebbe oltre la ripartizione indicata in origine dalla stessa 244/2012 (77 e 23 per cento) , che non trova riscontro in nessun altro Paese Occidentale.
Evidentemente le disposizioni contenute in questo articolo produrrebbero anche un ulteriore aumento dei costi relativi al capitolo di spesa Personale poiché un maggior numero di marescialli, sergenti e VSP ha un costo complessivo ben diverso rispetto ai VFP che si andrebbero a ridurre.
Articolo 3 – Reclutamento, stato giuridico, avanzamento e impiego dei Volontari in Ferma Prefissata
Quello in questione all’Articolo 3 era esattamente uno dei temi al centro dell’attenzione della Commissione Difesa della Camera e prese le mosse da una “Indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate”, sviluppatasi nel corso del 2019.
Da quella indagine era emersa l’inadeguatezza dell’attuale meccanismo basato sui VFP1 (Volontari Ferma Prefissata di 1 anno) e VFP4 (4 anni) con successivi periodi di rafferma (che potevano far arrivare il Volontario a 11 anni di servizio totali) e con annessi meccanismi di passaggio al Servizio Permanente.
La riforma prevede invece che le ferme diventino 2: Ferma prefissata iniziale di 3 anni e Ferma prefissata triennale. Per accedere alla prima occorrerà avere un’età non superiore a 24 anni, il diploma di istruzione secondaria di primo grado e l’idoneità fisico-psicoattitudinale stabilita per la ferma permanente.
Il Libro Bianco del 2015 prospettava un abbassamento a 22 anni dell’età massima di accesso al ruolo Volontari di Truppa per garantire un analogo abbassamento dell’età media del personale nel suo complesso.
Per quanto concerne il meccanismo delle rafferme, i volontari in ferma prefissata iniziale possono essere ammessi, a domanda, a un successivo periodo di rafferma della durata di un anno. Potranno, poi partecipare ai concorsi in ferma prefissata triennale i volontari che abbiano fatto la ferma iniziale o siano in rafferma annuale.
Al termine della Ferma prefissata triennale, tutti i volontari (in possesso di specifici requisiti indicati dalla norma in oggetto) sono immessi nel ruolo dei Volontari in Servizio Permanente.
Da un lato l’abbandono dei vecchi meccanismi (VFP 1, VFP 4 e rafferme varie) e l’introduzione di questo nuovo si rende evidentemente più lineare tutto ciò che riguarda l’ingresso nelle Forze Armate da parte dei volontari di truppa così come il loro stesso periodo di servizio. Dall’altro però non si può fare a meno di sottolineare (collegandosi a quanto prevede l’articolo 2) l’allargamento “delle maglie” per passare in Servizio Permanente.
Gli articoli 4, 5, 6, 7 e 8
Gli articoli dal 4 all’8 riguardano, nell’ordine:
- Il trattamento economico dei volontari in ferma prefissata (Articolo 4).
- Le disposizioni transitorie in materia di reclutamento, stato giuridico, avanzamento e trattamento economico da applicare alle attuali categorie di volontari in ferma prefissata (cioè: VFP1, VFP4 e raffermati), fino al loro completo esaurimento (Articolo 5).
- Le disposizioni in materia di revisione del modello di Forze Armate interamente professionali, con l’applicazione alle nuove categorie di volontari in ferma prefissata e di coordinamento e finali relative alla riforma del reclutamento (Articolo 6).
- La ridenominazione delle qualifiche dei sergenti, dei gradi e delle qualifiche dei VSP (Articolo 7).
- Le disposizioni in materia di avanzamento degli ufficiali (Articolo 8).
Articolo 9 – Delega Legislativa
L’articolo conferisce al Governo la delega ad adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore di questa Legge, uno o più Decreti Legislativi per la revisione dello Strumento Militare.
Delega per la revisione che diventa dunque un’altra novità importante di questo testo. Anche se non del tutto inaspettata, in quanto da inserire nell’ambito del dibattito sviluppatosi negli ultimi mesi sull’adeguatezza del Modello a 150.000 militari. E, in parte, sull’attuale ripartizione organica tra le diverse Forze Armate.
In questo senso, l’aspetto più importante contenuto della Delega in oggetto è che, formalmente, si mantiene l’attuale assetto a 150.000 militari ma di fatto invece se ne propone un suo superamento. I principali temi trattati nell’articolo 9 riguardano (“punto a”) la ridefinizione della ripartizione delle dotazioni organiche del personale militare di Esercito, Marina e Aeronautica ferme restando quelle complessive, sempre fissate a 150.000 unità.
Il “punto c” prevede un contingente aggiuntivo in soprannumero, non superiore a 5.000 unità ad alta specializzazione e in particolare medici, sanitari, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti/dei materiali, informatici e commissari tutti in Servizio Permanente.
Personale da impiegare con compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in situazione di straordinaria necessità e urgenza, cioè la quarta missione assegnata alle Forze Armate.
Nel lavoro svolto dalla Commissione Difesa si prevede inoltre la revisione della struttura organizzativa e ordinativa del Servizio Sanitario Militare attraverso l’adeguamento delle strutture e delle risorse strumentali ma anche, se non soprattutto, con la costituzione di un contingente aggiuntivo in soprannumero, complessivamente pari a 450 unità di ufficiali medici e a 675 unità di marescialli e graduati, ma anche appuntati e carabinieri, (sempre in Servizio Permanente) da destinare alle professioni sanitarie.
Dopo avere incluso medici, personale delle professioni sanitarie e tecnici di laboratorio nell’ambito del contingente in soprannumero di 5.000 unità, si richiedono quindi nuovamente le stesse professioni nell’analogo contingente aggiuntivo di 1.125 unità per la Sanità Militare.
A parte l’evidente influsso dell’attuale fase pandemica, una maggiore coerenza fra i due punti di uno stesso articolo di Legge non sarebbe stata certo disprezzabile. Senza ovviamente poter fare a meno di evidenziare che il modello a 150.000 militari è stato (surrettiziamente) innalzo a 156.125 unità.
Il “punto d” riguarda l’introduzione di una “Riserva ausiliaria dello Stato”, non superiore a 10.000 unità di personale volontario, ripartito in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze di autorità militari individuate dal ministero della Difesa, richiamabile in tempo di guerra o in caso di grave crisi internazionale, ovvero (in forma complementare) in attività in campo logistico e di cooperazione civile-militare.
Una vera “Riserva Operativa”, come dimostra l’esperienza dei Paesi che l’hanno adottata, può costituire un elemento di flessibilità importante nell’ambito delle Forze Armate ma il rischio in questo caso è che si tratti di uno strumento che ponga ancora una volta l’enfasi sull’impiego delle Forze Armate in compiti legati alla loro quarta missione.
A proposito di missioni delle Forze Armate da rendere prioritarie, si ricorda come il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2021-2023 evidenzi: «…gli esiti della Pianificazione Generale Interforze (PGI) conferiscono massima centralità all’assolvimento della Prima Missione (Difesa dello Stato e degli interessi nazionali) e della Seconda Missione (Difesa degli spazi euro-atlantici ed euro-mediterranei) assegnate alle Forze Armate, concentrando gli sforzi per ottenere, entro il 2026, una rinnovata capacità di operare con elevata prontezza attraverso sistemi qualitativamente adeguati … nonché di soddisfare, entro il 2028, gli impegni assunti in ambito NATO di esprimere capacità “high end”, funzionali al contributo nazionale alla deterrenza Alleata.»
Inoltre, questa proposta di Legge rivela ha il limite di non valorizzare il personale civile, come accade in tutti gli altri Paesi simili al nostro dove se ne fa ampio, poiché mediamente più economico di quello Militare, per quella vasta gamma di attività che non richiedono lo status di Militare garantendo così un impiego più efficiente delle risorse e aggiungendo anche una più spinta esternalizzazione di servizi.
I costi
Assolutamente centrale rimane poi il tema dei costi con le osservazioni mosse dalla Commissione Bilancio della Camera che, investita del compito di analizzare per i suoi profili di competenza il contenuto della proposta, ne ha evidenziato i limiti riservandosi di esprimerli in Aula.
Il provvedimento infatti non quantifica gli effetti finanziari che determineranno nuovi o maggiori oneri per il bilancio del ministero della Difesa con un sicuro aggravio delle spese per il Personale. In particolare, per effetto dell’incremento dei sottufficiali e dei VSP, per il diverso trattamento economico delle nuove figure di volontari, per i diversi contingenti aggiuntivi previsti e per la “Riserva ausiliaria”.
Da questo quadro sembra quindi emergere il superamento dello spirito della Legge 244/2012 che, attraverso la riduzione delle spese proprio per il Personale, puntava a liberare risorse per gli altri capitoli di spesa.
L’altra faccia del problema finanziario è determinata dai costi indiretti: è infatti da considerare inevitabile che il maggiore numero di militari (in servizio permanente o richiamati) finirebbe col provocare un impatto anche sui costi di Esercizio, capitolo per molti anni in sofferenza.